Thalandia, il Wat della Tigre

Wat Phra That Cho Hee, interno del Phra Ubosot, comunemente Bot, elemento principale di quel complesso di edifici che formano un Wat

Wat Phra That Cho Hee , interno del Phra Ubosot, comunemente Bot, elemento principale di quel complesso di edifici che formano un Wat

Ma andiamo con ordine.

Sono perfettamente a conoscenza del fatto che per il turismo thailandese (operatori e fruitori), abbinare tempio (วัด – wat) a tigre (เสือ – sua) equivale a indicare il cosiddetto Tiger Temple, ovvero il Wat Pa Luang Ta Bua (วัดป่าหลวงตามหาบัว) situato in provincia di Kanchanaburi

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Cartoline da Seoul

cartolina da seul 1
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Zombie fiction: fenomenologia dei morti viventi

Il collettivismo degli zombi, di Jon Coumes

La notte dei morti viventi (film di Geoge A. Romero,1968) - immagine wikipedia

La notte dei morti viventi (film di Geoge A. Romero,1968)

Dedicato ad Alessio ed a tutti coloro che amano le storie di zombi

Nel corso della loro lunga storia d’amore con la cultura popolare, gli zombi si sono visti attribuire diversi significati e interpretazioni, ma sotto sotto sono sempre rimasti gli stessi.

I cadaveri ambulanti della Notte dei morti viventi sono il prodotto della paura del comunismo o delle rivolte urbane.

Nel film Zombi l’attrazione che i risorti provano per un centro commerciale può essere letta come una critica al consumismo americano.

A ispirare Il giorno degli zombi e 28 settimane dopo c’è sicuramente l’autoritarismo militarista.

Nella Terra dei morti viventi c’è la disuguaglianza economica, in 28 giorni dopo la malattia.

La Terra dei morti viventi - (film di George A. Romero, 2005) immagine wikipedia

La Terra dei morti viventi – (film di George A. Romero, 2005)

I libri e le trame cinematografiche sugli zombi offrono spunti per analisi sociali o perfino filosofiche, ma in sostanza il principio di base è sempre lo stesso: un elogio del collettivismo.

Il collettivismo è l’esatto opposto del mito statunitense dell’individualismo sfrenato, del “vai e fallo da solo”. Considera la comunità come un tutt’uno ed è su questa entità che concentra i suoi sforzi piuttosto che sui singoli membri.

È il terreno su cui sono cresciuti il marxismo, il comunismo e la socialdemocrazia europea, è alla base degli insegnamenti di Gesù e degli apostoli e anche di molte comunità monastiche. È un valore fondamentale di società più tradizionali, dove la vita gira intorno alla famiglia e alla comunità e dove la sopravvivenza e il benessere del gruppo sono imprescindibili e al di sopra degli interessi delle singole parti che lo costituiscono.

Nella cultura popolare gli scrittori e i registi hanno sempre tracciato, forse inconsapevolmente, una linea di demarcazione netta tra il comportamento individuale e quello di gruppo.
Il personaggio che mente agli altri e nasconde il morso di uno zombi non sta coraggiosamente resistendo in attesa di una cura, ma mette in pericolo il resto del gruppo.

Nella commedia L’alba dei morti dementi il personaggio che agisce in modo egoista (David che spacca la finestra del pub) manda tutto all’aria, mentre quello che si sacrifica per gli altri (Shaun nella sua corsa suicida) viene esaltato da una musica eroica e da un commovente primo piano.

World war Z - Max Brooks - 2006

World war Z. La guerra mondiale degli zombi – Max Brooks – 2006

Il romanzo World war Z, la guerra mondiale degli zombi di Max Brooks, affronta questo concetto in modo esplicito. [qui il pdf gratuito]

Senza un vero protagonista, il libro si presenta come un rapporto della commissione postbellica delle Nazioni Unite (cosa che lascia subito intendere chi ha vinto la guerra).

Nella prima metà del romanzo tutti, dalle spie israeliane ai generali statunitensi, criticano l’incapacità mostrata dagli uomini di unirsi e collaborare per fermare la crisi.

Nella seconda metà si parla della soluzione: una vita comunitaria, con gruppi di uomini armati e affiatati.

Non eroi singoli, ma componenti anonimi di uno sforzo collettivo.

In World War Z scopriamo inoltre che, durante o dopo la guerra, gli Stati Uniti hanno deciso di garantire l’assistenza sanitaria universale e che le Nazioni Unite sono diventate un arbitro delle dispute internazionali. Gli zombi, in poche parole, hanno stimolato il collettivismo e hanno creato un mondo migliore.

Prendiamo un esempio più esaustivo.

Nel film Zombi, girato nel 1978 da George Romero, un gruppo di sopravvissuti lascia una città in elicottero e si barrica in un centro commerciale. Fin dall’inizio il regista non sembra solidarizzare con questi personaggi che hanno abbandonato un lavoro utile per la comunità. Mentre salgono a bordo dell’elicottero un gruppo di poliziotti, anche loro in fuga, gli chiede se hanno sigarette. I quattro rispondono di no, ma appena l’elicottero si solleva da terra tutti ne accendono una. Mentre volano sopra alcuni contadini che si sono uniti all’esercito per ripulire la campagna, i quattro fanno delle battute sui “bifolchi”. A questo punto, nel film, c’è una breve digressione che ci mostra come quelle persone abbiano in realtà formato una comunità ben affiatata: bevono birra e caffè e lavorano intensamente, tutto l’opposto di quello che faranno i nostri protagonisti al centro commerciale. Il momento di denuncia coincide con l’attacco dei motociclisti, che all’inizio non sembrano cattivi, come dimostra il fatto che entrando nel centro commerciale il loro leader dice: “Non pensate a voi stessi, pensate a tutti noi”. Ed è esattamente quello che fanno, cercando di non ferire nessuno dei tre protagonisti rimasti nel centro commerciale. Ma uno dei tre, Steven, gli spara contro in preda all’isteria urlando: “È nostro, l’abbiamo preso noi! È nostro!”. Solo allora i motociclisti li attaccano.

Uccidere altri esseri umani durante un’invasione di zombie è chiaramente il crimine peggiore che si possa commettere. Ma nel film i rappresentanti della collettività, i bifolchi e i motociclisti, sembrano cavarsela egregiamente. Il messaggio non è del tutto esplicito, ma non è certamente ambiguo.

L’unione fa la forza

Left 4 Dead

Left 4 Dead

Il concetto di comunità è fondamentale anche nei videogiochi dedicati agli zombi. In Left 4 dead il giocatore controlla uno dei quattro sopravvissuti a un’invasione di zombi.

Anche qui la collaborazione è cruciale. Se uno dei sopravvissuti si separa dal gruppo, anche di pochi metri, rischia di essere travolto da una massa di non morti. E ridotto a tre componenti, anche il gruppo rischia di non farcela. Altri giochi, come State of decay, si concentrano sulla reale sfida di un’eventuale apocalisse zombi, in cui il problema non è tanto abbattere una massa sterminata di morti viventi quanto costruire qualcosa sulle rovine dell’umanità. State of decay insiste molto sul mantenimento della comunità, affidando al giocatore la responsabilità di un gruppo di sopravvissuti e incaricandolo della gestione dei viveri, delle medicine e dell’umore generale. Anche qui il singolo deve fare diversi sacrifici per il bene della comunità. Meno sparatorie ci sono e meglio è per tutti.

In DayZ, creato come modalità speciale all’interno del gioco di guerra Arma2, il giocatore si ritrova disarmato nella repubblica fittizia di Chernarus, modellata su una porzione di 225 chilometri quadrati della Repubblica ceca. Il giocatore deve trovare viveri e vestiti mentre si sposta tra campagne e centri abitati disseminati di umani e zombi.

La sopravvivenza individuale è possibile, ma alla lunga il lavoro di gruppo si rivela indispensabile. I morti viventi, come le epidemie o la distruzione nucleare, tornano alla ribalta nei momenti in cui percepiamo una reale minaccia, (la guerra fredda, la crisi del petrolio degli anni settanta o, ai giorni nostri, il cambiamento climatico).

Ma gli zombi, oltre a essere un indicatore della nostra paura collettiva, ci suggeriscono implicitamente come trovare la salvezza. La loro popolarità implica un’accettazione inconscia della loro premessa collettivista. Negli Stati Uniti il concetto di sacrificio di sé per il bene di tutti è sminuito dalla paura dell’estremismo e del comunismo. Ma un gioco come DayZ dimostra che il risultato finale di questa negazione del sé è l’esatto opposto: si può sopravvivere all’apocalisse, e divertendosi.

(The unified theory of all zombie fiction, Jon Coumes, Kill Screen, Stati Uniti – traduzione italiana da Internazionale n.1130)

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Thailandia, gli attivisti non-violenti e la lotta per la democrazia

I cittadini stanno usando atti di sfida non-violenti per esprimere il loro malcontento contro l’attuale regime - Image credit: Victor Dumesny

I cittadini stanno usando atti di sfida non-violenti per esprimere il loro malcontento contro l’attuale regime – Image credit: Victor Dumesny

L’articolo che segue, scritto da Janjira Sombatpoonsiri, Lecturer di International Relations and Conflict Studies alla Bangkok’s Thammasat University di Bankok, e pubblicato su Insight on Conflict, oltre a proporre una panoramica delle proteste contro la giunta militare attualmente al potere in Thailandia offre, senza sconti, una strada difficile e lunga ma anche l’unica possibile per arrivare alla democrazia: “una nuova immaginazione politica dove non-violenza, libertà e tolleranza costituiscono il fondamento della cultura politica”, un inno di speranza sul futuro della Thailandia.   Continue reading

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La Papuasia e le sue storie

Fenina Ilit di Lolat si ripara dalla pioggia sotto un ombrello tradizionale. (Novembre 2014 / Michael Bachelard.)

Fenina Ilit, di Lolat, si ripara dalla pioggia sotto un ombrello tradizionale, Papua Nuova Guinea, Novembre 2014. Foto Michael Bachelard

Tanti anni fa, quando nel linguaggio famigliare certe espressioni erano considerate riprovevoli, dalle mie parti, per “mandare qualcuno a quel paese” gli si diceva: “Mó vai in Papuasia!

E ancora, se qualcuno non era a conoscenza di ‘qualcosa’ di cui si stava chiacchierando, con tono meravigliato gli si chiedeva: “Mó come non lo sai, mó cosa vieni dalla Papuasia?

Papuasia, una terra lontana, ed è l’ora di ascoltare qualcuna delle sue storie.

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Cartolina da Hue, Vietnam

Fishing, Hue, Vietnam. Foto Ly Hoang Long ©

Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
nell’infinito svolgersi dell’onda
l’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
non meno amaro. Godi nel tuffarti
in seno alla tua immagine; l’abbracci
con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
si distrae dal tuo suono al suon di questo
selvaggio ed indomabile lamento. Continue reading

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A scuola di coraggio

La Toile de l'éducation - Le Monde

La Toile de l’éducation – rubrica settimanale di Le Monde

«Insegnanti sotto esame: in Francia si discute nella stampa specializzata e nei blog di ciò che in classe si può dire e fare a proposito delle stragi del 13 novembre e della lotta al terrorismo. La Toile de l’éducation propone una selezione di testi.
Tra tutti pare emergerne uno di un secolo fa, scelto e riproposto a Lille il 14 novembre in un convegno dell’Aphg, l’associazione dei professori di storia e geografia. È un discorso rivolto nel 1904 da Jean Jaurès agli studenti del liceo in cui aveva insegnato prima di diventare deputato, leader dei socialisti francesi e ispiratore e teorico del pacifismo, l’ideale per cui fu assassinato nel 1914 all’alba della prima guerra mondiale da un protofascista. Diceva tra l’altro Jaurès:

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