Città sventrate, massacri di civili e fosse comuni: è la scia di sangue lasciata dagli invasori russi prima di ritirarsi. Una firma che conosciamo bene
(Asiablog.it) — Da oggi il nome di Bucha si candida ad entrare nella memoria collettiva alla pari di quelli di Guernica, Vinnytsia, Katyn, Mỹ Lay, Srebrenica, Nyarubuye, Sabra e Shatila, e altri luoghi che fanno parte della mappa globale degli orrori di guerra contro i civili. L’esercito russo si è ritirato dalla regione di Kyiv lasciando un catalogo di atrocità che gli inviati della stampa internazionale già stanno ampiamente documentando. Un assortimento di orrori che sembra rivelare un misto di brutalità, frustrazione e senso di impunità.
Il massacro di Bucha: i fatti
Bucha è una cittadina alle porte della capitale ucraina Kyiv con una popolazione pre-bellica di circa 37.000 persone. Le truppe russe l’hanno attaccata il 27 febbraio e occupata completamente a partire dal 9-12 marzo, a seconda delle fonti, per poi ritirarsi tra giovedì 31 marzo e venerdì primo aprile, ricacciate indietro dalla controffensiva ucraina. Poco dopo sono arrivati i giornalisti dell’agenzia di stampa Associated Press, che hanno riferito di diversi cadaveri in abiti civili «che sembrano essere stati uccisi a distanza ravvicinata». Due corpi senza vita avevano le mani legate dietro la schiena mentre altri, avvolti in buste di plastica, erano stati buttati in una fossa.
Anche Jeremy Bowen è arrivato in città venerdì. Il giornalista della BBC ha contato 20 cadaveri sulla strada, confermando che alcune vittime avevano le mani legate dietro la schiena. Oliver Carroll del settimanale britannico Economist è arrivato domenica e ha pubblicato su Twitter una foto di una fossa comune, dove apparentemente erano stati sepolti circa 280 cadaveri dentro dei sacchi. Il giornalista ha scritto che la buca non sembra essere stata il luogo dell’esecuzione.
Mass grave in #Bucha, where apparently 280 people are buried. It appeared because Russians occupied the area around cemetery and morgue, locals say. There were so many bodies and they needed to be buried somewhere. Two rows: one for Russians, the other Ukrainian civilians. pic.twitter.com/P36kJa4A02
— Oliver Carroll (@olliecarroll) April 3, 2022
Sul quotidiano statunitense Washington Post, i giornalisti David Stern, Meg Kelly e Claire Parker hanno scritto che in uno scantinato sono stati trovati 18 cadaveri mutilati di uomini, donne e bambini. I corpi mostravano segni di torture: orecchie tagliate e denti estratti. Sul Times di Londra, Louise Callaghan racconta le stesse scene.
Il New York Times scrive che domenica, 72 ore dopo il ritiro dei russi, a Bucha la gente «sta ancora trovando dei corpi nelle strade e nei giardini delle case: prove sempre più concrete del fatto che i civili siano stati uccisi di proposito e indiscriminatamente». Si potrebbe continuare con un lungo elenco di dettagli su questa carneficina, visto che sono decine i giornalisti e i fotoreporter che hanno visto, fotografato e filmato queste scene, ma quanto detto per il momento può bastare.
Niente di nuovo sotto il sole della Grande Madre Russia
Diamo uno sguardo d’insieme. Fosse comuni, civili giustiziati in mezzo alla strada o dentro le loro case. Sono eventi dannatamente comuni in tempo di guerra, nonché pratiche già tristemente viste nelle precedenti guerre russe. L’esercito di Mosca fece qualcosa di molto simile in Cecenia negli anni Novanta. Si chiama “zachistka” o “pulizia”, ed è un’operazione di counterinsurgency alla russa, nella quale i soldati passano casa per casa a stanare coloro che ritengono “banditi” o “terroristi” (anche se nel caso ucraino possiamo tranquillamente parlare di partigiani) e non di rado finiscono per ammazzare ogni maggiorenne di sesso maschile, e non solo.
Ma non hanno fatto “pulizia” solamente nelle case. A Bucha e dintorni, ma anche nella appena liberata oblast di Chernihiv e in altre regioni, le truppe con la “Z” e la “V” pitturate sui carrarmati hanno ucciso gente che stava semplicemente passando per strada, a volte perché costrette dalla fame, come chi andava a ritirare gli aiuti umanitari.
#UKRAINEWAR 🇺🇦🇷🇺
Yura, 14 anni, di #Bucha, dice che mentre andava in bicicletta col padre a ritirare gli aiuti umanitari un soldato russo gli ha sparato. Il padre è morto, lui è vivo per miracolo.#спецоперация #Ukraine #Ucraina #Украину #Україна 🌻pic.twitter.com/7oPTTt5VwO
— Asiablog.it (@Asiablog_it) April 3, 2022
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Come in un macabro gioco da psicopatici, i soldati russi hanno sparato a civili disarmati con le mani alto e persino a animali domestici (cani, gatti) e da allevamento. Hanno distrutto allevamenti di pollame e di vacche. E per non farsi mancare nulla hanno anche ammazzato le persone che si prendevano cura degli animali.
#UKRAINEWAR 🇺🇦🇷🇺
Così muoiono i civili in #Ucraina.
Maksim Iovenko voleva portare in salvo la famiglia. Esce dall’auto con le mani in alto. Gli sparano lo stesso, uccidendo lui e la moglie. Salvi il figlio di 6 anni e la suocera.https://t.co/9xrtw52axx pic.twitter.com/xIyuZbxVNy
— Asiablog.it (@Asiablog_it) March 28, 2022
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Dunque, oltre alla zachistka, incontriamo altre reminiscenze storiche: la strategia della terra bruciata. Se non puoi controllare un territorio, fai che non rimanga nulla. Bruciare la “terra”, ovvero dare fuoco ai campi coltivati, sterminare gli animali, e magari piantare anche una pallottola in fronte alle persone. Non che sia un’invenzione russa: l’umanità conosce questa tattica da migliaia di anni. Ma certo in epoca moderna i russi l’hanno applicata con costanza e ottimi risultati: contro gli svedesi nel Diciottesimo secolo, i francesi nel Diciannovesimo e i tedeschi nel Ventesimo.
Crimini di guerra: due livelli di malvagità
Tralasciamo i crimini minori di cui si sono macchiati i soldati russi, come il saccheggio di proprietà civili, inclusi cibo, vestiti e persino legna da ardere. Il che, tra l’altro, la dice lunga sui problemi logistici dell’esercito di Vladimir Putin, che pure sta combattendo sul suo “giardino di casa”, non dall’altra parte del pianeta.
Oltre agli ucraini e ai giornalisti stranieri, anche Human Rights Watch sta documentando le “violazioni delle leggi di guerra” da parte dell’esercito russo. I crimini appurati da questa organizzazione includono gli omicidi di civili, gli stupri di donne e altri tipi di violenze. «I casi documentano un’inspiegabile e deliberata crudeltà contro i civili da parte delle forze armate russe, che devono essere indagate come crimini di guerra», conclude la dichiarazione dell’organizzazione.
Poi ci sono anche tutta un’altra serie di crimini, come i bombardamenti di intere città, vale a dire non solo di legittimi obiettivi di guerra, come le basi militari, i depositi di munizioni o carburante, o le fabbriche di qualche importanza per la produzione bellica, ma anche degli edifici civili, dei palazzoni popolari, degli ospedali o delle scuole. A Mariupol, dove già a metà marzo le autorità ucraine lamentavano che il 90% degli edifici era distrutto o danneggiato, i russi hanno bombardato un teatro dove si stavano rifugiando centinaia di civili. Sui due cortili davanti e dietro l’edificio era stata pitturata la parola “дети”, ovvero “BAMBINI” in russo, con grandi lettere bianche visibili dai piloti dei cacciabombardieri. Eppure il 16 marzo l’edificio è stato centrato e circa 300 persone sono state uccise, stando alle autorità locali.
Ma una cosa è uccidere i civili con bombe e missili. Un’altra è assassinarli con un proiettile alla nuca. Un conto è spingere un pulsante dalla cabina di un aereo, senza vedere in faccia le persone che verranno dilaniate dall’esplosione o moriranno sotto le macerie, un altro è sparare in testa all’uomo, la donna o il bambino che ti sta davanti, sentirlo piangere e chiederti pietà, vederlo cadere a terra in una pozza di sangue. Sporcarti le mani, la divisa o la faccia del suo sangue e di pezzi di cervello. C’è un diverso livello di malvagità. È un tipo di atrocità organizzata che l’Europa non vedeva, forse, dagli orrori di Grozny o dal Massacro di Srebrenica. E prima ancora dalla Seconda guerra mondiale. L’invasione decisa, si presume, da Vladimir Putin e dalla sua corte di inaffidabili e incompetenti consiglieri, ha portato le truppe russe ad agire con modalità simili a quelle dei tedeschi intruppati nell’esercito del Terzo Reich.
Se c’è giustizia nel mondo (cosa di cui è legittimo dubitare), i criminali di guerra russi, da Putin in giù, un giorno dovranno affrontare un tribunale simile a quello che i nazisti ebbero a Norimberga.
Ma che nessuno si stupisca di quel che è successo a Bucha e che sta avvenendo in tutta l’Ucraina. Questo, purtroppo e troppo spesso, è lo stile di guerra russo. È così che i soldati di Putin hanno combattuto in Cecenia e in Siria. E prima ancora, è così che le truppe sovietiche hanno combattuto in Afghanistan negli anni Ottanta e prima ancora nell’Europa centrale e orientale durante la Seconda guerra mondiale. Hanno commesso crimini di guerra per ragioni politico-strategiche (si pensi al Massacro di Katyn), per colpire un’etnia che si presumeva ostile, o semplicemente per terrorizzare la popolazione civile. A volte, anche solo per vendetta e senso di impunità, come nel caso delle tante (fino a due milioni) donne tedesche stuprate dai soldati sovietici negli anni di occupazione sovietica della Germania.
Ad ogni modo, in Ucraina nessuna di queste tattiche sta veramente funzionando. Già l’invasione del 24 febbraio aveva cancellato negli ucraini ogni residua simpatia per i “fratelli russi”. Poi la ferocia delle truppe di Putin ha indotto il popolo dell’Ucraina a resistere ancora più eroicamente, perché sanno che non stanno combattendo solo per la libertà della propria nazione, ma anche per la loro stessa sopravvivenza.
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Il drammatico racconto di @mannocchia che è stata a #Bucha per documentare il massacro di civili#BuchaGenocide #UkraineRussiaWar pic.twitter.com/3qJ6svaqoN
— Tg La7 (@TgLa7) April 4, 2022
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