I lavoratori migranti rimasti senza stipendio affrontano lunghi viaggi, persino a piedi, per tornare a casa
(Asiablog.it) — Il 24 marzo il Primo Ministro indiano, Narendra Modi, ha imposto la quarantena a tutti i suoi concittadini: 1,3 miliardi di persone.
Il governo ha ordinato l’arresto delle principali attività produttive e commerciali e il blocco della circolazione, incluse le ferrovie, che fanno viaggiare solo i treni merci che consegnano beni essenziali, e di molti altri mezzi di trasporto pubblici e privati, e alcuni dei pullman che coprono linee interstatali.
Gli effetti delle restrizioni alla circolazione rischiano di essere pesantissimi soprattutto per le fasce della popolazione più vulnerabili: le centinaia di milioni di persone che hanno il problema di mettere insieme il pranzo con la cena.
Con la chiusura della maggior parte dei negozi, dei ristoranti, delle fabbriche e delle aziende (tranne quelle che trattano beni essenziali), l’economia è in apnea e i 45 milioni di lavoratori migranti in India stanno cercando di tornare a casa. Si tratta di gente che viene dalle zone più rurali, trasferitasi in città per lavorare, dove vive in affitto o addirittura nei loro luoghi di lavoro.
Essendo rimasti senza lavoro, e dunque senza un posto dove stare o senza soldi per pagare gli affitti, queste decine di milioni di lavoratori migranti hanno iniziato lunghi viaggi per tornare a casa, spesso su degli affollatissimi pullman, ma in molti casi persino a piedi.
Il completo lockdown del subcontinente è stato messo in atto per cercare di rallentare la diffusione del nuovo coronavirus. Ma c’è il timore che l’esodo di massa dei migranti possa aver favorito il contrario, permettendo all’epidemia di raggiungere anche le zone più rurali e meno attrezzate del Paese.
Di certo, l’esodo è stato tutt’altro che indolore. Per il momento sono ventidue le persone morte durante il viaggio verso casa, tra cui sei bambini, il più giovane dei quali aveva solo 1 anno.
Un 39enne che lavorava in un ristorante di Delhi è collassato a terra ed è morto di infarto dopo aver camminato per 200 chilometri. Era a due terzi del suo viaggio verso la sua città natale, Morena, nel Madhya Pradesh, che dista poco meno di 300 chilometri dalla capitale indiana.
Altri quattro migranti sono morti investiti da un camion. Avevano una bancarella di tè a Mumbai e stavano tornando a piedi verso i loro villaggi in Rajasthan.
Quattro persone, tra cui un bambino di un anno, sono morte asfissiate e bruciate in un bosco nel distretto di Theni, nel Tamil Nadu, martedì notte. Avevano preso una scorciatoia che taglia la foresta perché la strada principale era stata bloccata dalla polizia, secondo il sito The Hindu. Ma sono rimasti intrappolati dalle fiamme di un incendio boschivo.
Al momento in India i casi confermati di COVID-19 sono 1.397. Il virus ha ucciso 35 persone.
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Per fare un bilancio delle decisione, giuste o sbagliate, fatte dai governi per combattere questo maledetto coronavirus, occorrà aspettare la fine dell’epidemia. Su questa pandemia si sa ancora troppo poco con certezza, e fino a poche settimane fa si sapeva quasi zero. Le ipotesi e i ragionamenti, per quanto logici, lasciano il tempo che trovano.