Taiwan chiede a Pechino di scusarsi per “l’errore storico” della strage di Piazza Tiananmen del 1989, ma la Cina dice di aver fatto la cosa giusta
(Asiablog.it) — Lunedì il Consiglio per gli affari continentali di Taiwan, il Ministero di Taipei che ha in carico i rapporti con la Cina, ha accusato Pechino di dire “bugie” sulla sanguinosa repressione dei manifestanti pro-democrazia all’interno e nei pressi della grande Piazza Tiananmen di Pechino, il 4 giugno 1989.
Pechino non ha mai comunicato il numero uffciale dei manifestanti uccisi e impone una stretta censura sulle informazioni riguardanti gli eventi del 1989, che videro l’esercito aprire il fuoco sui civili dopo settimane di manifestazioni che chiedevano riforme politiche nel Paese governato dal Partito comunista. Le stime degli storici e dei gruppi per i diritti umani fissano il bilancio delle vittime tra diverse centinaia e diverse migliaia di persone.
«Invitiamo seriamente le autorità cinesi a prendere atto del loro errore storico e a scusarsi sinceramente il prima possibile», si legge nella dichiarazione del Consiglio, che chiede anche alla Cina di «spingere proattivamente per le riforme democratiche», aggiungendo che Taiwan è un «modello di democrazia cinese acclamato a livello internazionale» che continuerà ad esercitare la sua influenza attraverso lo Stretto e a «sostenere la democratizzazione della Cina in vari modi».
Interrogato sulla dichiarazione di Taiwan, lunedì il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang ha risposto che i grandi successi ottenuti dalla Repubblica popolare cinese nei suoi sette decenni di storia «dimostrano pienamente che il percorso di sviluppo che abbiamo scelto è completamente corretto».
Domenica scorsa, in un raro riconoscimento del fatto che gli eventi del 1989 sono effettivamente avvenuti, il ministro della Difesa cinese Wei Fenghe aveva difeso la gestione da parte delle autorità delle proteste di piazza Tiananmen, ritenendo che lo sviluppo della Cina dal 1989 ad oggi dimostri che quanto fatto dal regime cinese trent’anni fa era giustificato.
Le proteste di Piazza Tiananmen erano «disordini politici che il governo centrale aveva bisogno di sedare», ha detto Wei durante un vertice a Singapore, aggiungendo che «grazie a questo, la Cina ha goduto di stabilità, e se visitate la Cina oggi potete capire quella parte della storia».
Sotto la guida del presidente Xi Jinping, Segretario generale del Partito dal 15 novembre 2012 e Presidente della repubblica popolare dal 14 marzo successivo, il regime è diventato ulteriormente autoritario, ha eliminato il limite di due mandati presidenziali, rafforzato il controllo sulla società civile, incrementato la censura offline e online e intensificato la persecuzione delle minoranze etniche e religiose.
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