Per la giunta militare thailandese confrontare la Thailandia con la Turchia non è “creativo”
Quando la notizia del colpo di stato sventato in Turchia ha innescato nuove ondate di critiche contro l’attuale governo, il regime militare thailandese ha risposto che il confronto Thailandia/Turchia non è “creativo” perché la Thailandia è unica.
Come riferisce il quotidiano thailandesi Matichon, il colonnello Winthai Suwaree, portavoce del Consiglio nazionale per la pace e l’ordine (NCPO), dopo il fallito colpo di stato in Turchia il 17 luglio scorso, ha dichiarato che coloro che hanno criticato l’NCPO confrontando la Thailandia con la Turchia non sono “creativi”.
Con questa espressione Winthai ha dato da intendere che il contesto sociale e politico in Thailandia è diverso da quello di tutte le altre nazioni. I critici, secondo il colonnello, hanno il solo scopo di screditare l’NCPO davanti ai cittadini thailandesi.
«Normalmente, al fine di confrontare diversi eventi, la gente deve anche pensare a diversi contesti sociali. Non si deve approfittare di notizie popolari per esprimere certe opinioni. Senza informazioni concrete si confondono le persone e la società», ha dichiarato Winthai.
Il colonnello Winthai Suwaree a quanto pare ama le “realtà alternative”.
Disapprova chi critica non confutando le sue tesi, ma proponendo una narrazione della realtà che, basandosi sul presupposto che chi critica è in errore per una sua propria incapacità (in questo caso: mancanza di creatività) e comunque solo per fini “cattivi”, nega la realtà degli Stati vittime di regimi totalitari appellandosi a Cultura e Nazionalismo, due argomenti tanto complessi quanto anacronistici, se non fittizi (realtà alternative).
Il potere imposto con la violenza, sostiene Slavoj Žižek, richiede una costante vigilanza da parte di coloro che lo detengono. Ma il loro comando è sempre debole, perché quando la violenza finisce, o la minaccia della violenza diminuisce, ci sono ancor meno stimoli a obbedire all’autorità. Quando un governo si decide a usare la violenza è perché sente che il suo potere gli sta sfuggendo di mano.
La realtà alternativa dello stato autoritario
di Kong Rithdee, Bangkok Post
Come ben disse Gabriel Garcia Marquez: «Quando raggiungi il potere assoluto, non c’è contatto con la realtà. Una persona potente, un dittatore, è circondato da interessi e persone il cui scopo finale è di isolarlo dalla realtà». Marquez parlava del Sud America, ma forse avrebbe potuto palare dei tropici che occupano la stessa latitudine equatoriale, che curano le stesse piaghe e vivono lo stesso incubo.
La realtà dello stato totalitario è quello di uno stato che si dibatte tra paranoia ed ego, costretto ad un implacabile senso di insicurezza che a sua volta lo porta a rafforzare la sua presa sul potere. Perdendo quel potere crolla la sua realtà alternativa. Quando succede, non hanno che due scelte: andare in esilio o impazzire. Se va proprio male, tutte e due le cose.
Ecco la ragione per cui fanno di tutto per preservare la loro versione della realtà, una visione che esclude il popolo. Il Feld Maresciallo Thanom Kittikachorn, il Feld Maresciallo Praphas Charusathien e il Colonnello Narong Kittikachorn usarono la violenza per perpetuare quella loro realtà. Altri golpisti saggi o impauriti crearono delle realtà dittatoriali abbandonandole prima che si disfacessero nelle loro mani, come nel 2006.
Stanca degli spari e con aspirazioni di rispettabilità, la giunta di oggi da lezioni in Tv, talmente colorite e fantasiose da rendere pazzi, ma anche vacillanti verso il surreale: una democrazia al 99%, un’economia in crescita, un buon investimento per 3,5 chilometri di ferrovia ad alta velocità, un referendum libero ed equo e la promessa di eguaglianza, mentre si minaccia di tagliare l’assistenza sanitaria nazionale.
Lo scopo è di mantenere la realtà creata nella visione dello stato. Martellando le gente a sufficienza, pensano, li spingerà a credere che tutto questo sia reale e i diplomatici esteri, chiamati ad ascoltare le lezioni della giunta, potrebbero crederci indipendentemente da quel che affermano i fatti.
Sull’oggetto del referendum costituzionale del 7 agosto vediamo tanti esempi di una realtà disconnessa; lo stato sta per esaltare Einstein creando un universo parallelo. Mentre si avvicina la data, le autorità intensificano i loro sforzi nel cancellare opinioni diverse e scoraggiare domande. Qualsiasi argomento che indica degli errori nella bozza costituzionale viene definito come distorto, falso e decisamente illegale.
E se tutto implode, il super io dell’articolo 44 è sempre pronto ad appianare tutto: martedì scorso i golpisti hanno autorizzato l’Ufficio della Commissione delle Telecomunicazioni a chiudere tutti i media che non cooperano con la giunta o che presentano informazioni definite come una minaccia per la sicurezza nazionale. Mancano tre settimane al 7 agosto, ma solo qualche passo dalla messa fuori legge del vota No.
In che tipo di realtà distorta ci troviamo se l’indicare ciò che non va nella nuova costituzione ti può portare in carcere per dieci anni? Se arrestare chi dissente è quel che serve a far approvare la legge che governerà la nazione intera allora non è sbagliato affermare che viviamo in una falsa realtà.
Sconvolti dalla vastità del mondo non dittatoriale la squadra del Sì [alla nuova costituzione] non ce la fa a tenere viva la sua realtà inconsistente, sostengono che solo la loro versione è autentica mentre il resto è contraffatto, corrotto, dissenziente, distorto o semplicemente sostenuto da Thaksin Shinawatra, che conosce anche lui qualche realtà alternativa.
È già abbastanza brutto che il referendum sia una super semplificazione della bellezza o bruttura del mondo, la riduzione della complessità della politica e della vita in due scelte: Si o No.
Ora è anche peggio poiché quella riduzione semplicistica è stata compressa in una sola scelta. Sì. O piuttosto: sì, sì, sì…
Fonte: Bangkok Post
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