In Thailandia si utilizzano 10 milioni di sacchetti di plastica al giorno
Un doveroso aggiornamento al post sui “sacchetti di plastica e la Thailandia” in cui raccontavo dell’uso abnorme di sacchetti di plastica da parte dei thailandesi (allora ben visibile ed ora, dal Primo Ministro in persona, ben quantificato) ma anche della noncuranza con cui abbandonano casualmente nell’ambiente le plastiche usate.
Questa brutta abitudine, a mio modo di vedere, trovava le sue origini nella mancanza di informazione – e quindi attenzione al problema – circa la biodegradabilità degli oggetti in plastica che, per comodità, hanno sostituito tanti vecchi materiali naturali (la classica sporta della spesa in vimini o tela se non la foglia di banano usata come contenitore di cibo), naturalmente il mio principale imputato era il “governo thailandese” per l’assoluta mancanza di interventi al riguardo.
Il Capo della giunta militare, nonché Primo Ministro, pensa di introdurre due giorni di «NO, sacchetti di plastica». I rifiuti di plastica devono essere ridotti. In mare diventano un pericolo per la vita acquatica. Molti pesci, grandi e piccoli, sono morti mangiando plastica.
Il Gen. Prayuth chiede poi sostegno a questa causa e la promozione all’uso di borse di tela. Insomma, anche in Thailandia la vecchia “sporta della spesa” ritroverà il suo posto.
Il giorno dopo sono andato a comprare la lettiera per la gatta, confezione da 5 kg. in sacco di plastica con maniglia, che la cassiera ha dapprima infilato in una sportina di plastica e poi, non sia mai che un’unica sportina non regga il peso, ha infilato il tutto in una seconda sportina.
Sì, va bene, era solo il giorno dopo, inutile sperare che le abitudini più consolidate cambino dalla sera alla mattina ma devo anche rilevare che, in questi due anni di discorsi di Prayuth il venerdì sera in TV, non ho mai visto in platea una grande attenzione alle parole del Primo Ministro (e dico questo senza pretendere quegli occhi incollati allo schermo come per la telenovela in onda dopo il discorso di Prayuth).
Pur con tutti i limiti che può avere questa osservazione personale, per di più effettuata in un campo ristretto – la cittadina dove vivo – e con una platea a volte più o meno numerosa e altre volte solo casalinga, credo di poter dire che, nel caso dei sacchetti di plastica, l’iniziativa va a merito del governo ma, senza interventi oggettivamente penalizzanti per il produttore (aumento dell’imposta sul prodotto) e per il consumatore (farle pagare), questo annuncio, oltre ad essere un piccolo passo che serve a ben poco, se lo guardiamo nel complesso delle cose “fatte e da fare”, tanto reclamizzate dalla governo militare, resta un annuncio utile solo a sviare l’attenzione da problematiche ben più pressanti per il popolo thailandese.
L’ignoranza, la comodità e la distrazione continueranno ad imperare anche se, bisogna ammettere, si tratta di un problema molto grave e difficile da affrontare:
La plastica è ovunque
Non è facile vivere per un mese senza servirsi della plastica usa e getta. Lo ha verificato il giornalista Ian Johnston, dell’Independent, che ha accettato la sfida della Marine conservation society: eliminare dalla propria vita la plastica usa e getta. Non c’è riuscito. “In alcuni momenti sembrava quasi che tutto fosse fatto con la plastica, avvolto nella plastica o accompagnato da qualcosa in plastica”, scrive Johnston. “Provate ad andare in un piccolo supermercato e non troverete praticamente nulla senza plastica. Anche la torta con la confezione di cartone, una volta aperta, mostra una confezione interna in plastica. Il takeaway vicino alla sede del giornale impacchetta il cibo in fogli di alluminio e buste di carta. Purtroppo, però, i condimenti sono forniti in piccole confezioni di plastica. Non aiuta neanche il caffè in centro, che serve le bevande in bicchieri di cartone con l’immancabile tappo di plastica. Anche i peperoni ripieni di riso alla greca del negozio sotto casa sono venduti in un vassoio di cartone, foderato in plastica all’interno”. Alla fine Johnston è riuscito a ridurre il suo consumo di plastica usa e getta di circa il 75 per cento, cominciando a cucinare di più a casa e procurandosi una tazza da caffè da viaggio. Non è stato l’unico a fallire la prova della Marine conservation society. Tra le 982 persone che hanno accettato la sfida, anche altre hanno avuto problemi. In realtà, l’iniziativa aveva lo scopo principale di aumentare la consapevolezza dell’inquinamento dovuto alla plastica. (Ethical living, rubrica redazionale – Internazionale n. 1162)
I rifiuti, un problema che andrebbe affrontato con nuove strategie lungimiranti ma, quando necessario, con interventi rapidi. La complessità del problema non ammette “distrazioni”:
L’Italia, per la non corretta applicazione delle direttive europee sui “rifiuti”, dal 2003 ad oggi ha pagato 79,8 milioni di euro di sanzioni
L’Italia ha il primato europeo per l’inadempienza delle norme comunitarie. Al momento l’Italia sta pagando per quattro procedure d’infrazione. L’infrazione, ad oggi la più dispendiosa per il nostro paese, risale al 2003 e riguarda la non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui “rifiuti“, 91/689/CEE sui “rifiuti pericolosi” e 1999/31/CE sulle “discariche“. Le sanzioni generalmente includono una multa una tantum da pagare, più una mora di penalità per ogni giorno di ritardo nel pagamento. Per questa infrazione l’Italia negli anni ha pagato 79,8 milioni di euro. (Openpolis, Le infrazioni europee da parte dell’Italia e degli altri stati membri)
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