Coloro che usano la violenza possono riuscire a imporre temporaneamente la propria volontà, ma il loro comando è sempre debole perché quando la violenza finisce, o la minaccia della violenza diminuisce, ci sono ancor meno stimoli a obbedire all’autorità.
Il controllo per mezzo della violenza richiede una costante vigilanza.
Troppo poca violenza è inefficace, troppa violenza genera rivolte.
La violenza può distruggere il vecchio potere, ma non può mai creare l’autorità che legittima il nuovo. La violenza è perciò la base debole delle basi su cui costruire un governo.
La violenza è l’arma scelta da chi è impotente: color che hanno poco potere spesso tentano di controllare o influenzare gli altri usando la violenza.
La violenza raramente crea potere.
Al contrario, gruppi o individui che usano la violenza spesso scoprono che le loro azioni diminuiscono qualsiasi potere esse già possiedono.
Gruppi che si oppongono ai governi spesso tentano di compensare la loro evidente mancanza di potere usando la violenza. Una tale violenza semplicemente rinforza il potere dello Stato.
Un terrorista che fa saltare in aria un edificio o uccide un politico, offre al governo la scusa che esso cerca per limitare le libertà individuali e ampliare la propria sfera di controllo.
Quando un governo si decide a usare la violenza è perché sente che il suo potere gli sta sfuggendo di mano.
I governi che comandano attraverso la violenza sono deboli. I dittatori hanno sempre dovuto basarsi sul terrore contro le loro stesse popolazioni per compensare la loro impotenza.
Una violenza protratta risulta in una diminuzione del potere, rendendo necessaria ancor più violenza.
(Slavoj Žižek, Vivere alla fine dei tempi, Ed. Ponte alle Grazie)
Fonte immagine: New York Times
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Si scrive Žižek, si legge Antonio Gramsci.
In effetti anch’io ho l’impressione che tante “cose” (forse tutte) sono già state scritte.
Per le mani ho un articolo di un thai, Kong Rithdee, che a proposito di potere dittatoriale cita Gabriel Garcia Marquez.
Mi viene in mente “cultura orale/cultura scritta”, non salta fuori nessun orientale neppure dagli orientali.