di-plo-ma-zì-a
Significato: complesso delle attività e delle istituzioni volte ai rapporti fra Stati; equilibrio, avvedutezza
Dall’arte necessaria all’ambasciatore viene l’accezione comune della diplomazia – ossia un insieme di virtù quali equilibrio, abilità nel parlare, tatto, capacità di mediazione, che se nella vita del privato fanno la differenza fra un’esistenza di livori e conflitti e una di serena convivenza, nella vita degli Stati può segnare la differenza fra rigogliosa e pacifica interdipendenza e guerre rovinose e sanguinarie.
Succede che l’Agenzia France Press pubblichi un articolo titolato: Gli Usa condannano l’arresto della madre di un attivista thailandese e che il termine “condanna” venga riproposto anche nel testo.
Dinnanzi allo scomodo termine “condanna” la giunta militare thailandese, impegnata nella ricerca di una (impossibile) aura democratica a livello internazionale, ha cercato tramite il suo Ministro degli Esteri, Don Pramudwinai, di far affermare all’ambasciatore statunitense in Thailandia, Glyn T. Davies, che mai e poi mai il governo Usa si era espresso in termini di “condanna” riguardo ai recenti arresti di liberi cittadini per dei messaggi on-line ed in generale per il clima di intimidazione e di auto-censura creato dalla giunta militare al potere a detrimento dei diritti umani.
Il duetto/duello para-diplomatico si è concluso con la constatazione che mai il termine “condanna” è stato utilizzato dal governo statunitense nei confronti del governo thailandese. Gli Usa sono preoccupati per il mancato rispetto dei diritti umani in Thailandia, la giunta militare al potere in Thailandia non viene condannata.
Par di vedere, capovolto, lo schema dei processi thailandesi per lesa maestà, la maggioranza dei condannati ammette la propria colpa e quindi la sentenza può vantare una sua legittimità, un reo confesso, e si dimentica che l’ammissione di colpa riduce la pena da scontare del cinquanta per cento, una scelta che quasi tutti gli imputati fanno pur di porre fine a processi dai risvolti kafkiani.
Al momento, quindi, la giunta militare thailandese sembra più alla ricerca del consenso ad ogni costo, anche a costo del ridicolo – se non fosse per la tragedia che queste menomazioni ai diritti umani comportano-, il conferimento di nuovi poteri di polizia ai militari e le limitazioni al dibattito politico sul prossimo referendum costituzionale per la giunta militare thailandese, ad esempio, sono restrizioni adottate contro “coloro che fomentano la violenza” (le leggi para marziali già in vigore e le draconiane leggi di lesa maestà, pare non bastassero).
Ma, a parte la scarsa diplomazia di un ministro, cooptato da una giunta militare adusa a dare ordini e per sua natura avulsa dalla diplomazia, recentemente anche Sarah Sewall, sottosegretario di Dipartimento Usa, aveva indicato tutte le inadempienze nel campo dei diritti umani che la Thailandia deve affrontare e risolvere.
Per sua natura la diplomazia: “domanda”, “invita”, “si raccomanda”, “si preoccupa”. Inviando un segnale di ingerenza non diretta, nelle scelte politiche di un altra nazione, questi “avvertimenti” esprimono il “diverso sentimento” riguardo soprattutto a tematiche umanitarie e lo scenario internazionale che la giunta militare thailandese si trova oggi dinnanzi non è dei più benevoli.
Le critiche provenienti dagli Stati Uniti e da altre nazioni occidentali (qui l’elenco riportato da UPR – Universal Periodic Review) sembra invece che stiano spingendo la Thailandia verso il consolidamento e lo sviluppo delle relazioni con la Cina (una nazione che, riguardo al rispetto dei diritti umani, non ha molto di cui vantarsi).
La Cina è il più grande partner commerciale della Thailandia e Bangkok guarda a Pechino per il finanziamento di grandi investimenti infrastrutturali. La Cina ha iniziato 45 nuovi progetti di investimento in Thailandia nel 2015 e i due paesi si sono impegnati a raddoppiare il commercio bilaterale nei prossimi dieci anni. Anche gli accordi bilaterali sulla sicurezza sono in crescita e nel novembre 2015 i due paesi hanno tenuto le loro prime esercitazioni militari aeree congiunte. (Parliament of Australia)
Insomma, l’avvio della rimozione delle problematiche umanitarie thailandesi, che preoccupano altre nazioni, pare un’opzione che la giunta militare al potere intende diluire con formali quanto accomodanti prese d’atto, qualche scontro lessicale ed un rafforzamento, ad ogni costo, della stabilità politica interna – fattore di primaria importanza per gli investitori esteri – anche a costo delle libertà.
Fonte immagine: Prachatai english
Diplomazia: originale pubblicato su unaparolaalgiorno.it
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