Il proprietario del mulino, i commercianti, gli intermediari e i negozianti, che erano per la maggior parte cinesi, erano diventati facoltosi, dal momento che trattavano con contadini analfabeti che si accovacciavano sulle ginocchia come mendicanti a osservare con aria triste il modo in cui i loro prodotti venivano pesati e valutati.
Quando un commerciante molto grasso disse a Kum che la somma complessiva per il suo riso era di duecentottanta baht, il contadino dovette chiedere a suo figlio, che stava studiando alla scuola elementare di Napo, se il prezzo del riso fosse giusto. Poiché nel mondo non era stato ancora concepito un modo immediato di punire l’imbroglione e il malfattore, era impossibile garantire la giustizia.
A ogni segno di richiesta di un prezzo più giusto o di un po’ di pietà, il borioso cinese sarebbe stato pronto a gridare: – prendere o lasciare! – come aveva precedentemente gridato a un contadino che aveva cercato di contrattare un prezzo migliore.
Prem era stato contento che suo padre gli avesse chiesto di accompagnarlo a Muang, ma vedere come si faceva piccolo e come diveniva ossequioso di fronte ai mediatori e ai commercianti fu più di quanto il ragazzo potesse sopportare. Sapeva contare abbastanza in fretta, ma non riusciva a capire come funzionasse la bilancia, e i cinesi parlavano in una lingua che non comprendeva. Così, a cosa serviva la protesta? Tutto quello che voleva era che suo padre accettasse il denaro e che se ne andasse senza essere ulteriormente umiliato. La somma di duecentottanta baht doveva durare un anno.
Kum non era solito aprire bocca per lamentarsi. Per lui il denaro era importante, ma non avrebbe imbrogliato o rubato o mentito per averlo. Il denaro e cose simili sono “cose esterne al corpo”, aveva detto una volta al suo figlio più giovane. Boonliang Surin aveva convenuto, aggiungendo che le cose più importanti sono quelle che la gente non può portarti via. Con questo intendeva la ricchezza del proprio essere spirituale. Ma poiché era analfabeta, diceva in modo semplice qualunque cosa le venisse in mente. Per lei la vita in sé era una banca in cui accumulare meriti. C’è così tanta povera gente a questo mondo perché non ha acquisito meriti nell’ultima vita, pensava.
Ricordando le parole dei suoi genitori, Prem pregò che quello che suo padre aveva perso durante la transazione a Muang diventasse un merito. Perché lui, che era stato sempre gentile e non aveva mai proferito una parola aspra o un’osservazione maliziosa contro nessuno, che aveva così poca avidità o ambizione, lui doveva sapere cosa fosse l’accontentarsi. Accontentarsi rende la vita sopportabile, passando attraverso anni di abbondanza e anni di siccità, attraverso la fatica, la malattia e la penuria. Kum era facilmente appagato da una stagione buona, dal rispetto dei giovani verso gli anziani, dall’amore e il calore tra vicini. Era sempre pronto a essere gentile e ospitale verso gli altri.
Anche la sofferenza doveva essere sopportata in silenzio. Tal volta, quando la siccità perdurava, c’era pochissimo riso rimasto nel fienile, figurarsi quello che si sarebbe portato a Muang per avere denaro contante. Una volta o due Prem, come la maggior parte dei ragazzi, si assentò dalla classe poiché doveva viaggiare con suo fratello verso villaggi lontani per elemosinare del riso. Era diventato un mendicante, andando con Kiang di villaggio in villaggio, di capanna in capanna. La sofferenza aveva reso i due ragazzi meno timidi e le loro voci imploranti avevano un fondo di sincerità, nonostante le tingessero di patetico. Si fermavano ai piedi delle scale e invocavano: – per favore, padre e madre, possiamo chiedervi un po’ di riso? Solo una manciata di riso. La siccità ha colpito così duramente quest’anno e l’altro passato!
Solo pochi non li ascoltavano. Quelli che rifiutavano le loro suppliche gentilmente spiegavano che anche loro stavano soffrendo con i figli che andavano a elemosinare da qualche altra parte. In quel periodo Prem continuava a pensare: “Non dimenticherò mai tutto questo, né i duecentottanta baht all’anno e come mio padre si prostrava di fronte ai mercanti grossi e chiassosi. Desidero dargli tutta la dignità che posso e metterlo al riparo dagli insulti e riempire sempre la sua ciotola di riso.”
(Pira Sudham, La terra dei monsoni, Ed. Besa)
- Fotografia come esclamazione di vitalità - 19/08/2016
- La Thailandia, la zucca e… il peperoncino - 11/08/2016
- Hiroshima, la bomba di Dio - 06/08/2016