Referendum trivelle, la guida: lavoro, inquinamento e politiche energetiche. Fronte del Sì e del No a confronto
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Referendum in Italia, una storia lunga 70 anni
Spesso si sente dire che l’uso del referendum come strumento di partecipazione politica da parte dei cittadini andrebbe incrementato. Ma non è tutto così facile come sembra. Il fatto che il 40% dei referendum abrogativi non abbia raggiunto il quorum spiega bene le difficoltà che ci sono state in questi anni.
Le cause di queste difficoltà possono essere molteplici: dall’abuso dello strumento – basti pensare ai 32 quesiti referendari nei soli anni ’90 – ai problemi di comprensibilità degli stessi, passando per i tentativi da parte della classe politica di “neutralizzare” in vario modo i possibili effetti dei risultati elettorali.
Con l’avvicinarsi della consultazione sulle trivelle nei mari italiani, prevista tra poche settimane, la storia pare ripetersi. Nei giornali se ne parla poco, e i principali partiti politici non sembrano interessati a fare un’aperta campagna in materia. Difficile al momento dire se il quorum verrà raggiunto, ma una cosa è certa: il rapporto dei cittadini, e della classe politica, con il referendum sembra ancora complicato.
Gli effetti di un referendum, cosa succede il giorno dopo
La legge 352 del 1970 regola le cose che devono accadere per rispettare l’esito del voto, negativo o positivo che sia. L’articolo 38 sancisce che qualora l’esito della consultazione sia negativo, non potranno essere proposti referendum per l’abrogazione della stessa legge per un periodo di 5 anni. Qualora invece il quesito venga approvato, l’articolo 37 dispone che il presidente della Repubblica debba dichiarare l’avvenuta abrogazione della legge tramite decreto pubblicato in gazzetta ufficiale. L’abrogazione ha valore dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto.
Ma una volta che una norma è stata cancellata, o parzialmente cancellata, da un referendum popolare, è possibile per il parlamento o il governo ri-legiferare sulla materia? Come sancito dalla sentenza 199 (2012) della corte costituzionale la risposta è no, ma come sempre ci sono delle eccezioni:
Un simile vincolo derivante dall’abrogazione referendaria si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l’esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall’art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l’effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto
Non è dunque possibile per parlamento e governo modificare quanto deciso dagli elettori, a meno che non si verifichino dei cambiamenti strutturali del quadro politico, o del contesto generale. Definizione ambigua e aperta a infinite interpretazioni, e che rende possibili le eccezioni. E a proposito di eccezioni, l’esempio forse più calzante è il referendum del 1993 per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, di fatto poi reintrodotto lo stesso anno dal parlamento sotto forma di rimborso elettorale.
La stessa cosa, secondo alcuni, sta avvenendo all’esito del referendum 2011 sull’acqua pubblica. Sulla materia è stato presentato un disegno di legge dall’intergruppo parlamentare “Acqua bene comune”, composto da tutti i parlamentari di Movimento 5 stelle e Sel, da una ventina di appartenenti al Pd e da un deputato di Scelta civica. Il provvedimento è però già al centro di tante polemiche per gli emendamenti proposti dal governo, accusato da membri dell’opposizione e del comitato promotore di andare contro la volontà dei cittadini.
Insomma, mentre su carta il “cosa succede il giorno dopo” sembra essere molto chiaro, in pratica, come sempre, il contesto politico e il dibattito parlamentare possono dare adito a situazioni poco chiare. (testo fonte Openpolis)
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