“Oltre un migliaio di panda giocattolo schierati ordinatamente nell’ex capitale thailandese di Ayutthaya per richiamare l’attenzione sulla piaga delle specie a rischio. I modellini saranno poi posti in vendita per raccogliere fondi destinati alle casse del World Wildlife Fund Thailandia. Si tratta della nona iniziativa di questo genere nel paese e ha riscosso, come le altre, un notevole successo”. (16 marzo 2016 Askanews)
“Un notevole successo” e qualche vecchia polemica, soprattutto riguardo all’utilizzo degli elefanti colorati simil panda, “Con uno sforzo veramente maldestro per portare un po’ d’attenzione sui “giganti trascurati,” [degli elefanti] sono stati dipinti come i panda e fatti esibire senza pietà.” (26 giugno 2009 – Animal)
“Un grido disperato – o meglio, un segnale molto forte – di: Attenzione! … Elefanti dipinti in bianco e nero per sembrare come i panda… L’elefante è il simbolo nazionale della Thailandia, ma il paese è impazzito per i panda dopo la nascita di un cucciolo di panda nello zoo di Chiang Mai”. (26 giugno 2009 – DailyMail).
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Quanto segue è tratto dalla recensione di Come si adatta un panda, di Stephen Jay Gould a The Giant Pandas of Wolong di George B. Schaller, Hu Jinchu, Pan Wenshi e Zhu Jing, Chicago University Press, 1985, pubblicata in Un riccio nella tempesta – Ed. Feltrinelli):
Molti animali, compresi Jesse James, Alessandro Magno e il panda gigante, devono, come Giano, mostrare al mondo due facce: una richiesta dalla leggenda e l’altra data dalla natura. Le facce della leggenda sono, in sequenza: onesta (nel senso più ampio), virtuosa, e capace di suscitare tenerezza; quelle naturali tendono invece al furto, alla rapacità e alla noia.
George B. Schaller e colleghi, nello studio più bello finora pubblicato sul secondo panda, quello della natura, scrivono nella loro introduzione:
«Ci sono due panda giganti, quello che esiste nella nostra mente e quello che vive nel suo ambiente naturale. Con la sua pelliccia morbida a strane macchie bianche e nere, la sua testa grossa e rotonda e il suo corpo goffo e capace di ispirare tenerezza, un panda sembra qualcosa con cui giocare a da abbracciare. Nessun altro animale gode di così grandi simpatie nel pubblico… Il panda vero, però, il panda che vive in natura, è rimasto essenzialmente un mistero.»
The Giant Pandas of Wolong, un tentativo di diminuire questo mistero che circonda il panda numero due… [Ma] poiché il libro si occupa del secondo panda, ossia del panda fuori dalla leggenda, raramente affascinerà i lettori… è un trattato tecnico, non un contributo a quel genere tipico dei libri popolari che descrivono la vita di un naturalista a contatto diretto con una specie interessante in natura…
I panda sono animali rari ed elusivi, persino nella relativa abbondanza della riserva di Wolong. Non osiamo riconoscere in loro i graziosi animaletti di peluche con cui giocano i nostri figli; in realtà ci si deve sobbarcare a grandi sforzi anche solo per poterli osservare…
I ricercatori devono ricorrere perciò a metodi indiretti, in questo caso primariamente due: uno antiquato e l’altro modernissimo. Per fortuna i panda defecano di continuo, e con tale regolarità che il numero prodigioso di escrementi da loro deposti fornisce un orologio adeguato per determinare il tempo che hanno trascorso in un qualsiasi luogo particolare.
Quando riconosciamo che la fonte principale di prove dirette su cui si fonda lo studio di Schaller & Co. sono questi impoetici cilindri marrone, piuttosto che l’animale stesso dal bel pelo, mettiamo forse in atto una sorta di definitiva detronizzazione del panda numero uno (quello della leggenda).
Schaller e il suo gruppo riuscirono poi a catturare sei panda e applicarono loro dei radiocollari…
Le informazioni ottenute in questo modo sui territori frequentati e sui bilanci energetici indicano che … durante la maggior parte della giornata (in realtà quasi per tutto il giorno), i panda non fanno assolutamente nulla che possa ispirare un interesse umano protratto. Fondamentalmente mangiano bambù nei loro periodi di attività (che coprono il 60% circa della loro giornata) e riposano nel restante 40%: espellendo al tempo stesso la grande massa di materiali non digeriti dall’uscita posteriore. Le altre attività – i vagabondaggi, la marcatura con odori e la toeletta personale – occupano solo l’1 o 2% di una giornata media. Qualcosa di più accade, ovviamente, nella stagione degli accoppiamenti; il supremo gioco darwiniano della trasmissione della propria eredità genetica alle generazioni future attiva di solito interesse, energie e (nella maggior parte dei casi di animali sessuati) lotte…
Eppure, in un certo senso, sono lieto che la vita dei panda sia così monotona rispetto alla nostra, poiché i nostri sforzi di conservazione hanno poco valore morale se noi conserviamo animali rari solo come ornamenti per noi; io sarò veramente impressionato quando mostreremo altrettanta sollecitudine per la sorte di rospi verrucosi e di vermi striscianti …
(Se perverremo ad ammirare i panda per quello che sono, e addirittura impareremo da loro alcune lezioni che la varietà della natura non tralascia mai di insegnare, capiremo infine, e col nostro massimo beneficio in termini sia pratici sia spirituali, quello che Thomas H. Huxley chiamò, nel linguaggio del suo tempo, «il posto dell’uomo nella natura».)
Noi riusciremo probabilmente a salvare la maggior parte delle grandi specie che ci interessano o che ci divertono (mentre perderemo – stiamo perdendo a ritmo accelerato – un numero grandissimo di organismi più piccoli, inosservati). Ma la salvezza non sarà la natura. I giardini zoologici stanno modificando la loro funzione da istituzioni di cattura ed esposizione a luoghi di conservazione e propagazione. Noi possiamo applaudire questa rivoluzione a livello concettuale, e ci rallegriamo del successo di un così gran numero di programmi di riproduzione. Eppure la quasi certezza che le specie più appariscenti – come il panda – sopravvivranno solo sotto il controllo dell’uomo mi riempie di tristezza. … Le categorie di “naturale” e “artificiale” rappresentano una dicotomia che raramente manca negli atteggiamenti umani. Un animale fuori dal suo ambiente storico appropriato non perde solo una casa. Quando la sunamita costruì una stanza per Eliseo e la dotò di un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, l’uomo di Dio le chiese: “Che cosa si può fare per te? Hai bisogno che si parli per te al re?”. Essa rispose che non aveva bisogno di nulla, perché viveva con grande soddisfazione: «Io vivo in mezzo al mio popolo» (2 Re, 4:13-14).
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