Disposizione del MCP (26/8/1938): «I giornali eseguano una costante revisione di tutte le fotografie di parate militari, passo romano, presentazione alle armi, sfilate giovanili e premilitari, pubblicando esclusivamente quelle dalle quali risultino allineamenti impeccabili.»
Il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop) è stato un ministero istituito dal governo fascista col compito di controllo sulla cultura e di organizzazione della propaganda.
Ma, vuoi forse per il mancato allineamento di alcune testate giornalistiche, oltre che dei militi, o forse per un aumentato senso estetico del MCP, passa poco e ci si deve ripetere:
Disposizione del MCP (5/4/1940): «Si è notato che molti quotidiani ed alcuni periodici illustrati pubblicano da tempo fotografie, e non sempre felicemente scelte, di reparti di truppe in armi, sia in occasione dl parate militari, che durante esercitazioni in campagna. Si prega, pertanto, di voler invitare la stampa quotidiana e periodica a rivedere con maggiore cura le fotografie militari, astenendosi dal pubblicare non soltanto quelle in cui i reparti siano presi alle spalle, ma anche quelle in cui non abbiano un atteggiamento ed un allineamento impeccabile, nonché quelle in cui i fucili di “present’arm” non siano in perfetto allineamento e quelle in cui i reparti non abbiano quell’atteggiamento marziale, che è proprio dei nostri soldati. Ai fini della selezione del materiale fotografico, dovranno essere preferite fotografie di materiali a quelle di truppe, salvo in occasione di importanti cerimonie militari o quando le truppe stesse siano impiegate per la messa in opera del materiale.»
Passano i decenni ma non cambiano di molto le pratiche dei governi. E così in Thailandia la giunta militare, non potendo far valere all’estero le draconiane leggi locali (se non come pressione su rifugiati thailandesi che hanno famigliari ancora residenti nel regno) ha deciso di rendere più difficoltoso l’ottenimento del visto di lavoro da parte dei giornalisti stranieri.
Febbraio 2016 – Il Ministero degli Esteri thailandese ha cambiato i termini per garantire il visto ai giornalisti stranieri che vogliono essere accreditati in Thailandia. Nel sito del ministero degli affari esteri si legge tra l’altro:
«I visti per i media esteri saranno emessi a chi lo richiede con i seguenti titoli:
…Non svolge un lavoro o ha un comportamento che indichi un possibile pericolo per la popolazione o che costituisce un disturbo per l’ordine pubblico o per la sicurezza del Regno. Su chi lo richiede non deve essere pendente un mandato di arresto dalle autorità competenti estere… Non ha mai commesso distorsione intenzionale delle informazioni…
Questa categoria di visti copre chi lavora nei campi di politica ed economia. Ulteriori documenti di sostegno dovranno essere presentati, su richiesta di chi scrive, in campi come l’intrattenimento, il divertimento, lo sport, la moda, il design e la religione.» (Prayuth chiede fedeltà anche ai giornalisti stranieri, Le Terre sottovento)
In Italia, ma anche in Turchia, invece …
«Venerdì notte la polizia turca ha fatto irruzione nella sede di Zaman, unico quotidiano libero e dunque antigovernativo rimasto in Turchia, che non a caso vende 650 mila copie, per assumerne il controllo su ordine del molto democratico presidente Tayyip Erdogan. I giornalisti e gli impiegati hanno tentato di resistere e si son beccati una raffica di proiettili di gomma e lacrimogeni. …
Domenica è uscito il “nuovo” Zaman: una bella foto di Erdogan in prima pagina, un titolone per celebrare la sua ultima grande opera, il nuovo ponte sul Bosforo, e vari articoli encomiastici sul presidente. …
In Italia, per fortuna, non sono necessari i blitz della polizia per trasformare i giornali in Pravde governative: provvedono essi stessi con gran lena e voluttà, con stomaci d’acciaio e soprattutto con gran risparmio di fatica, soldi, pallottole e lacrimogeni.
Prendete l’Unità: per vent’anni ha pubblicato articoli ferocissimi contro il Ponte sullo Stretto di Messina, progetto demenziale e criminogeno del governo B. che corona il sogno confederale di unire la ’ndrangheta e la mafia. Poi è bastato che Renzi lo facesse proprio e l’Unità se l’è fatto piacere un bel po’.
Siccome però Renzi, diversamente dallo statico Erdogan, è piuttosto mobile e cambia idea a ogni variazione del tasso di umidità, le sue Pravdine e i suoi palafrenieri sono costretti a contorsioni, evoluzioni e free climbing pressoché quotidiani.
Un mese fa, per dire, l’Unità e Repubblica sparavano a zero contro chi osava proporre lo stralcio della stepchild adoption dalla legge Cirinnà. Poi lo stralcio l’ha imposto Renzi e oplà, anche Unità e Repubblica gli han votato la fiducia: viva lo stralcio, abbasso la stepchild adoption! …
Per 65 anni l’Unità e per 37 Repubblica, con gran coro di giuristi, intellettuali e artisti, hanno difeso a spada tratta la Costituzione più bella del mondo dai golpisti gollisti, piduisti, craxiani e berlusconiani che volevano snaturarla in senso presidenziale mortificando il Parlamento.
Poi tre anni fa Napolitano e due anni fa Renzi decidono che è giunta l’ora di snaturare la Costituzione in senso presidenziale, mortificando il Parlamento e regalando un po’ di gioia agli ultimi mesi di vita di Licio Gelli. E allora il golpismo gollista-piduista-craxian-berlusconiano diventa la “grande riforma” che modernizza l’Italia.
Domenica abbiamo pubblicato il manifesto del No al referendum costituzionale scritto da Gustavo Zagrebelsky.
Ieri l’Unità – che nel 2006 guidava i Comitati del No alla controriforma di B., con Renzi sulle barricate – ha fatto manganellare Zagrebelsky da tal Carlo Fusaro, neodirettore dei Quaderni Costituzionali del Mulino (fondati, fra gli altri, da Zagrebelsky): “Estremista”, “fazioso”, “miope”, “demonizzatore” che “fa di tutta l’erba un fascio”. Già che c’era, Fusaro ha pure riabilitato Gelli da chi, come Zagrebelsky, demonizza il “presunto golpismo degli anni 70”, mentre com’è noto il sor Licio era un sincero democratico.
La conclusione è impareggiabile: “Di alcune tesi si potrebbe (si dovrebbe) pacatamente discutere: ma è l’impostazione del tutto, il senso di un pregiudizio profondo, ideologizzato e per nulla laico che lo rende pressoché impossibile. Peccato. Cercheremo altri con i quali discutere del sì e del no”.
Ecco, bravo, scegliti tu l’avversario. Perché non provi con Verdini?»
(Siamo tutti Zaman, Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2016)
Fonte immagini: parata militare, Ministero esteri Thai, Zaman.
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