(Asiablog.it) – I governi di Corea del Sud e Giappone hanno raggiunto uno storico accordo sulla questione delle donne sudcoreane che durante l’occupazione coloniale giapponese della Corea (1910-1945) furono costrette a lavorare come schiave del sesso in bordelli di stato per i militari nipponici.
Con 70 anni di ritardo, un primo ministro giapponese, Shinzo Abe, offrirà le scuse ufficiali del Giappone alla Corea del Sud.
Tokyo si impegna anche a finanziare un fondo da un miliardo di yen (circa 7,5 milioni di euro) destinato ad aiutare le vittime sudcoreane ancora in vita: 46 donne.
In cambio, la Corea del Sud rimuoverà la statua simbolo delle donne schiavizzate eretta da attivisti davanti all’ambasciata giapponese a Seul nel 2011.
“È l’inizio di una nuova era nei rapporti tra il Giappone e la Corea del Sud”, ha detto il ministro degli Esteri giapponese Fumio Kishida.
La questione delle ianfu (o comfort women, “donne di conforto”) è stata per decenni la maggiore fonte di attrito nelle relazioni tra i due paesi asiatici.
Il fenomeno delle schiave del sesso, uno dei molteplici crimini commessi dai fascisti giapponesi nel corso della prima metà del Ventesimo secolo, si diffuse all’inizio degli anni Trenta e continuò sino al 1945. Interessò, a seconda delle fonti, da 20mila a 400mila donne.
Sedotte da offerte di lavoro illusorie o semplicemente catturate come bottino di guerra, le donne venivano rinchiuse in bordelli dove i soldati di occupazione potevano utilizzare i loro corpi come meglio credevano.
La maggioranza delle schiave del sesso erano coreane e, in seconda battuta, cinesi. Preferite ad altre donne asiatiche per il colore più chiaro della pelle, le schiave coreane e cinesi venivano anche esportate nei paesi del sudest asiatico invasi dai giapponesi, dove erano costrette a lavorare in bordelli per giapponesi insieme alle schiave locali. Vennero schiavizzate anche centinaia di donne occidentali, in maggioranza olandesi e australiane.
Circa tre quarti delle schiave non sopravvissero a stenti e torture. Tra le sopravvissute, molte hanno contratto malattie veneree.