«Alexis Nouss è uno studioso di letteratura comparata. In questo libro, che tiene insieme critica letteraria e scienze sociali, afferma che i termini “immigrati” o “migranti” con cui indichiamo il gruppo di persone forse più rappresentativo del nostro tempo sono fuorvianti.
Per comprendere quanti lasciano il proprio paese per affrontare viaggi pericolosi verso luoghi in cui spesso non trovano una vita migliore, bisognerebbe piuttosto pensarli come esiliati. Cioè come persone che sono state costrette a partire e tuttavia non riescono a dimenticare nulla del passato da cui provengono.
L’urgenza di riuscire a tenere insieme i luoghi del passato e quelli del presente rende necessario agli esiliati narrare la loro esperienza attraverso diari e racconti che ricordano i classici.
È partendo da questo nodo che Nouss sviluppa la sua dimostrazione. Spiega che i paradigmi legati a nozioni come la migrazione, e anche l’asilo si ricollegano a una prospettiva che tende a inserire chi abbandona la sua terra in una categoria e dunque a stigmatizzarlo o, al limite, a compatirlo. Se gli attribuissimo la condizione di esiliato, considerando anzitutto la sua necessità di allontanarsi e usando un concetto che storia e letteratura ci rendono familiare, comprenderemmo meglio la sua condizione.»
(Alexis Nouss, La condition de l’exilé, Éditions de la Maison des Sciences de l’Homme – recensione di Giuliano Milani – Internazionale n. 1131)
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