Omaggio a Benedict Anderson, uomo senza nazione, che è venuto a mancare il 13 dicembre scorso.
Professore alla Cornell University e autore di Comunità immaginate, propose la sua visione della politica thailandese in un forum organizzato dalla Midnight University and the Faculty of Humanities of Chiang Mai University il 26 gennaio 2011.
«Mi è stato chiesto di esprimere, da “estraneo” quale sono, il mio punto di vista sull’attuale politica thailandese e ci proverò. Ma non sono sicuro del vero significato di “estraneo”.
Forse è solo una gentile sostituzione del termine farang, vale a dire un occidentale che conosce qualcosa della politica thailandese ed ha il vantaggio di vivere distante ma lo svantaggio di non essere costantemente e profondamente coinvolto?
L’implicazione è che il farang che scrive del Siam pensa in un modo molto differente dal Thailandese istruito. Ma ho la forte impressione che i giornalisti e gli studiosi farang di fatto sono fortemente dipendenti dalla loro controparte thailandese. D’altro canto, c’è Chris Baker, molto inglese, residente in Siam da tantissimo tempo, con un buon possesso della lingua, che scrive ottimi articoli sulla politica thailandese ed ha scritto assieme a Pasuk Phongphaichit i migliori testi sulla politica thailandese contemporanea. I due hanno anche pubblicato una monumentale traduzione inglese del Khun Chang Khun Paen. È giusto chiamarlo un “estraneo”?
Ma non ci sono anche milioni di cittadini del Siam che potrebbero essere considerati “estranei”?
Fatemi raccontare una breve storia.
Alcuni mesi fa parlai a lungo col tassista che mi stava portando a Ngong Ngu Hao (l’aeroporto Suvarnabumi). Aveva più di cinquant’anni e proveniva da Chinatown. Gli chiesi cosa pensasse di Thaksin, e la sua risposta mi sorprese.
“Thaksin è meraviglioso, lo sostengo al 100%”.
Quando gli domandai le ragioni, rispose:
“Thaksin è un Hakka come me. Sono i cinesi migliori: coraggiosi, duri, onesti e buoni lavoratori. Gli hakka erano i capi della grande ribellione Tai P’ing che conquistò il sud della Cina e quasi abbattuto la dinastia Manchu Ch’ing. I suoi nemici sono gli Hokkien, gli Hainanesi e i Teochiu. La famiglia di Abhisit è Hokkien con sangue vietnamita. Sonthi Liem [Limthongkul] è Hainanese. Gli Hokkien sono snob, falsi e pigri. Gli Hainanesi sporchi ed opportunisti. I Teochiu disonesti ed astuti.”
Quando gli chiesi dei Thailandesi, disse: “Sono accomodanti e spensierati. Pensano solo a mangiare e fare sesso.”
Alla fine io conclusi constatando come l’attuale politica thailandese fosse proprio come la politica Sam Rok (Il romanzo dei tre regni). E il tassista, annuendo, si mise a ridere.
Cosa pensano della politica thailandese i Malay del profondo sud o i Chao Le [popolazione di pescatori] o i Khmer dell’Isaan meridionale o la gente ordinaria tang jangwad [abitanti delle provincie interne]?
Ovviamente, di tanto in tanto, vengono effettuate delle rilevazioni statistiche ma la gente deve rispondere secondo categorie di pensiero ‘popolari’ tra i responsabili delle indagini statistiche. Non conosco nessuno che abbia provato a guardare la politica thailandese attraverso gli occhi delle minoranze, delle piccole città e della gente delle campagne.
Si potrebbe presumere che si sentano più “estranei” di quanto non siano i giornalisti o gli studiosi farang, specie quando si ricorda il punto di vista fortemente regionalista che è venuto alla superficie negli scorsi 15 anni, e la sfiducia diffusa e lo scontento verso Bangkok. Detto questo vediamo qualche mia opinione, forse sbagliata per qualcuno.
Uno dei migliori studenti che abbia mai avuto, Kasian Tejapira, ha descritto il sistema attuale come una “semi democrazia”. Questo è il modo più comune con cui gli “estranei” tendono a descrivere gli ordinamenti politici di Indonesia, Filippine e Malesia. Ma secondo me tutti questi stati, incluso il Siam, sono controllati, più o meno, da oligarchie, gruppi di famiglie che si intrecciano, i cui figli vanno alle stesse scuole, i cui affari sono interconnessi, che si sposano tra loro e condividono un insieme comune di valori ed interessi.
Il che non implica il fatto che non ci sia competizione tra di loro, talvolta anche in modo feroce. Né che siano profondamente esclusivi, sono abbastanza flessibili da assimilare varie specie di “semi-estranei”, ma solo alle proprie condizioni. Hanno persino un codice di condotta, come ad esempio per gli scandali sessuali, un elemento da non usare contro gli altri.
Un segnale evidente di oligarchia è l’assenza di una opposizione ben condotta e coerente; un altro esempio è il facile e rapido spostamento dei deputati tra partiti dicersi quando si forma una nuova coalizione. Ne Win era un giorno il braccio destro di Thaksin e il giorno dopo uno dei costituenti dell’attuale governo di Abhisit contro Thaksin.
Cruciale, per un’oligarchia che vuole aver successo, è l’astuto controllo del sistema elettorale. Dopo che l’Indonesia ebbe le sue prime elezioni libere, in seguito alla caduta di Suharto, elezioni esaltate come libere dalla stampa occidentale, incontrai per caso un anziano collega americano, specializzato nei sistemi elettorali e di fatto consigliere del governo indonesiano. Quando gli chiesi la sua opinione, scosse la testa dicendo: “Hanno il peggior sistema elettorale che mai conosca. Ma non è un caso, né un segno di stupidità. I leader politici sapevano esattamente cosa stavano facendo nella definizione delle leggi elettorali. “
Le oligarchie si possono individuare anche attraverso il linguaggio gerarchico che usano per generare legittimità. La parola chiave per scoprirle è “dare”. Il nonnista regime “darà” alla nipote nazione l’istruzione quasi gratuita, aiuti agli agricoltori, apparecchiature contro gli tsunami, prestiti poco onerosi, computer gratuiti per le scuole elementari, coperte e semi per gli arretrati gruppi etnici e così via.
Non sono un grande ammiratore dei sistemi politici americano e inglese, ma i cittadini di queste due nazioni credo troverebbero strano, se non addirittura insultante, se il Presidente o il Primo ministro affermassero di “donare” un milione di posti di lavoro. Ho paura che anche i migliori studiosi thailandesi non pongano ancora un’attenzione abbastanza approfondita al linguaggio dell’oligarchia thailandese.
Oggi in Indonesia troviamo spesso degli oligarchi che si lamentano che “rakyat masih bodoh” che vuol dire che le masse sono ancora stupide e ingenue. La frase fu coniata appena dopo l’indipendenza avvenuta circa sessanta anni fa, quando la gente pensava che questa stupidità, creata dal colonialismo, sarebbe presto scomparsa. Oggi gli oligarchi, senza alcuna vergogna, usano lo stesso linguaggio col chiaro significato che le masse saranno sempre stupide ed è questa la ragione per cui è sempre necessaria un’oligarchia dal cuore buono e dall’aspetto paterno.
Non deve granché sorprendere che questa attrazione per la gerarchia pseudo feudale sia abbastanza visibile tra le aspiranti classi medie, ma in questo caso, senza la parola “dare”.
Nel 1910 quasi un terzo della popolazione adulta di New York lavorava come cameriere, bambinaia, autista, guardia e così via. Venti anni più tardi, con la produzione di massa di utensili meccanici per la pulizia ed altri sviluppi tecnologici, queste mansioni erano svanite. Questo non è accaduto con le classi medie delle oligarchie del sudest asiatico che pur possiedono tutti i nuovi strumenti tecnologici. Le cameriere sono diventate uno status symbol e subiscono spesso abusi fisici, mentali e finanziari, da parte di madri o nonne della famiglia borghese – questo forse ci dice qualcosa della mentalità femminista della classe media riguardo le cameriere.
Nei vecchi tempi, gli aristocratici feudali consideravano la servitù come soggetto appartenente al loro entourage e spesso mantenevano relazioni di lungo corso. I genitori delle classie medie non considerano le cameriere come entourage, le pagano male e le licenziano regolarmente. Le cameriere sono considerate inaffidabili, false, ladre e pigre, persone in cui non si può aver fiducia.
Per più di dieci anni, ho fatto regali per il nuovo anno alle guardie, alle cameriere e al personale d’ufficio del condominio dove vivo. Consideravo normale che tutti gli altri abitanti il condominio stessero facendo la medesima cosa. Quest’anno ho scoperto che eravamo soltanto io e Charnvit Kasetsiri a farlo. Gli altri consideravano questa gente, i cui nomi raramente si prendono cura di sapere, come servi da non viziare. Viziare le persone è un comportamento riservato solo ai loro figli, spesso maleducati.
Quando si va nei ristoranti o nei centri commerciali, le persone della classe media chiamano le cameriere o il personale del negozio col termine “nong” [fratello o sorella più giovane] che potrebbe sembrare amichevole fino a quando si capisce ce non intendono imparare i nomi di questi nong e si arrabbierebbero a essere chiamati, a loro volta, “phi” [fratello o sorella più grande]. Le persone nelle università si rivolgono al pubblico che segue le conferenze col termine feudale “than” piuttosto che col termine amici o colleghi. Nel paese ci sono ancora khunyings e Thanphuyings che mi sembrano termini ridicoli considerando l’epoca in cui viviamo. Gli inglesi usano il termine fratello per indicare uguaglianza e solidarietà, ma la parola non può essere tradotta in thai, dove si deve usare i termini gerarchici phi / nong che implicano ineguaglianza e subordinazione. Si potrebbe anche sostenere che la gerarchia semi-feudale è profondamente radicata nella lingua thai.
Vediamo ora brevemente altri due importanti aspetti politici odierni, prima di concludere con alcune semplici osservazioni, che non vengono comunemente dette o scritte, sul futuro possibile.
Per primo il regionalismo. Chiunque sia stato alle grandi manifestazioni delle Camicie Rosse, nei primi giorni della scorsa primavera, avrà notato la predominanza di striscioni che indicavano nell’Isaan la provenienza dei manifestanti. Ma ad impressionarmi fu che la maggior parte dei manifestanti non erano giovani, uomini e donne non ventenni ma attorno alla cinquantina, se non più. Mi chiedo se questo sia mai accaduto prima in Siam. Perché accade questo, data la reputazione della regione per la massiccia compravendita del voto e del jaophor-ismo [sistema clientelare controllato da persone influenti locali]?
Secondo me solo la storia moderna può spiegare questo. Fino agli anni 70 l’Isaan era, politicamente parlando, di sinistra – il risultato della povertà e dell’essere Paak Klang [regione centrale] oltre all’atteggiamento umiliante di Bangkok. Il Partito Comunista Thailandese aveva lì la sua roccaforte.
Nelle elezioni, realmente democratiche, avvenute in Siam nel 1975, fu la sola regione ad eleggere deputati del partito socialista e del Palang Mai e la regione che soffrì maggiormente l’oppressione militare della dittatura di Sarit e dei suoi successori e che ha vissuto peggio di tutte il collasso del Partito Comunista.
Dopo il 1976, non ci furono più partiti politici di sinistra di qualche rilevanza. Quindi lo spostamento verso la vendita dei voti fu l’unico modo per ottenere dei piccoli benefici dal sistema elettorale controllato dalle oligarchie. I giovani di quegli anni ora hanno 50 o 60 anni e Thaksin ha ridato loro la possibilità di ritornare in politica oltre il semplice vendere il voto o il jao phor [il sistema dei padrini locali].
Centinaia di migliaia di giovani dell’Isaan si sono diretti al di fuori della regione per lavoro, a Bangkok o in altre parti. Persino Chinatown è forse più piena di gente dell’Isaan che di cinesi. Il sempre crescente potere dei mass media propone loro gli status symbol della società thailandese. Quando è stata l’ultima volta che si è vista una bellezza scura dell’Isaan in un film o in una fiction televisiva? La classe media consumistica di Bangkok è dominata da Luk Jin [discendenti di cinesi] così la loro immagine di bellezza è molto lontana da quella dell’Isaan, il look desiderato è quello del luk Jin o del luk krung, mezzo thai e mezzo occidentale.
La gente dell’Isaan è relegata alla sfera della commedia, della farsa, la sfera tradizionale dei servi.
Ma c’è anche altro riguardo al regionalismo dell’Issan. Durante le dimostrazioni delle magliette rosse, notai come oratori d’esperienza quali Nattawut e Jatuporn non hanno quasi mai parlato del Profondo Sud, che è trattato molto peggio dell’Isaan. Tutte le uccisioni a Bangkok, alcune causate da parte delle Camicie Rosse e molti di più dai militari, erano considerati sia dalle Camicie Rosse sia dai media come calamità nazionali. Nessuno ha detto che solo i morti a Tak Bai (2004) sono stati più numerosi delle uccisioni a Bangkok (2010), per non parlare del numero totale di morti nella guerra nel Profondo Sud nel corso dell’ultimo decennio. Il regionalismo dell’Isaan è focalizzato sui suoi guai e la classe media di Bangkok ancor meno si interessa del Profondo Sud. L’impressione è che, fin quando quel territorio resta “thailandese”, i musulmani malay locali debbano semplicemente scomparire.
Il secondo aspetto è la politica della classe media di Bangkok, o kratumpi [borghesia] yai [grande] e noi [piccola]. In Occidente una parte della mitologia del progresso e della democrazia attribuisce un ruolo fondamentale alla classe media, e questa leggenda è senza dubbio falsa. (È facile dimenticare che furono uccise più persone nelle settimane che ci vollero per distruggere la Comune di Parigi che durante tutta la rivoluzione francese.)
Non c’è dubbio che la comparsa, nel 19° secolo, di così grandi scrittori, pittori, poeti, architetti, sociologi e filosofi avvenne con l’acquisizione da parte della classe media del dominio culturale.
Il contrasto col Siam non potrebbe essere più stringente. Per quanto ne sappia, Bangkok deve ancora dare i natali ad un grande scrittore, o poeta o filosofo. È Khon Khaen e non Bangkok ad aver dato i natali a Apichatpong Weerasetakul che, nei suoi quarant’anni, è considerato internazionalmente tra i più grandi registi al mondo ed ha vinto la Palma d’oro di Cannes del 2010. Ci si sarebbe attesi che un artista di quel calibro divenisse oggetto di grande orgoglio da parte della borghesia sempre ansiosa di mostrare le sue credenziali internazionali. Ed invece no, la borghesia continua a fagocitare passivamente il ciarpame di Hollywood, le ripetitive soap opera cinesi, i video giochi d’importazione. La classe media di Bangkok, anche giudicando dalle pubblicità, è interessata al buon cibo, alla moda estera, agli alberghi di lusso, a fare viaggi costosi verso il lontano Oriente o l’Europa. È davvero difficile trovare una bella costruzione pubblica nella capitale thailandese, e non c’è alcun bel tempio che possa competere con il Wat Xian Thong di Luang Prabang.
La vergognosa diatriba su Preah Viharn è uno dei modi di nascondere ciò che dovrebbe essere noto a tutti: che in Thailandia non c’è una sola costruzione in grado di competere per bellezza con l’Angkor cambogiana, o il Borobudur di Giava, o Bagan in Birmania. Si può sospettare un complesso di inferiortà da parte di Bangkok. Ci vogliono due minuti a Preah Vihar per far capire ad una persona dotata di cervello che questa costruzione è una cosa Khmer e non Thai. Finisce che alcuni thailandesi non lo sopportano e decidono che deve essere “nostra”. C’è ben poco da aspettarsi da una classe media di una capitale di questo tipo. Una classe che sostenne timidamente le manifestazioni per la democrazia del 1973, ma poi voltò loro spalle nel 1976, ed ora esprime il suo rumoroso sostegno alla monarchia e alle Camicie Gialle. Direi che in questo modo la borghesia di Bangkok non è poi lontana da quella di Manila, Kuala Lumpur, Singapore e Giacarta: timida, egoista, ignorante, consumista e senza alcuna visione decente del futuro del paese.
Perché sia così è qualcosa che gli studiosi hanno appena cominciato ad indagare.
Mi ricorda il duro giudizio del primo ministro francese Clemenceau sugli USA, quando disse che gli USA sono progrediti dalla barbarie alla decadenza senza un periodo intermedio di civiltà.
Ed infine, guardiamo anche se timidamente al futuro.
Il grande marxista italiano Gramsci scrisse che “quando il vecchio rifiuta di morire e il nuovo sta lottando per nascere, appaiono i mostri.” Si riferiva all’arrivo al potere di Mussolini, ex socialista, dittatore populista di destra che inventò il fascismo e che tenne in prigione lo stesso Gramsci per molti anni. Vi chiedo di prendere in considerazione questa idea alquanto drammatica.
La mia timida sensazione è che il vecchio sta morendo anche se ancora si rifiuta di farlo. Quali sono gli indicatori a cui guardare?
Lo scorso anno il Bangkok Post notava come dieci anni fa c’erano ancora sei milioni di uomini thailandesi che indossavano gli abiti gialli, sia come monaci che come nen [novizi]. Oggi il numero è sceso a 1,5 milioni: una caduta del 75%. Senza dubbio questa drastica riduzione è in parte una reazione alla commercializzazione dei templi, i periodici scandali di tipo finanziario e sessuale e così via, affrontati indirettamente in un film già messo al bando, Naak Phrok. Ma c’è anche una connessione col sentimento della classe media per la quale, mandare anche se per poco i propri figli nei templi, è una perdita di tempo.
Conosco molti maschi adulti che non sono mai stati ordinati e non hanno nessuna intenzione di fare il monaco, anche se solo per qualche mese o settimana.
Alcuni mesi fa Ajarn Nidhi ha scritto un articolo degno di nota sul linguaggio usato dalle giovani donne e ragazze della città. Sostiene che queste giovani donne usano un linguaggio indecente, tipico dei giovani maschi, per insistere sul loro diritto all’uguaglianza e per rifiutare la gerarchia sessuale.
Non dubito che abbia in parte ragione, benché le mie limitate impressioni suggeriscano che questo linguaggio è più comune tra le ragazze quando sono tra loro che quando sono in gruppi misti. Ma potrebbe essere letto anche in modo più complesso. Le commedie occidentali, dove le donne usano lo stesso limitato linguaggio grossolano dei ragazzi, hanno probabilmente la loro influenza. Le soap delle TV di Bangkok mettono con regolarità al centro ragazze viziate urlanti che dicono qualunque cosa pur di scioccare o punire. Il cambiamento potrebbe riflettere sia la democratizzazione come pure un imbarbarimento del linguaggio pubblico.
Il codice del silenzio sul sesso dell’oligarchia venne interroto una prima volta da Ai Lerm [Chalerm Yubamrung] che costrinse il Generale Prem a lasciare il potere minacciando di chiamarlo ‘tut‘ [frocio] nel dibattito parlamentare. Anche se in realtà è stato Nattawut, il primo brillante oratore thailandese moderno, che apertamente attaccò Prem (e chi altro?) come “tut”, anche se la vita sessuale di Prem non aveva nulla a che fare con le sue manovre politiche.
Che quello di Nattawut fosse null’altro che un infrangere il codice del silenzio divenne chiaro durante il suo benvenuto, sul palcoscenico del Ratprasong, ad un simpatico adolescente krathoey [travestito] che era da poco diventato una camicia rossa, anche se il ragazzo, imbarazzato, confessò che il suo meraviglioso pua [marito] era un tahan [soldato]. Nattawut guidò l’applauso selvaggio e amichevole al giovane “tut”.
L’europa occidentale dal 18° secolo in poi, ha molti esempi di attacchi sessuali verso le classi dirigenti. Possiamo essere sicuri che tutte queste tendenze non scompariranno presto.
Democratizzazione vuol dire, sia che i phrai [le persone comuni] hanno il diritto di chiedere invece di aspettare che gli sia”dato”, sia che non si deve usare un linguaggio indecente contro le oligarchie. (Provate a guardare il linguaggio profondamente repulsivo usato dall’estrema destra verso Obama).
L’altro lato di questo sviluppo, enormemente accentuato dall’inarrestabile nuova cultura dei blog, cellulari, YouTube, Twitter, Facebook,ecc. è l’entrata in crisi del fulcro dell’oligarchia. Questo non è nulla peculiare del Siam.
Dagli inizi del ventesimo secolo, la monarchia in Europa si è trovata sotto l’enorme pressione seguita alla nascita dei giornali popolari. Tradizionalmente i monarchi erano considerate persone benedette da dio, col potere persino di curare le malattie dei propri sudditi anche solo imponendo le loro reali mani. Questo potere ha cessato di esistere in Inghilterra agli inizi del 18° secolo e in Francia due decenni dopo.
Emerse, alla fine, l’idea di una monarchia costituzionale e scomparve la vecchia aura magica del monarca. I re dovevano adattarsi alla nascita del nazionalismo dentro gli antichi imperi, che includevano tantissime nazionalità, identificandosi con una delle nazionalità e dovevano anche fare i conti con le nascenti borghesie. L’era del re dissoluto giungeva a termine anche grazie alla diffusione dei giornali. A questo modo nacque la monarchia borghese che rimpiazzava la monarchia feudale. La vecchia idea che la caduta di una dinastia significava la nascita di un’altra dinastia iniziò a scomparire. Tutti i monarchi europei cominciarono a rendersi conto che se fossero caduti nessuno li avrebbe rimpiazzati. La paura si fece reale tra il 1911 e il 1920 quando scomparvero varie dinastie reali al mondo, quali quella cinese, russa, austro ungarica, ottomana ed altre, insieme alla fondazione della Lega delle Nazioni. Solo nel vincente Regno Unito, col suo impero, la monarchia di Classe A riuscì a sopravvivere, e dovette essere quanto più borghese possibile. (Ma la monarchia senz’aura ha attraversato tempi amari visto che la sua tradizionale legittimazione si basava su quest’aura).
Nel Regno Unito questo genere di monarchia ha sopravvissuto abbastanza bene fino al matrimonio infelice del principe Charles con Lady Diana. La secolarizzazione della monarchia inglese implicava che i giornali, aiutati dall’informatica, mostrassero che entrambi erano adulteri.
Da allora Diana, almeno, aveva scoperto un modo per ottenere nuova fragile aura. Una vera e propria rappresentante della sua generazione, in compagnia di star del cinema e rockstar, anche più belle, più creative e più intelligenti di lei, che aveva in mano la mano vincente – aveva uno status regale che nessun cantante o star del cinema poteva vantare. Ma non aveva capito che mentre le celebrità dei media prosperano su scandali sessuali e simili, un membro reale non può farlo. Non si rese conto di come sia realmente effimera la celebrità. Funziona solo per il breve periodo di succeso di un film. Ha fatto un danno enorme alla monarchia britannica, ha avuto la fortuna di essere solo una principessa. Se avesse vissuto e fosse diventata regina, avrebbe potuto portare a termine la monarchia nel Regno Unito.
Possiamo imparare da questo.
Fonti: originale Prachatai, trudizione italiana Le Terre sottovento.
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