«Crea delle illusioni perfette e divertenti nelle quali non disdegna di mettersi in gioco – trasformandosi in un sacerdote illuminato o in un credibilissimo cosmonauta – e riesce a convincere i giornalisti, magari grazie a una foto, che dei chicchi di grandine di alcuni chili di peso sono caduti vicino a Barcellona.
Fontcuberta ha anche una grande cultura e con della spazzatura può ricreare delle piante rare che riunisce ‘scientificamente’ in un Herbarium, omaggio al grande Karl Blossfeld. Adora analizzare l’uso contemporaneo che si fa dell’immagine, come ha fatto riunendo centinaia di autoritratti postati su Facebook che la dicono lunga sui codici e le convenzioni contemporanei.
È capace di ridere di tutto, è un poeta, spesso devastante, al tempo stesso grave e leggero.
Naturalmente Fontcuberta è anche un insegnante formidabile e un grandissimo teorico che detesta sopra ogni cosa annoiare il lettore. È facile rendersene conto grazie al suo libro La (foto)camera di Pandora (Contrasto). Dopo averlo letto si può senz’altro dire di sapere qualcosa di nuovo e di aver passato qualche ora divertente.» (Il nemico della noia, Christian Caujolle, Internazionale)
«Inquadrare è il modo più semplice d’eliminare. Dopo tutto, non c’è obbligo alcuno di pubblicare una fotografia nella sua interezza. E il gesto del fotografo, di tutti i gesti artistici, è il più arbitrario.
Si ritaglia una finestra nel reale. Alcuni personaggi sono ripresi nell’inquadratura, altri no. Siamo già in presenza di una censura che potrebbe sembrarci insopportabile. Censura del reale che non ci viene mai proposto nella sua totalità. Ma questa è la legge della fotografia.
Tutti vi si sottomettono, volenti o nolenti. A meno d’inventare dispositivi, tagli, montaggi che demoltiplicano, nel tempo e nello spazio, l’atto fotografico. Intervengono poi il caso con i vincoli della stampa, dell’impaginazione, della riproduzione e della pubblicazione. La fotografia ne risulta quasi sempre penalizzata, e in nessun caso ne ottiene un vantaggio.
Possiamo immaginare che ogni fotografia pubblicata e ripubblicata, tagliata e ritagliata, analizzata nei periodici, nei libri e negli archivi esista con i suoi strati successivi di fuori campo, come bucce di cipolla.
Forse milioni di fotografie sono già in se stesse – senza comportare il minimo ritocco – delle fotografie falsificate, perché l’inquadratura che si è imposta al fotografo nasconde più di quanto riveli.
In ultima analisi, il lavoro del peggior ritoccatore rimarrà modesto se paragonato a questa frode universale che è, sin dalle origini, la fotografia.»
(da Commissariato degli archivi, Alain Jaubert, ed. orig. Bernard Barrault s.d., trad. It. Corbaccio, 1993 – in Le idee della fotografia. La riflessione teorica dagli anni sessanta a oggi, Claudio Marra – Ed. Bruno Mondadori)
Fonte immagine Fontcuberta: Deconstructing Osama, 2007 di Joan Fontcuberta
Fonte immagine Chompoo Baritone: Photographer zooms out to show the falsity of Instagram photos
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