Horace Roye (1906 – 2002), uno dei grandi fotoreporter anglosassoni del XX secolo e celebre pioniere del nudo femminile. La sua fama è legata alla realizzazione di immagini di nudo femminile in bianco e nero, che sono state spesso al centro di scandali con denunce alla magistratura britannica per oscenità. Roye cominciò a ritrarre donne nude in pose artistiche nel 1938 e, l’anno successivo, fu il primo fotografo a vedersi pubblicare una foto di nudo su un quotidiano britannico a tiratura nazionale (Daily Mirror).
«L’immagine fotografica può essere costruita di sana pianta e non aver alcun rapporto con la realtà. Nel 1942 il Foreign Office comanda al fotografo inglese Roye di realizzare l’immagine d’un soldato tedesco, che tiene due donne nude sulle proprie ginocchia e getta biglietti di banca a piene mani. La foto, commentata in giapponese, fu lanciata in milioni di copie sulle truppe nipponiche per mostrar loro il pessimo comportamento dei loro alleati.
Anche i trucchi permettono di mostrare un avvenimento, che non è stato possibile riprendere dal vivo.»
(da La fotografia e l’uomo, Jean A. Kein, Casterman, Parigi 1971, trad. it. Paolina, Roma 1974, in Le idee della fotografia. La riflessione teorica dagli anni sessanta a oggi, Claudio Marra – Ed.Bruno Mondadori)
«… subito vittoriosa al concorso Wildlife Photographer: 10 mila sterline. Peccato che presto siano sorti i dubbi, altro che lupo selvaggio!, il Natural History Museum e la Bbc, responsabili del premio, sospettano che l’ animale potrebbe essere stato allevato in cattività e la foto organizzata «in posa». Un falso d’autore, dunque, che va ad aggiungersi alla lunga teoria delle fotografie fintamente fuori dall’ordinario, e che spesso rischiano di rimanere sospese nella storia come lunghi gialli mai risolti.» (Il lupo che salta la staccionata, un falso d’autore)
«Ogni persona che si trova sul posto in un dato momento può essere testimone, ma ci sono dei buoni testimoni e dei cattivi testimoni: l’uno vede bene, l’altro guarda senza distinguere: l’uno riferisce in modo preciso quel che ha visto, l’altro è incapace di fare un racconto circostanziato. Né l’uno né l’altro possono far rinascere la scena passata; essi sono costretti a raccontare e, automaticamente, inconsciamente, ne danno un’interpretazione. L’immagine fotografica interpreta il reale per via di scelte successive fatte dalla macchina, dall’emulsione, dalla luce, dall’angolazione della ripresa, dall’istante, ecc. Due fotografi di fronte alla medesima scena prendono visuali diverse e ciò nel medesimo istante. Ciascuno vede e riprende a suo modo, interpretando una realtà che bisogna ritrovare a che talvolta è una rivelazione, perché l’apparecchio fotografico vede meglio dell’occhio nudo.»
(da La fotografia e l’uomo, Jean A. Kein, Casterman, Parigi 1971, trad. it. Paolina, Roma 1974, in Le idee della fotografia. La riflessione teorica dagli anni sessanta a oggi, Claudio Marra – Ed.Bruno Mondadori)
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