L’uomo ha sempre guardato il mondo vegetale per la sua varietà, bellezza e, soprattutto, per la sua utilità. Alcune piante, come il mais, la patata, la manioca, il grano oil riso, hanno varcato i loro confini naturali passando da un continente all’altro, spesso cambiando in meglio la vita dell’uomo sulla Terra.
E se per i thailandesi è diventato normale vedere un campo di peperoncino o di manioca, noi italiani non ci meravigliamo certo di un campo di pomodori o di riso. Oggi giorno la gente difficilmente si rende conto di questo millenario rimescolio globale di semi … ma anche di uomini.
In questo lungo viaggio molte piante hanno acquisito una nuova identità: la migrazione si è definitivamente trasformata in adozione, l’estraneo che diviene figlio.
Il frutto della pouteria campechiana, albero originario del Messico, è noto in italiano col nome di canistel o caniste ma, nei paesi di lingua spagnola ha vari altri nomi.
In Thailandia ufficialmente viene chiamato mon khai — ม่อนไข่, ma comunemente ha altri nomi.
Dalle mie parti viene chiamato lamut India – ละมุดอินเดีย, per distinguerlo dal lamut — ละมุด, che sarebbe la sapodilla (manilkara zapota), altra pianta originaria del centro America ed appartenente alla stessa famiglia delle sapotacee. Ma risponde anche al nome di lamut khamen — ละมุดเขมร (sapodilla cambogiana) e tho khamen — ท้อเขมร (pesca cambogiana). Insomma: un’origine indiana e/o cambogiana per un frutto arrivato secoli addietro dal Messico (forse passando per India e/o Cambogia?).
Il canistel contiene vitamina A e C, ferro, calcio e fosforo e pare sia una buona fonte di antiossidanti.
La dolce polpa del frutto, a differenza della sapodilla, è più asciutta e, se il frutto è immaturo, allappa maggiormente … mangiatelo solo ben maturo.
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