Indovino accusato di lesa maestà muore durante la detenzione
Un noto indovino, accusato in base alla legge di lesa maestà di false affermazioni sulla monarchia per beneficio personale, è morto durante la detenzione.
Il Gen. Paiboon Kumchaya, ministro della Giustizia, lunedì 9 novembre 2015, ha annunciato che l’indovino Suriyan Sucharitpolwong, alias Mo Yong, è morto nella sezione di custodia cautelare dell’11ª Divisione dell’Esercito in provincia di Nakhon Pathom, ad ovest di Bangkok.
Il ministro della Giustizia ha aggiunto che Mo Yong era stato portato all’ospedale della prigione dopo aver subito presentato gravi problemi di salute ed è deceduto venerdì 6. (Prachatai, 9 novembre 2015)
Sono nato e cresciuto in un ambiente talmente distante da maghi ed indovini che, le poche volte che ho avuto a che fare con ‘proseliti’ di questa ‘credenza’, le mie convinzioni (mi permetto di aggettivarle: razionali) non potevano che trovare conferma. Ovvio, un’autoconferma che non spostava di un millimetro le convinzioni del ‘credente’ che avevo dinnanzi. Ma mica posso pretendere di usare la logica con chi della logica se ne infischia. L’unica speranza per i ‘logici’ è che gli ‘illogici’ maturino … e ci vuole tanta pazienza.
Un giorno mi si presenta, in ufficio, un signore poco più che sessantenne, mi parla del suo lavoro (faceva l’indovino!), ed alla fine, che questo era lo scopo dell’incontro, mi chiede come meglio investire i suoi risparmi.
«Ma me lo dica Lei cosa fare. È Lei l’indovino.»
Sì, lo ammetto. Una risposta impertinente e poco professionale, anche perché la legge prevede che per dare consigli in ambito finanziario serve la qualifica di Promotore finanziario e, di certo, il signore non aveva il ‘patentino’. Ma, a mia scusante – per quel che vale – devo dire che era la prima volta che mi trovavo davanti un ‘sacerdote’ e non un ‘fedele’ e, come si suole dire: l’occasione fa l’uomo ladro.
Ma prendiamo atto che il povero Mo Yong questa non l’aveva proprio divinata anche se, a quanto pare, gl’indovini c’azzeccano solo col futuro degl’altri e del proprio futuro restano all’oscuro … come tutti, d’altra parte.
Ma, a parte il mestiere ed il destino del povero Mo Yong, il resto della notizia, riportata da Prachatai English, mette in luce l’attuale convulso momento storico in corso nel Regno di Thailandia.
«La morte dell’indovino arriva poco dopo quella di Pol Maj Prakrom W., un ispettore della Technology Crime Suppression Division, coinvolto nel medesimo reato e suicidatosi, per impiccagione, il 23 ottobre.
Suriyan, Prakrom, e Jirawong W., stretto collaboratore di Suriyan, erano stati arrestati il 21 ottobre.
I tre sono stati accusati dall’esercito thailandese ai sensi dell’articolo 112 del codice penale, la legge lesa maestà, per false affermazioni circa la monarchia thailandese al fine di sollecitare contributi economici, dai principali operatori del settore, partecipando all’organizzazione di “Bike for Mom”, una manifestazione ciclistica in onore di S.M. la Regina avvenuta il 16 agosto e l’imminente evento “Bike for Dad”, una manifestazione simile, in onore di S.M. il Re che si terrà nel mese di dicembre.
Domenica scorsa, la Divisione Legale del Comando delle operazioni di sicurezza interna (ISOC) ha presentato una denuncia di lesa maestà contro il Col. Kotchachat Boondee per il coinvolgimento nello stesso caso del defunto indovino.
Ma il Colonnello a quanto riferito sarebbe fuggito in Myanmar.
Il 16 ottobre, Naewna News Online, ha riportato voci secondo cui Suriyan era stato arrestato a casa sua, da funzionari di polizia, con l’accusa di aver violato l’articolo 112 del codice penale, la legge di lesa maestà, le voci dicono che sarebbe detenuto in isolamento da parte dei militari. Di certo è scomparso dalla scena pubblica.»
Gente che muore, si suicida, scompare dalla scena e frammista a folle, da Guinness dei Primati, che pedalano in onore della Monarchia. Una massa che ci viene proposta sempre sorridente, non per nulla questo è il Paese dei Sorrisi. Ma un sorriso che forse, oggi più di ieri, nasconde anche la paura.
Fonte immagine: The Guardian
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