«L’identità thailandese, che all’élite thailandese piace usare come arma contro gli altri, non è un prodotto naturale»
Matthew Phillips, un esperto di studi del sudest asiatico alla Aberystwyth University, dopo aver analizzato lo sviluppo dell’identità e della cultura thailandese, sostiene che gran parte di ciò che è stato promosso come identità e cultura thailandese dall’Autorità del Turismo della Thailandia (TAT), sin dalla fine degl’anni ’50 del secolo scorso, è stato inventato per i consumatori americani.
«Sono stati i consumatori americani ad indicare alla classe media urbana thailandese cosa valorizzare della cultura thailandese», ha affermato Phillips alla presentazione del suo libro, La Thailandia nella guerra fredda, avvenuta il 3 novembre al Tha Pracahan Campus dell’Università Thammasat.
Nel suo lavoro di ricerca Phillips ha elaborato un’analisi di come la classe media urbana thailandese, nel periodo del secondo dopoguerra tra il 1945 ed il 1963, abbia sviluppato un’ideologia del consumismo integrata nel “mondo libero” con al centro gli Stati Uniti, ideologia che poi è diventata il punto focale dell’allineamento politico Thailandia-Stati Uniti durante l’epoca della Guerra Fredda.
Phillips sottolinea come, a differenza di altri paesi del Sudest Asiatico i cui leader nel dopoguerra avevano tentato di mantenere la neutralità, la Thailandia divenne partner degli Stati Uniti sin dall’inizio della Guerra Fredda. L’assenza di atteggiamenti anti-coloniali contro gli occidentali (la Thailandia è l’unico Paese del sudest asiatico a non essere stata direttamente colonizzato, n.d.r.), accoppiati al fatto che i consumatori americani erano diventati più consapevoli della influenza del loro paese sulla scena mondiale, ha segnato la presenza americana a Bangkok negli anni ’50 del secolo scorso.
«Dopo la Seconda Guerra Mondiale, e compredendo l’epoca coloniale, gli Stati Uniti sono stati il partner estero più “invadente” del Siam», afferma Phillips citando A History of Thailand di Pasuk Phongpaichit e Chris Baker.
Utilizzando l’esempio di una copia del 1951 della rivista Vogue, in cui appaiono immagini di sete e gioielli thailandesi, con una modella occidentale che indossa un ‘Chada’, copricapo decorativo per spettacoli tradizionali Khon, Phillips sostiene che i consumatori americani cercavano di mostrare la loro consapevolezza globale attraverso i prodotti thailandesi. Ha spiegato, inoltre, che la rivista venne pubblicata nello stesso anno in cui Il re ed io, una commedia basata sul romanzo Anna e il Re del Siam, debuttò a Broadway: molti americani ebbero modo di conoscere la Thailandia per la prima volta attraverso quella commedia.
Jim Thompson, una famosa marca di seta tailandese, è un altro esempio eccellente che Phillips utilizza nel libro per illustrare come l’artigianato thailandese abbia messo piede sulla scena mondiale, durante il periodo della guerra fredda, anche attraverso questa misteriosa figura di “stilista”.
In definitiva gli americani chiedevano prodotti thailandesi e molti di loro viaggiavano per il paese alla scoperta della cultura e dell’identità thailandese durante il governo del Feldmaresciallo Sarit Thanarat, dittatore militare tra il 1958 ed il 1963, che cementò l’alleanza tra Thailandia e Stati Uniti a fine anni ‘50. Proprio Sarit istituì el 1960 l’Autorità del Turismo della Thailandia (TAT) per promuovere il turismo, ma soprattutto per informare il popolo thailandese su “come essere Thailandesi” agli occhi degli stranieri.
«Quindi, in particolare attraverso la costituzione della TAT, egli [Feldmaresciallo Sarit] riuscì a creare l’idea che ciò che è prezioso della cultura tailandese è quello che vogliono gli americani», afferma Phillips.
La scelta di fare del “mercato galleggiante” uno dei luoghi più rappresentativi della Thailandia, per esempio, ha comportato per la TAT l’impegno di istruire il popolo thailandese su quale doveva essere il comportamento da tenere nell’accogliere ed accompagnare i turisti americani nelle loro visite al suddetto mercato galleggiante. In altre parole, la TAT insegnava al popolo thailandese a comportarsi come un ambasciatore della Thailandia per i turisti americani.
Questo impegno è continuato per tutto il periodo della Guerra Fredda dando luogo allo sviluppo di talune «identità culturali come se fossero qualcosa di intrinseco al modo di essere Thailandesi», riassume Phillips.
L’accademico ha aggiunto che, d’altra parte, gli americani che viaggiavano in Thailandia a quei tempi erano stati educati in modo simile: si dovevano comportare come se fossero ambasciatori degli Stati Uniti. Questo atteggiamento, e la tendenza ad acquistare prodotti thailandesi, come la seta di Jim Thomson da tessitori di seta del nord-est, è stata una mossa “geopolitica” per spingere la Thailandia in un “abbraccio sentimentale” con gli Stati Uniti durante la Guerra Fredda.
Alla presentazione del libro, Prajak Kongkirati, noto politologo della Thammasat University, ha affermato che «l’identità thailandese, che all’élite thailandese piace usare come arma contro gli altri, non è un prodotto naturale».
L’accademico thailandese ha sostenuto che l’identità tailandese è più che altro un complesso prodotto ibrido concepito inizialmente nel corso della Guerra Fredda come merce per il consumo.
«È interessante notare come l’élite thailandese pro-USA che ha adottato questa identità e cultura thailandese ora ha voltato le spalle agli Stati Uniti, seguendo le circostanze politiche attuali», ha aggiunto Prajak.
Prajak ha anche scherzosamente aggiunto che, se oggi l’acquisto delle sete di Jim Thomson non sembra più essere autenticamente thailandese, la gente può sempre comprare dei souvenir dai Royal Projects, che sono promossi come oggetti artigianali delle hill tribes della Thailandia (le minoranze etniche che vivono nelle aree collinari più remote del Paese).
Testo ed immagine: Prachatai
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