Nell’ultima sessione di Q&A Mark Zuckerberg ha risposto alla domanda, ormai classica, del perchè Facebook non introduce un pulsante “Non mi piace” (“Dislike” in inglese).
A sorpresa il fondatore e Ceo di Facebook ha rivelato che, per andare incontro alle richieste dei tanti utenti che vorrebbero avere la possibilità ti cliccare qualcosa di diverso rispetto a “Mi piace”, l’azienda californiana sta per lanciare un nuovo pulsante: «Ce lo chiedevate da tempo e abbiamo deciso di ascoltarvi».
Zuckerberg ha ammesso che cliccare “Mi piace” non è sempre appropriato per tutti i tipi di post. Ad esempio, quando gli utenti vogliono esprimere empatia per una notizia negativa o un evento drammatico, spesso non sanno se cliccare “Mi piace” (che rischia di essere inteso come un “questa notizia negativa mi piace”) o non cliccare nulla (che rischia di essere inteso come un “questa notizia non mi interessa”). Da tempo Facebook sta lavorando ad un sistema che permetta agli utenti di risolvere questo impasse ed ora la soluzione sembra essere in dirittura d’arrivo.
Ma il nuovo pulsante non sarà esattamente un “Non mi piace”, ha aggiunto Zuckerberg. «Non vogliamo trasformare Facebook in un forum dove gli utenti votano pollice sù o pollice verso agli aggiornamenti di stato degli altri».
Questo significa che, in realtà, un pulsante “Non mi piace” uguale e opposto al pulsante “Mi piace” probabilmente non esisterà mai.
Il motivo è semplice. Il successo di Facebook è creato dagli utenti – un miliardo e mezzo di persone – che passano in media mezz’ora al giorno sul sito scrivendo post e condividendo foto, e dunque creando contenuti… il tutto gratuitamente. Perché lo fanno? Perché fotografi e giornalisti chiedono di essere pagati per pubblicare foto o articoli, mentre gli utenti Facebook lo fanno gratuitamente? Sostanzialmente, questo esercito di lavoratori non pagati lo fa perché farlo è un passatempo, diverte, crea senso di appartenenza e di riconoscimento.
In altre parole, pubblichiamo un post, una foto, un commento proprio come in passato – e oggi sempre meno – si chiacchierava al bar o si invitavano gli amici a casa a vedere le foto del matrimonio o dell’ultima vacanza. Creiamo contenuti su Facebook, spesso, nella speranza, conscia o inconscia, che i nostri amici li notino, li leggano, e magari clicchino “Mi piace”. Quel “Mi piace” si traduce per il nostro ego nella convinzione che non siamo trasparenti, che qualcuno ci vede, ci legge, ci vuole bene. Che la nostra opinione conta qualcosa. Che apparteniamo a una famiglia, a una comunità, a un gruppo. Che non siamo soli. Che siamo importanti.
Introdurre un pulsante “Non mi piace” sarebbe pericoloso. Permettere agli utenti di lasciare un feedback negativo ai nostri post o alle nostre foto rischierebbe di trasformare questa esperienza positiva e appagante, che è una delle ragioni del successo di Facebook, in un’esperienza negativa e rischiosa. Se da domani dovessero apparire dei “Non mi piace” ai nostri post finiremmo per pensare che forse quello che abbiamo scritto non era poi così intelligente. Forse l’articolo che abbiamo condiviso non era così interessante. Forse la foto che credevamo stupenda, o almeno carina, è invece mediocre, bruttina, banale.
Dopo questa esperienza negativa, prima di condividere la prossima foto, articolo o opinione ci penseremo due volte. Questo significa che utilizzeremo Facebook meno di oggi, che Facebook avrebbe meno contenuti, e dunque che il valore di un’inserzione pubblicitaria su questo sito calerebbe. E che i 3 miliardi di dollari netti di guadagni annui dell’azienda americana si ridurrebbero. Ecco spiegata la ragione per la quale Facebook, in 11 anni di attività, non ha ancora introdotto il pulsante “Non mi piace” e difficilmente lo farà mai.
E allora, di cosa parla Zuckerberg? Che pulsante sta per arrivare?
Con ogni probabilità il nuovo pulsante non servirà per dire “Non mi piace” – ma servirà per esprimere empatia. Sarà il pulsante da cliccare quando i nostri amici condividono post tristi, notizie di cronaca nera, morti, terremoti e tsunami.
Dunque, quello che sta per arrivare non è un pulsante “Non mi piace”, ma un pulsante “Mi dispiace”. Uno strumento in più per comunicare in modo positivo, per restare in contatto senza irritarsi a vicenda, per creare una comunità, e per continuare a ‘lavorare’ gratuitamente per Facebook.
Ecco la verità.un’analisi estremamente obiettiva sull’utilizzo di facebook.Poveri internauti cosi legati ad una espressione di esistenza virtuale da non comprendere piu la realtà….quella vera,dei contatti umani,del sociale.Grande analista zuckerberg ha saputo sfruttare la debolezza del popolo nel 21°secolo.La comunicazione sociale si sta riducendo sempre di piu.Ravvedetevi gente…ravvedetevi!!!!!!!!!