Costituzione militare bocciata con 135 voti contro 105: le elezioni si allontanano.
E così la ventesima Costituzione thailandese, per ora, non vede la luce. Il Consiglio per la Riforma Nazionale (National Reform Council) – organo costituente istituito dalla giunta militare al potere -, ha prima affidato ad un comitato interno il compito di redigere il nuovo testo e poi, in sessione plenaria, lo ha bocciato senza appello: 135 voti contrari contro 105 a favore.
Probabilmente in una democrazia (anche imperfetta) un evento del genere avrebbe provocato le immediate dimissioni del governo che ha stralciato la precedente Costituzione ed avviato il presente processo di riforme politiche ed istituzionali. Ma, ovviamente, questo non accade in un regime militare, che già fa sapere che il voto di ieri regalerà alla giunta golpista almeno quattro ulteriori mesi di potere.
Se da una parte questo voto significa che i thailandesi dovranno sorbirsi il regime del Generale Prayuth Chan-ocha, capo della giunta e del governo, per lo meno fino alla seconda metà del 2016, dall’altra risulta interessante capire perchè gli uomini in divisa cooptati nell’organo costituente hanno deciso di respingere la bozza.
Secondo la stampa thailandese, persino una dozzina degli oltre cento militari inseriti nella costituente ha votato contro un articolo molto controverso, ma fortemente voluto da Prayuth e dagli altri pezzi da novanta del regime, che prevedeva l’introduzione di un “Consiglio Nazionale per la Riconciliazione e le Riforme Strategiche” (National Strategic Reform and Reconciliation Committee, NSRRC), un organismo non elettivo, in qualche modo simile al Consiglio dei Guardiani della Costituzione iraniano, che andava ad affiancare i futuri governi elettivi con poteri superiori agli stessi.
Difficile credere, pur in presenza di qualche pubblica protesta, in un empito democratico dei militari. Probabilmente sono altre le sottili motivazioni della bocciatura, vale a dire un messaggio tutto interno al ‘potere’ diviso in fazioni che, più o meno, si riflettono nella (sospesa) classe politica nazionale.
La storia della “democrazia alla thailandese” – eufemismo che descrive il processo di democratizzazione della Thailandia – è ritmata da colpi di stato militari che aprono la strada a dittature di generali, feldmarescialli o colonnelli che stralciano una Carta costituzionale per scriverne una nuova.
In un Paese piagato da una ventina di golpe in otto decenni, inserire nell’architettura costituzionale un organo con le funzioni ed il potere del NSRRC risulterebbe nella normalizzazione costituzionale degli interventi e delle ingerenze militari in politica. Dare vita ad un organismo extra-democratico o “golpista” direttamente all’interno di istituzioni nominalmente democratiche è chiaramente un’operazione conservatrice volta a mettere le catene ad ogni tentativo di democratizzazione del Paese.
Ad ogni modo, anche se appare difficile capire come il NSRRC possa contribuire a “riconciliare” il Paese, è possibile che un organismo del genere possa effettivamente – e queste paiono essere le intenzioni dell’Establishment – riuscire a mantenere un minimo di stabilità politica ed evitare in futuro di tornare ad utilizzare soldati, cecchini e carri armati per le strade della capitale. D’altronde non è un segreto che i militari sono giunti recentemente alla conclusione che queste tattiche novecentesche di violenza di stato, già riproposte varie volte nel corso dell’ultimo decennio, lungi dal risolvere le lotte sociali e le differenze politiche hanno invece peggiorato la polarizzazione ideologica del paese e resuscitato il movimento democratico sconfitto con il Massacro del 1976, senza menzionare che golpe militari e stragi di civili sono metodi politici sempre più malvisti dalla comunità internazionale e dall’industria del turismo dalle quali la Thailandia dipende.
In questo contesto storico, la bocciatura, per alcuni inaspettata, della bozza costituzionale, mette allo scoperto la divisione interna al “potere” tra i nuclei elitari che rappresentano gli interessi di militari, aristocratici, burocrati e capitalisti.
L’unico dato a tutti noto è la ripartenza di tutto il processo di riforma nazionale nel medesimo, seppur incrinato, quadro militare-politico dove tutto pare procedere per inerzia, se non sospeso. Par quasi che serva un colpo di stato nel colpo di stato per veder muovere qualcosa. Chi amministra il potere sembra un vecchio e stanco bufalo che non riesce ad uscire dallo stagno in cui è inpantanato.
Intanto i sudditi del Regno di Thailandia aspettano, più o meno pazientemente e coscientemente. Al momento è proibito votare, manifestare o anche organizzare convegni per discutere il processo costituente. I cittadini non hanno dunque la possibilità di decidere o influenzare le sorti del proprio Paese. Ora sono stati informati che non dovranno ingoiare il boccone avvelenato della nuova Costituzione che avrebbe sancito lo strapotere dell’esercito, ma l’attuale dittatura militare si prolunga a tempo indefinito.
Per ora, quindi, continuano a valere solo tre regole⁽ⁿ⁾:
Prima regola: c’è sempre una vittima.
Seconda regola: cerca di non essere tu.
Terza regola: non ti scordare la seconda regola.
⁽ⁿ⁾Le tre regole si trovano in un libro di Efraim Medina Rejes, C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo, e mi scuso con l’autore, che parla d’amore, per l’uso politico della citazione. E mi scuso anche per tutta questa libertà che mi son preso … in fondo พูดเล่น (pud len, si scherza).
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