Prima parte dell’articolo: Interrupted normalcy of everyday lives in Thailand’s restive Deep South, di Thaweeporn Kummetha, pubblicato da Prachatai English.
I frequenti posti di blocco militari sono l’esempio di un elemento inizialmente invadente che è diventato comune nella vita quotidiana del profondo sud.
Questi posti di blocco ostruiscono un’intera corsia della strada e le auto vengono incanalate nella corsia libera. Ai posti di blocco viene esposto un grande cartello con le indicazioni delle procedure da seguire: “accendere le luci interne dell’auto e abbassare i finestrini”, in modo che i militari possano vedere chiaramente all’interno del mezzo.
Se il passeggero appare di etnia thailandese o cinese, i soldati fanno cenno di proseguire senza doversi fermare. Invece, se il passeggero appare malese musulmano, viene sottoposto ad un interrogatorio da parte dei militari. Gli si domanda: chi è, da dove viene, dove sta andando e perché, ecc.
Questo tipo di interrogatorio, ovviamente, viene fatto con l’obiettivo di catturare “i banditi del sud“, una definizione comunemente utilizzata dai media tradizionali thailandesi quando si parla dei militanti malese-musulmani.
I malesi del profondo sud ricorrono alla loro naturale ironia per mettere in luce situazioni quotidiane che avvengono ai posti di blocco.
Un amico mi ha raccontato la storia di quando stava attraversando, di notte, un posto di blocco. Lui guidava ed un amico dormiva sul sedile del passeggero. Quando il militare del posto di blocco gli chiese: “Quante persone ci sono nell’auto?”. Lui rispose: “Sto guidando da solo”. Il militare sbiancò in viso ma poi gli disse di proseguire.
Il mio amico ha raccontato anche altre storie divertenti:
Militare: Dove vai?
Autista malese (col volto serio): A Tae Hae Bong.
Militare: Ho capito, procedi.
Nella lingua malese locale, “tae hae” significa “collocare o preparare“, mentre “bong” significa “bomba“. Un’altra.
Militare: Dove stai andando?
Autista Malese (impassibile): A Baga Goloh.
Militare:Va bene, vai.
Nel lingua malese locale, “baga” significa “bruciare” e “goloh” significa “scuola“.
Ma questo scherzare spensierato ed ironico non è altro che una tregua temporanea dalla realtà.
I posti di blocco militari esistono a causa delle decennali violenze di cui è vittima la regione, così come la discriminazione etnica nei confronti di tutti i malesi definiti come “banditi del sud” che mettono bombe e bruciano scuole.
Stereotipi etnici negativi e discriminazione sono uno dei problemi più radicati del profondo sud.
Anche se la politica che vietava nelle scuole l’insegnamento di lingue diverse dalla Central Thai [la lingua Thai ufficiale viene chiamata Siamese o Central Thai- ndt] -avviata dall’ex primo ministro Feldmaresciallo Plaek Pibulsonggram- è stata abrogata più di 70 anni fa ed in questo momento lo stato thailandese ha iniziato a promuovere la lingua e la cultura melayu, de facto le iniziative da parte dei funzionari della sicurezza nazionale sembrano aver bloccato tutto da tempo. Gli agenti della sicurezza non solo effettuano perquisizioni ai mezzi di trasporto dei soli thailandesi di etnia malese, ma raccolgono e compilano, arbitrariamente, anche informative sul DNA dell’etnia malese come misura preventiva contro la violenza.
Mentre i colloqui di pace tra il movimento degli insorti e lo stato thailandese si muove in aree tecniche e scientifiche, continua la vita quotidiana nel profondo sud – che include malesi musulmani, sino thai e thai buddisti -, interrotta da discriminazioni quotidiane e da esercizi di potere dall’alto.
Alcuni giovani del posto stanno affrontando il problema del bisogno di pace e di reciproca comprensione a livello di base, il livello di tutti i giorni, idea che può essere promossa studiando la storia locale.
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