650 milioni di euro sul conto corrente del primo ministro: 65mila malaysiani protestano in piazza
KUALA LUMPUR (Asiablog.it) – Slogan, canti, balli, comizi e tante magliette gialle nei due giorni di protesta nel centro della capitale Kuala Lumpur per chiedere le dimissioni del primo ministro, Najib Razak, accusato di corruzione. Bersih 4.0 è la quarta manifestazione organizzata dal gruppo “Bersih”, che in lingua malese significa “pulito”, dopo quelle del 2007, 2011 e 2012. Bersih, che ha come simbolo il colore giallo, è una coalizione di decine di organizzazioni non governative che chiedono elezioni libere e trasparenti e di porre un freno alla dilagante corruzione politica.
CLAN NAJIB – Secondo gli attivisti di Bersih il simbolo della Malaysia da cambiare è Najib Razak. Primo ministro dal 2009, Najib appartiene alla famiglia politica più importante del Paese. Suo padre è stato il secondo primo ministro della Malaysia, che ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1957, e suo zio è stato il terzo. Entrato in parlamento a soli 23 anni, Najib ha ricoperto tutti i ruoli più importanti nello United Malays National Organisation (Umno), il partito che ha guidato ininterrottamente il Paese dal momento dell’indipendenza, e poi a livello istituzionale.
1MDB – La posizione di Najib alla guida del paese è stata fortemente indebolita ad inizio giugno in seguito alla pubblicazione di un’inchiesta del Wall Street Journal. Il giornale di New York ha rivelato che circa 700 milioni di dollari (650 milioni di euro) sarebbero stati versati da un fondo statale denominato 1Malaysia Development Berhad (1MDB) direttamente in uno dei conti correnti personali del primo ministro nel 2013. Secondo l’articolo, Najib non si sarebbe solamente appropriato di un’enorme somma di denaro pubblico, ma avrebbe gestito il 1MDB, un fondo creato nel 2009 per trasformare Kuala Lumpur in un centro finanziario mondiale, in maniera totalmente inefficiente e clientelare, tanto che alla fine del 2014 i debiti contratti da 1MBD ammontavano a circa 10 miliardi di euro.
MISTERIOSA “DONAZIONE” – Inizialmente Najib ha negato i fatti ed ha minacciato di querelare il giornale statunitense. Dopo pochi giorni ha cambiato versione: l’ingente somma di denaro è effettivamente finita nel suo conto corrente, ha spiegato Najib, ma si tratterebbe di una “donazione” proveniente da anonimi individui mediorientali che nulla ha a che fare con l’1MDB. Inoltre quei soldi, ha aggiunto il primo ministro, sarebbero stati utilizzati per il bene del popolo e non a scopo personale. Ad oggi Najib non ha ancora querelato il Wall Street Journal né ha chiarito chi e perchè avrebbe “donato” i 700 milioni di dollari, una cifra equivalente al costo della campagna elettorale per la rielezione di Barack Obama del 2012.
PIAZZA PULITA E CENSURA – Nelle settimane successive lo scoppio dello scandalo, Najib ha licenziato il vice primo ministro e quattro ministri che avevano avanzato criticate o chiesto spiegazioni, mentre le autorità giudiziarie hanno sospeso due giornali e oscurato il sito internet di un terzo giornale che si era particolarmente occupato dello scandalo. Il tentativo, sostanzialmente fallito, di soffocare lo scandalo ha invece ulteriormente irritato i cittadini, che negli ultimi mesi hanno anche criticato il governo per l’introduzione di una imposta sul valore aggiunto, la GST, la rapida svalutazione della valuta nazionale, il ringgit, piombata al livello più basso degli ultimi 17 anni, e il generale peggioramento dell’economia nazionale.
“BERSIH ILLEGALE, IMMORALE E ANTI-PATRIOTTICA” – Nei giorni precedenti la protesta di piazza le autorità hanno dichiarato “illegale” la manifestazione ed hanno vietato ai cittadini di indossare abiti di colore giallo – il colore simbolo di Bersih – o distribuire materiale stampato ad esso collegato. Il sito web del movimento è stato bloccato. Il giorno precedente la protesta, che arriva a ridosso dell’annuale festa dell’indipendenza del 31 agosto, Najib ha accusato i manifestanti di essere poco patriottici: “Hanno veramente così poco amor di patria? Non capiscono che il Paese è stato forgiato sul sudore e sul sangue dei nostri combattenti per la libertà?” Insieme alla carta nazionalista, il regime ha giocato anche quella religiosa, con il principale quotidiano in lingua malay del Paese, l’Utusan Malaysia, di proprietà del partito di governo, uscito in edicola con in prima pagina il titolo “Haram! Haram! Haram!” nell’intento di sostenere la tesi che, per un buon musulmano, manifestare contro il governo sarebbe proibito.
CONTRO CORRUZIONE E CENSURA – Gli organizzatori della protesta hanno risposto alle accuse lanciate da governo e media di regime ribadendo che la manifestazione è invece un’azione legale, morale e patriottica. “I cittadini intendono esprimere la loro condanna verso uno dei più gravi grandi scandali di corruzione della storia del Paese”, ha dichiarato la sino-malaysiana di religione musulmana Maria Chin Abdullah, leader di Bersih. La donna, nota attivista per i diritti umani, ha anche condannato i gravi attacchi alla libertà di stampa e di parola operati dal governo presieduto da Najib: le misure del governo sarebbero in sostanziale violazione della Costituzione della Malaysia, che nell’Articolo 10 riconosce la libertà di parola, riunione ed associazione.
TENSIONI ETNICHE – La manifestazione svoltasi sabato 29 e domenica 30 ha visto la partecipazione, secondo gli organizzatori, di 200-300mila persone; 25-30mila secondo la polizia. In piazza si sono visti cittadini di ogni classe ed etnia, anche se i sino-malaysiani, che costituiscono circa il 25% della popolazione, erano presenti in maniera più massiccia rispetto ai malay, che contano circa la metà dei 30 milioni di cittadini della Malaysia. In un Paese dalle fortissime e facilmente strumentalizzabili tensioni etniche, tanto è bastato ad alcuni politici della maggioranza per bollare la manifestazione come “un’azione sovversiva cinese” o un complotto giudaico-occidentale.
IL GRANDE VECCHIO – E’ per questa ragione che l’adesione più importante è stata quella di Mahathir Mohamad, storico leader dell’Umno ed ex premier della Malaysia dal 1983 al 2001, che ha compiuto un clamoroso gesto politico visitando i manifestanti nella serata di sabato. Il 90enne Mahatir, ex avversario di Bersih, ha chiesto al parlamento un voto di sfiducia contro Najib, suo ex delfino, accusandolo di incompetenza ed abuso di potere per aver affossato l’indagine giudiziara relativa allo scandalo della misteriosa “donazione”.
Secondo Freedom House, la Malaysia, terza economia del sudest asiatico, è un paese “parzialmente libero”. A febbraio il leader dell’opposizione, il 67enne Anwar Ibrahim, è stato condannato a 5 anni di galera per sodomia.