Dopo la bomba a Bangkok, tutto quel che abbiamo visto è una indagine caratterizzata da incoerenza e incompetenza
Articolo di Lee Jones* per New Mandala, August 21, 2015
«Per quanto comprensivi si possa essere nei confronti del popolo tailandese e delle vittime dell’attentato di questa settimana al santuario di Erawan di Bangkok, dobbiamo anche riconoscere che la risposta delle autorità thailandesi sta trasformando la tragedia in farsa.
La serie di affermazioni contraddittorie provenienti dalla polizia e, in particolare dall’illegale e incompetente dittatore, generale Prayuth Chan-ocha, suggeriscono un grave disordine interno, il che pone seri dubbi sulle capacità di poter catturare gli autori dell’attentato.
Ci sono state almeno tre principali fonti di confusione. La prima è la nazionalità dell’autore. Inizialmente, le autorità hanno sostenuto che fosse presumibilmente thailandese: Prayuth ha immediatamente collegato l’attentato agli ‘oppositori’, cioè le camicie rosse, gruppo la cui roccaforte è nel nordest della Thailandia. Il portavoce del regime ha però rapidamente smentito, dicendo che gli attentatori potrebbero essere stranieri.
Dopo l’uscita dei filmati (poco chiari) delle telecamere di sicurezza che mostrano una persona con una t-shirt gialla lasciare uno zaino al santuario, la polizia ha subito dichiarato – senza motivazioni apparenti – che cercavano un uomo “caucasico” o dalle “sembianze araba” (sic).
Tuttavia, il consigliere del vice primo ministro per la sicurezza ha in seguito dichiarato che non era nemmeno chiaro se la persona fosse un uomo o una donna. La pubblicazione dell’identikit conferma a quanto pare il suo sesso, maschile, ma certamente non la sua origine etnica. Difatti la polizia ammette anche che potrebbe essere un thailandese sotto mentite spoglie.
In secondo luogo, quanti attentatori c’erano? La polizia inizialmente ha dichiarato che l’uomo in t-shirt gialla era “non solo il sospetto: ma con certezza colui che ha piazzato la bomba”. Ora invece dicono che sono solo “sicuri più del 50 per cento”.
Successivamente hanno dichiarato di aver identificato grazie al filmato altre due complici. Ma immediatamente dopo hanno fatto marcia indietro, asserendo che successive riprese dimostrano la loro innocenza, poiché avevano reagito ‘da femminucce’ all’esplosione – veramente una deduzione degna di Sherlock Holmes. (I due uomini terrorizzati, più tardi, si sono presentati alla polizia e sono stati rapidamente cancellati dalle indagini).
Anche prima di questo, però, altri portavoce della polizia affermavano che almeno 10 persone erano coinvolte in un “rete” terrorista – una congettura apparentemente chiara.
In terzo luogo, c’erano legami e moventi internazionali? Inizialmente è stato detto che la “rete” comprendeva 10 stranieri, ma nonostante questo ci sono voluti tre giorni prima che la polizia thailandese per inoltrasse il caso all’Interpol. Subito dopo la pista del terrorismo internazionale è stata scartata, a quanto pare sulla sola base di opinioni scambiate con i servizi segreti alleati.
Prayuth ancora una volta ha dichiarato coraggiosamente che esclude qualsiasi legame con la recente deportazione di 109 uiguri in Cina (che potrebbe spiegare perché i turisti cinesi sembravano presi di mira). Eppure, allo stesso tempo è stato riferito che la polizia considerava questa pista come la pista principale, e che una sezione speciale della polizia aveva preavvisato di un possibile attacco contro turisti cinesi dopo l’11 agosto.
Tuttavia, queste ipotesi sono state apparentemente stroncate da Prayuth e dai suoi camerati militari, che stanno ancora cercando di riportare l’attenzione sugli oppositori interni. Mentre altre fonti della polizia suggeriscono un collegamento alla criminalità organizzata – anche se il motivo per cui la mafia thailandese dovrebbe voler piazzare una bomba nel santuario di Erawan non è molto comprensibile.
Ovviamente, qualsiasi attacco di questo tipo, che trova le forze di sicurezza del tutto impreparate, crea confusione e panico, e una vasta gamma di ipotesi devono essere indagate prima di poter restringere la ricerca. Ma la risposta thailandese è stata particolarmente caotica.
Ieri, il reporter della BBC Jonathan Head ha trovato frammenti della bomba vicino al santuario ma non è riuscito a consegnarli alla polizia. (Si è recato ad una stazione della polizia ma gli è stato risposto che a quell’ora la stazione era chiusa, n.d.r.). Successivamente la polizia ha anche criticato le conoscenze degli esplosivi di Head.
In effetti, la fretta con cui il santuario è stato pulito e riparato potrebbe aver seriamente compromesso l’indagine. Questo significa che Prayuth ed i suoi alleati hanno dato la priorità al ripristino della calma superficiale e della ‘felicità’, piuttosto che a scoprire i colpevoli dell’attentato.
Tutto questo ricorda molto gli attentati di Capodanno 2006/7 a Bangkok. Allora, come oggi, il dittatore militare, Surayud Chulanont, immediatamente (e senza alcun fondamento) accusò le Camicie rosse. Allora, come oggi, i siti sono stati rapidamente puliti e riparati, minando le indagini. Allora, come oggi, il regime sembra essere imprigionato dal proprio caos interno, con i sospetti che vanno dagli amici di Thaksin, ai nemici di Thaksin, alla polizia, a fazioni all’interno del regime militare stesso.
Allora, come oggi, i separatisti musulmani del sud della Thailandia sono stati indicati come sospetti – ma oggi l’ipotesi migliore dell’Intelligence Thailandese è che la Pulo (Pattani United Liberation Organisation) sia la responsabile (eventualmente con l’assistenza esterna di Jemaah Islamiyah, la sezione di Al-Qaida nel sudest asiatico). Il problema di questa pista è il fatto che nessuno ha fatto rivendicazioni – che sono invece una caratteristica degli attentati separatisti nel sud. Inoltre, i separatisti non hanno mai colpito al di fuori delle regioni del Sud e non hanno mai colpito i turisti (mentre in questo caso ci sono stranieri tra i morti e i feriti).
Infine nessuno è stato mai catturato per gli attentati del 2006. Questa volta potremmo trovarci col medesimo risultato.
Nella polizia thailandese la professionalità, la competenza, l’esperienza, l’indipendenza politica e la rettitudine morale non sono notevolmente migliorate negli ultimi nove anni, anzi appaiono ben lontane da un miglioramento. Prayuth è anche peggio di Surayud: paranoico, ampolloso, chiacchierone, inaffidabile, stravagante e ignorante.
Essendo responsabile del disastro della sicurezza, adesso Prayuth ha tutto l’interesse a dirigere gli investigatori lontano da tutto ciò che potrebbe incolpare anche i militari – in particolare la crescente insurrezione nel meridione e la deportazione degli uiguri.
Non sorprende dunque che Prayuth abbia immediatamente rifiutato le offerte di assistenza esterna – tra cui l’aiuto del governo britannico – per i tentativi di ‘intervenire’ in Thailandia. La sua brillante soluzione è stata invece quella di sollecitare la polizia thailandese a guardare la serie televisiva statunitense Blu Bloods per ottenere “suggerimenti, idee e intuizioni”.
Molti thailandesi vedono tutto questo come una vergogna nazionale. Hanno ragione.»
*Il Dott. Lee Jones è Senior Lecturer in politica internazionale presso la Queen Mary University di Londra. Recentemente ha pubblicato Governing Borderless Threats: Non-Traditional Security and the Politics of State Transformation (CUP, 2015).
Fonte: New Mandala, August 21, 2015
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