(Asiablog) – In data 21 luglio è stata inaugurata a Shanghai la “Nuova Banca di Sviluppo” dei paesi BRICS (ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Il neonato organismo monetario è stato sviluppato per portare avanti il fondamentale compito di finanziare la collaborazione tra i cinque paesi, che rappresentano il 25% del Pil mondiale. Con questa iniziativa la sfida alla “Banca Mondiale”, considerata secondo alcuni troppo filo-americana, è lanciata.
La nuova banca, che partirà con un budget iniziale di 50 miliardi di dollari e che si prevede disporrà di circa 100 miliardi entro i prossimi 2 anni, differisce dalla “Banca Mondiale” per il sistema di voto: mentre nel vecchio organismo il diritto a votare è proporzionale al capitale investito, in quello nuovo ogni paese vale 1 e non è previsto il diritto di veto.
Durante la cerimonia, il primo a prendere la parola è stato il primo Presidente dell’istituto, l’indiano Kundapur Vaman Kamath, il quale ha affermato: «Collaboreremo con tutti gli attori legati allo sviluppo. Il nostro obbiettivo non è quello di sfidare il sistema esistente così come è adesso, ma di migliorare e completare il sistema a modo nostro». Il ministro delle finanze cinese Lou Jiwei ha poi aggiunto: «Come ente di sviluppo per i mercati emergenti la banca si focalizzerà di più sulle necessità dei paesi in via di sviluppo, rispetterà le loro specificità e rappresenterà meglio le loro idee. Ciò arricchirà i concetti, le pratiche di sviluppo e migliorerà la cooperazione.». Non sono poi certamente mancate le critiche rivolte ad alcune istituzioni esistenti, tra cui il Fondo Monetario Internazionale (FMI), accusate di mettere in pratica un modello di prestiti troppo rigido.
Ma anche il nuovo istituto, che avrà sede proprio a Shanghai, suscita qualche dubbio tra gli osservatori. Questo a fronte del recente lancio della Banca Asiatica d’Investimento per le infrastrutture (AIIB), fondata a Pechino nell’ottobre 2014 e che si basa su principi simili a quelli della neonata banca asiatica. Inoltre, alcuni analisti immaginano che la costituzione di questi due istituti di credito vada prettamente a vantaggio di paesi come India e Cina, che grazie alle eventuali larghe elargizioni di denaro potranno ampliare di gran lunga la loro influenza economica in tutta la regione Asia-Pacifico e oltre, a danno degli investimenti europei e, nello specifico, statunitensi.