«Centinaia, anzi migliaia di anni di vicende umane precedettero l’arrivo degli europei. L’oscurantismo profondo, se mai c’è stato, si annidava nell’ignoranza con cui gli esploratori bianchi osservavano la regione piuttosto che nella regione stessa.
Anche l’oscurità sta negli occhi di chi guarda.
Fu in Africa che la linea della specie umana, tra i cinque e i sette milioni di anni fa, si separò da quella delle scimmie antropomorfe. Fu in Africa che l’uomo, quattro milioni di anni fa, assunse la posizione eretta. Sempre in Africa, quasi due milioni di anni fa, furono intagliati con maestria i primi utensili in pietra. E fu in Africa che ebbe origine, centomila anni fa, il comportamento preistorico complesso della nostra specie, un comportamento caratterizzato da reti di scambi sulle lunghe distanze, dall’uso di utensili ingegnosi in pietra e osso, dall’uso dell’ocra come pigmento, dai primi sistemi di calcolo ed altre forme di simbolismo.»
(Congo – David van Reybrouck – Ed. Feltrinelli)
Leggendo il bel saggio di David van Reybrouck, Congo, mi resi conto che non avevo mai letto nulla scritto da un autore africano. La letteratura nazionale di quasi tutti gli stati africani presenta autori significativi ed allora decisi di spulciare biografie, bibliografie e recensioni. Cercavo a caso ed il caso mi ha fatto imbattere nel kenyota Ngugi wa Thiong’o. Mi ha incuriosito la sua decisione, antitetica a quella di uno scrittore thailandese, Pira Sudham – che scrive in inglese e non consente la traduzione dei suoi libri in thailandese -. Ngugi abbandona l’inglese e scrive nella sua lingua natale, il gikuyu.
«L’inglese è la lingua dei colonizzatori e io volevo comunicare in un dialetto che la mia gente potesse capire. L’Africa è così vasta e immensa, con i suoi mille modi di esprimersi, che la forza della letteratura è proprio quella di andare e sorvegliare, proteggere le differenze culturali».
Sogni in tempo di guerra, un’autobiografia dall’infanzia all’ingresso in una Scuola Superiore. Uno scavare nella memoria che colpisce per la sua complessa semplicità.
La parte semplice: un comune ragazzo che lotta per conoscere, imparare, studiare.
La parte complessa: una terra dove conoscere, imparare e studiare si fondono con la lotta per la propria identità sociale e la semplice sopravvivenza e che trasforma il racconto di un’adolescenza nel racconto della storia di una nazione, il Kenya.
«Siamo invisibili. È la nostra condanna. In tv, sui giornali, Africa è animali selvaggi e povertà. Africa è armi e minerali. Ma siamo talmente altro che nemmeno saprei da dove partire. Siamo le civiltà antiche, siamo cultura, siamo passato e storia di sofferenze. Siamo futuro. Siamo tutto questo e io voglio raccontarlo, cercare di gridarlo al mondo ogni giorno.» (Ngugi wa Thiong’o)
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