Secondo Matteo Renzi il dittatore golpista egiziano al-Sisi è “un grande leader”. Il feldmaresciallo al-Sisi ha preso il potere con un colpo di stato nel luglio 2013. Una volta al governo, l’ex generale ha fatto arrestare almeno 40mila persone e condannare a morte centinaia di oppositori politici, compreso il presidente democraticamente eletto Morsi. Dopo aver messo fuorilegge l’opposizione, al-Sisi ha vinto le elezioni farsa del maggio 2014 con il 96,91% dei voti.
In un’intervista rilasciata il 12 luglio 2015 ad Al-Jazeera, Renzi si dice anche “orgoglioso della mia amicizia con lui”.
Così come nel caso delle belle amicizie e stime reciproche tra Berlusconi ed i dittatori Ben Ali, Mubarak, e Gheddafi (quest’ultimo ospitato in pompa magna a Roma con tanto di baciamano e accampamento con tende berbere nel parco di Villa Pamphili), se si può capire l’interesse italiano alla stabilità dei paesi del Mediterraneo, stabilità evidentemente da ottenere costi quel che costi senza il benché minimo rispetto dei diritti umani, non si comprende però l’esigenza da parte del capo del governo italiano di turno non solo di sbandierare davanti al mondo l’acritico appoggio del nostro Paese a tali sanguinari dittatori, ma persino la necessità di tesserne le lodi. Il tutto fino alla prossima rivolta popolare, quando prevedibilmente arriverà un nuovo spumeggiante ribaltamento della miope politica estera italiana.