«Quello che leggerete (…) è un diario di viaggio in versi, un viaggio di cinque mesi che ho compiuto da solo e via terra nel 2013 attraverso Sri Lanka, India, Bhutan, Nepal, Tibet e Kashmir.» (dalla presentazione di India – complice il silenzio – Luca Buonaguidi – Ed. Italic)
Che, aggrappandomi a Claude Lévi-Strauss, io abbia in uggia i libri di viaggio l’ho già scritto ma ho anche scritto che amo la poesia. Quindi un viaggio che, già nelle intenzioni di partenza del viaggiatore poeta, andava alla ricerca della poesia che nasce dentro di noi per rinnovarci e farci crescere non poteva non incuriosirmi. Poco importa se vai in India o a Castagno (Dino Campana), all’Inferno (Dante Alighieri) o cerchi di tornare ad Itaca (Omero). Non sono i luoghi a far la differenza, sono i viaggiatori e, come ci ricorda l’autore nella presentazione: «Nicolas Bouvier ha scritto: “Se non si lascia al viaggio il diritto di distruggerci un po’ tanto vale restare a casa”.
Insomma, prepari la valigia e parti assieme alla poesia, che non paga il biglietto del treno. A me è piaciuto cercare l’India nelle immagini che attraversano i versi, ho rotto lo specchio delle poesie ed ho assemblato le schegge dove vedevo il riflesso dell’India.
In questa pioggia
senza macchia
Il tempio sfuma
in chiaro d’ombra
Un cono di luce
entra nella grotta
nel sole che brucia le ere
in questo porto di carne
sui treni notturni
e nelle grandi stazioni
sotto a una raffica
di insegne luminose.
Una vacca sacra
vi indugia stanca
entro vicoli in cui
sbagliare strade
e chiederne di nuove ai passanti
Distanti cime sovrastano l’orizzonte
la piena del Gange mi cinge
Poesia è guardarsi da vicino
entro ciò che muove distante
ma anche questo bambino che ride
nel tramonto indiano.
Spero che l’autore perdoni il mio modo di leggere, d’altra parte come scrive lui:
Potrei aggiungere altri dettagli
ma la felicità sta nel toglierli.
(Tutte le parti in corsivo sono tratte dal libro)
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