Liberté, Égalité, Fraternité, questo motto, nato dalle idee della rivoluzione francese, ha un valore talmente significativo che da tempo ha superato il confine francese per divenire un caposaldo della moderna cultura occidentale.
Libertà, Eguaglianza, Fratellanza.
Libertà
La prima parola del motto, Libertà, fu concepita secondo l’idea liberale. La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) la definiva così: «La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui».
Oggi, che i tempi sono cresciuti, credo si possa accettare la definizione di libertà che Corrado Vivanti ci propone nell’Enciclopedia Einaudi:
«Il concetto di libertà, uno dei più importanti del linguaggio politico, della filosofia e dell’etica, concerne i rapporti fra gli individui o i gruppi sociali e i poteri, in particolare il potere dello stato. All’epoca, però, in cui la chiesa era dotata del potere di far uso della violenza, la lotta per le libertà, situata nel dominio religioso, si identificava con la lotta per la tolleranza, per il diritto all’eresia.
Attualmente le minacce contro le libertà sono portate soprattutto dalle burocrazie, e precisamente da quelle che si organizzano in partiti-Stato, che si sforzano di imporre ai cittadini delle ideologie alle quali essi sarebbero tenuti ad aderire. Di qui l’acutezza di una lotta per il diritto alla dissidenza, per il diritto delle minoranze a salvaguardare le loro differenze, e quello degli individui a preservare una sfera di vita privata sottraendola a qualunque sorveglianza.» (Enciclopedia Einaudi – nota di sintesi finale del termine: Libertà – Corrado Vivanti)
Scelgo questa definizione per il semplice motivo che, lontana dalla retorica della visione iniziale, ci propone temi di riflessione. Gli uomini nascono liberi, possiedono il libero arbitrio. Poi ci sono le circostanze che lo “lasciano libero” oppure lo fanno agire in modo contrario. L’uomo è libero da qualcosa oppure libero per qualcosa? Libertà da o libertà di? Libertà positiva, libertà negativa… forse una condanna a discuterne per sempre. Ma, comunque, se ne discute, ci si batte per la libertà e si fa qualcosa.
Eguaglianza
Secondo termine del motto, Eguaglianza. All’epoca, un’epoca segnata da grandi diseguaglianze sociali, significava che la legge è uguale per tutti e le differenze di censo o condizione sociale venivano abolite.
Da allora, di sicuro, molti sono stati i passi in avanti. Forse il passo maggiore è proprio quello che ci ha portato a mettere in aperta discussione il persistere di diseguaglianze, ed oggi anche l’erodersi di parte dell’eguaglianza conquistata.
Amartya Sen si chiede, ci chiede: « Eguaglianza di che cosa? … l’importanza di questa domanda deriva dalla effettiva diversità degli esseri umani, di modo che la richiesta di eguaglianza rispetto a una variabile tende a entrare in conflitto – nei fatti, non soltanto in teoria – col desiderio di eguaglianza rispetto ad un’altra variabile. Noi siamo profondamente diversi nelle nostre caratteristiche proprie (quali età, sesso, capacità generali, talenti particolari, predisposizione alle malattie, ecc.) così come in certe circostanze esterne (quali proprietà di beni, provenienza sociale, condizioni ambientali, ecc.) È precisamente per tale diversità che l’insistenza sull’egualitarismo in un ambito è in contrasto con l’egualitarismo in un altro.»
Anche questo: tema complesso. Ma anche qui, per fortuna, si discute e si lotta:
«La disuguaglianza non è un destino, ma una scelta – ha detto Paul Krugman – e possiamo fare molto per ridurla». Ed anche un organismo (discutibile) come il FMI parla di disuguaglianza (dei redditi).
Fratellanza
Fratellanza, terzo elemento del motto repubblicano, viene solitamente definita così: «Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi». E qui devo dare ragione a David van Reybrouck che, in una recente intervista, ci dice:
Abbiamo perso la fratellanza.
Dalla Rivoluzione del 1789, Fraternité è uno dei tre valori cardine della Repubblica francese. Nel 1823, Ludwig van Beethoven completa la sua Nona sinfonia: aveva composto l’apoteosi ispirandosi a una poesia di Schiller. Al culmine della drammaticità, il coro scandisce con tutta la forza che ha in petto: Alle Men-schen wer-den Brüüü-der, tutti gli uomini diventano fratelli.
Ma cosa è successo da allora? La fraternità non gode certo di ottima salute. Quando l’Inno alla gioia di Beethoven diventò l’inno d’Europa, nel 1985, fu subito privato del testo originale tedesco, ma che dico, fu privato di qualsiasi testo.
Neutralità linguistico-politica… eccetera, eccetera. L’Europa è l’unica costellazione politica al mondo il cui inno si può appena canticchiare. Cosa ci dice tutto questo sul progetto politico dell’Europa? Chi cerca gli ideali della Rivoluzione francese su Google ottiene quanto segue: Libertà: 45.500.000 risultati; eguaglianza: 2.140.000 risultati; fraternità: 603.000 risultati. Anche la variante più comune di questo termine, fratellanza, totalizza il punteggio più basso fra i tre ideali.
Ma torniamo alla fraternità, dal mio punto di vista l’ideale più appassionante della Rivoluzione francese. L’ex Primo ministro del mio Paese, il Belgio, Mark Eyskens, ha scritto che i tre valori della Rivoluzione francese sono stati proiettati nella storia in fasi diverse: così, se il Diciannovesimo secolo è stato il secolo dell’uguaglianza e il Ventesimo quello della libertà, il Ventunesimo dovrebbe essere il secolo della fraternità. La trovo una splendida riflessione.
Solo un dubbio: questa previsione si avvererà mai? Caratterizzato dalla lotta per la conquista del suffragio universale, il Diciannovesimo secolo è stato, in effetti, il secolo di una maggiore uguaglianza, ma Thomas Piketty ci ricorda anche che nel Ventunesimo secolo si dovrà ancora combattere contro nuove forme di disuguaglianza. E sì, la fine del fascismo, il colonialismo e il comunismo sovietico, unitamente alla scoperta della pillola e della lavabiancheria, hanno significato per centinaia di milioni di persone nuove esperienze di libertà. Ma quella lotta è ben lontana dalla fine, come è risaputo dalla Corea del Nord al tetro califfato. E con tanta strada ancora da percorrere, dobbiamo davvero iniziare sin d’ora a parlare di fratellanza?
Nel linguaggio politico dell’Occidente, questo termine è totalmente in disuso. Basta leggere il Trattato di Lisbona: nel testo, la parola ‘libertà’ ricorre 38 volte. La parola ‘uguaglianza’: 26 volte. La parola fraternità o fratellanza? Mai. Forse per la sua connotazione sessista? Ovviamente, con il termine ‘fraternità’ si intende ‘legame tra fratelli e sorelle’, ma non si sa mai. In inglese si è dovuto sostituire mankind, il genere umano, con humanity, l’umanità, e in America, terreno di coltura della neutralità di genere, una persona viene definita sinteticamente a human being, un essere umano. O forse l’ideale di solidarietà fondamentale risulta troppo aulico in quest’era così pragmatica?
Mentre la libertà e l’uguaglianza attengono alla sfera dei diritti, e per di più ai diritti dell’individuo, la fraternità è un valore intrinseco di una comunità. Questo è fastidioso. Oltretutto, nel linguaggio politico di oggi, sembra addirittura essersi diffuso un certo imbarazzo nei confronti di categorie morali tanto altisonanti. Soltanto un Mandela o un Obama hanno la facoltà di parlarne, preferibilmente a un funerale.
Ma ciò che sembra politicamente irraggiungibile, non deve necessariamente essere socialmente indesiderabile. Prima o poi, la fraternità farà ritorno nell’agenda politica. (intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano – 08/05/2015 – traduzione di Giuliana Ardito)
Forse la definizione, posta in termini di proibizione – «Non fate …» -, non ha molto aiutato il diffondersi del giusto senso di fratellanza. Forse sarebbe stato meglio un propositivo: «Fate agli altri ciò che vorreste fosse fatto a voi»… ma tant’è, più facile proibire che “fare”.
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Grazie infinite! Si semini, se si desidera raccogliere !
Grazie Internet per averlo consentito !
Badate, il cervello, nell’aspetto, somiglia alla pancia, ma non nel modo di nutrirsi !
Preoccupiamoci di nutrire prima e soprattutto il cervello e poi la pancia !
Nutrendo il cervello si continua a “vivere”; nutrendo solo la pancia, si continua a sopravvivere !
Apprezzo molto quel “Grazie internet per averlo consentito!”
Vivo in un posto dove NON tutto si può dire e quindi, come in altre parti del mondo, “Internet rafforza i forti e indebolisce i deboli” (Morozov) e, come giustamente affermi, ora che buona parte dell’umanità ha riempito lo stomaco ha l’arduo compito di riempire anche il cervello… non facile, nonostante Internet.