«Ho speso la maggior parte della mia vita in un mondo in cui il digitale non esisteva, ora l’abilità di comunicare è quantitativamente aumentata. Però bisogna chiedersi se la qualità della comunicazione ne abbia risentito: cosa riusciamo effettivamente a dirci attraverso il muro di vetro?»
(Dalla conferenza tenuta da Zygmunt Bauman il 9 ottobre 2013, presso il Teatro Dal Verme di Milano e integralmente riportata, a cura di Maria Grazia Mattei, nel libro: Vita tra reale e virtuale (di Zygmunt Bauman, Ed. Egea).
I brani sotto riportati si limitano ad una parte della lecture e riguardano Internet in senso generico mentre, in altre parti del suo intervento Bauman parla anche di social network. Il tema viene affrontato con lo sguardo puntato su la «superficializzazione» delle informazioni e della comunicazione e la «fragilizzazione» dei rapporti umani (corsivo dall’introduzione di Maria Grazia Mattei). Per Bauman la politica non ha la capacità di affrontare i problemi che il progresso odierno ci pone davanti e, d’altro canto, il singolo individuo non ha la forza per risolvere problemi indotti socialmente e l’unica speranza si trova in quelle che Bauman chiama “aree di mezzo”, le comunità locali. Le città l’ultima speranza per un’azione collettiva veramente efficace.
Offline e online
«Negli ultimi anni abbiamo cambiato le categorie, le modalità e le prospettive attraverso le quali percepiamo l’altro e le scelte che si palesano di fronte a noi. Insieme abbiamo attraversato un periodo di cambiamenti repentini e profondi legati e causati dall’avvento della comunicazione digitale, di Internet, della Rete e di ogni sorta di gadget. …
Oggi viviamo simultaneamente in due mondi paralleli ma differenti. Uno è creato dalla tecnologia online, che ci permette di trascorrere ore di fronte a un pezzo di materiale trasparente, uno schermo che ci interfaccia con Internet.
Dall’altra parte abbiamo comunque una vita ordinaria, quella normale. L’altra metà della nostra giornata cosciente la passiamo nel mondo che, in opposizione al termine “online”, è stato definito “offline”. Secondo le ultime ricerche statistiche, in media ognuno di noi passa sette ore e mezzo di fronte a uno schermo …
Non è neanche necessario padroneggiare l’alfabeto per usare questi strumenti con scopi ricreativi e di intrattenimento. I nostri bambini nascono in un mondo già regolato da questa dicotomia on e offline e non potrebbero immaginare neanche lontanamente una realtà senza Internet. Ricordo che molti anni fa le mie giovani figlie mi chiedevano: “Papà, prima che inventassero la televisione, che cosa facevate la sera?”. Per loro era inconcepibile trascorrere una giornata senza la presenza di uno schermo televisivo.
Con l’avvento di Internet, il cambiamento paradigmatico si è fatto ancora più profondo: occupiamo e viviamo realmente due mondi differenti, ognuno con regole e comportamenti consuetudinari propri e dotato di una logica e una percezione distinta di ciò che è lecito e ciò che non lo è. Questi due mondi interagiscono costantemente ma possono veramente esistere in armonia? Come si influenzano reciprocamente? Come si trasformano l’un l’altro e, soprattutto, dopo aver trascorso sette ore e mezzo in uno stato di costante connessione, com’è possibile tornare nel mondo offline con le stesse attese e ambizioni di prima? Questa è, quindi, la vera domanda da porsi.»
Danni collaterali
«Internet ci apre a una quantità di possibilità senza precedenti, permettendo a chiunque abbia un minuscolo gadget in tasca di accedere a una conoscenza sconfinata, in ogni luogo e praticamente in tempo reale. Questo incredibile miracolo della tecnologia, come molti altri, ha un suo lato oscuro.
Quando ero giovane, come tanti altri miei coetanei, pensavo che fosse la mancanza di conoscenza a impedirci di realizzare ogni nostro desiderio. Oggi, se faccio una domanda a Google, molto probabilmente il numero di risposte che ottengo supererà i due o tre milioni, il che vuol dire che non sarò mai in grado di leggere tutte o anche solo immaginarne il contenuto. Se prima il problema era la mancanza di conoscenza, oggi è la sua sovrabbondanza. Detto semplicisticamente, è impossibile ingerire, digerire e assimilare questa enorme quantità di informazioni. E la cosa ci spaventa ugualmente.
Un altro danno collaterale che vale la pena citare è la perdita della capacità di pensare sul lungo termine. Abbiamo sempre meno pazienza, anche se sappiamo che per raggiungere grandi traguardi dobbiamo saper aspettare. Lungo il nostro cammino dobbiamo superare degli ostacoli che incontriamo, di cui non avevamo previsto il verificarsi e che, come tali, ci colgono alla sprovvista, confondono i nostri piani e si frappongono tra noi e il successo. Oggi vogliamo tutto e subito, alla ricerca di una soddisfazione istantanea.
Quando la connessione alla Rete è lenta, provo già un sentimento di frustrazione e rabbia. Non sono più capace di aspettare e ogni momento che passa mi sembra buttato via. Oggi ci aspettiamo di ottenere effetti immediati. Il mondo intorno a noi sta diventando sempre di più come il caffè solubile: basta aggiungere un po’ d’acqua e la bevanda è pronta al consumo.
Un altro danno collaterale degno di nota è la perdita della capacità di immagazzinare informazioni nella nostra mente. Siamo sempre meno capaci di assorbire la conoscenza e trattenerla nella nostra memoria e la ragione è decisamente pratica.
Oggi le informazioni sono più disponibili di quanto non siano mai state. Per ottenere un’informazione importante non dobbiamo più spulciare centinaia o migliaia di libri in biblioteca. Non dobbiamo neanche andarci in biblioteca per consultare un libro, le nostre ricerche le possiamo fare comodamente seduti sul divano di casa nostra.
Finalmente non dobbiamo più caricare il nostro cervello di informazioni che, oggi, sono sempre disponibili o consultabili su qualche server “nella nuvola” o da qualche parte del deserto del Mojave negli Stati Uniti. Queste informazioni, però, trovandosi in un luogo diverso dal nostro cervello, non vengono filtrate dal nostro pensiero, non trascorrono un periodo di “incubazione” né crescono in noi. In tal modo, noi non le elaboriamo né coscientemente né inconsciamente. È un vero peccato. Io spesso, in seguito a questo processo di “incubazione”, mi sveglio con una frase compiuta e completa nella mente , anche se non sto cercando deliberatamente la risposta a una particolare domanda: all’improvviso la risposta mi salta in mente, come se fosse filtrata per osmosi dal subconscio alla mia coscienza.
La mente lavora, ricicla dati e informazioni anche se noi non ne siamo coscienti. Quando, però, le informazioni riservate al nostro cervello rimangono nel server, il nostro organo più importante si trova senza materiale da elaborare. Un crescente numero di psicologi teme che a lungo termine questo fenomeno avrà un effetto negativo sulla creatività umana. Dopo tutto, la creatività consiste nel fare sintesi, riformulare e riordinare le informazioni sparse, diffuse e disordinate che già si trovano da qualche parte del nostro sistema nervoso.»
Una zona senza conflitto
«… Internet è una sorta di “zona di sicurezza”; contrariamente, però, al parere abbastanza diffuso secondo il quale grazie alla Rete faremo finalmente quel passo in avanti nella storia della democrazia e tutti potremo essere finalmente coinvolti nella creazione del mondo in cui vogliamo vivere. Internet è anche una “zona di conflitto”. Invece di risolvere i problemi cui siamo collettivamente chiamati a rispondere, li rimuove dalla nostra vista e dalla nostra attenzione.
Svariate ricerche hanno portato a scoprire che, tra i suoi imprevisti, inattesi e potenti effetti, Internet porta i suoi utenti più assidui a trascorrere la maggior parte del tempo con persone che condividono le stesse opinioni. Internet crea l’equivalente di una comunità chiusa (o gated community) per chiunque abbia a disposizione un computer. Una gated community non è altro che un luogo esclusivo in cui si paga una fortuna per comprare un appartamento in un quartiere protetto da guardie di sicurezza. Solo le persone invitate o autorizzate dai residenti possono entrare. L’attrattiva di queste comunità è che ci permettono di vivere con persone uguali a noi, riflessi di noi stessi. Vivendo in una comunità di questo tipo non corriamo il rischio di litigare con il vicino, di scontrarci su tematiche politiche, ideologiche o di qualsiasi altra natura.
Grazie al computer oggi possiamo raggiungere lo stesso meraviglioso risultato senza dover comprare un costosissimo appartamento in una gated community. Quando ci imbattiamo in una pagina web che esprime un’idea opposta alla nostra, che non ci piace o che non condividiamo, invece di pensare alle ragioni che hanno portato alla sua formulazione – indubbiamente ogni idea è frutto di un ragionamento – o invece di pensare a tesi e argomentazioni per affermare la nostra visione e confutare l’altra, ci limitiamo a premere il tasto “cancella” e a passare alla pagina successiva. In sostanza, durante le sette ore e mezzo che trascorriamo quotidianamente su internet potremmo non incontrare nessuno di diverso da noi.
Se il mondo online è per definizione unanime, quando stacchiamo il modem la situazione si fa radicalmente diversa, variegata ed eterogenea. Le persone si scontrano, hanno idee diverse e a volte incompatibili tra loro. In sostanza, il mondo offline per sua stessa natura si basa sul conflitto. Alcuni la pensano come noi, altri sono totalmente in disaccordo e noi, da parte nostra, detestiamo e aborriamo le idee di altri ancora. Siamo destinati a vivere in questo mondo.… ogni volta che accedo ad Amazon, la prima cosa che compare sullo schermo è: “Buongiorno Zygmund, come stai? Abbiamo preparato una lista di titoli apposta per te”. Devo anche ammettere che le selezioni che mi propongono sono solitamente eccellenti, in quanto basate sull’analisi dettagliata delle mie preferenze. Usare i dati dell’utente per promuovere i propri interessi commerciali non è una cosa che mi sento di appoggiare incondizionatamente ma devo ammettere che in alcuni casi i “vantaggi” collaterali sono indubbi. La storia, però, non finisce qui. Attualmente siamo nel bel mezzo di una grande sollevazione, una rivoluzione culturale prodotta da Internet e sappiamo che quando una rivoluzione è in corso, prevederne l’esito finale è molto rischioso. Non sono un profeta e non ho certo la capacità di prevedere il futuro, non so come finirà e quali saranno le conseguenze a lungo termine. »
Dalla conferenza tenuta da Zygmunt Bauman il 9 ottobre 2013, presso il Teatro Dal Verme di Milano e integralmente riportata, a cura di Maria Grazia Mattei, nel libro Vita tra reale e virtuale (Zygmunt Bauman – Ed. Egea).
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