La rete secondo Umberto Eco

Umberto Eco – Photograph: Eamonn McCabe /Guardian

Ha ricevuto una laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media all’Università di Torino, ma evidentemente i nuovi media proprio non gli piacciono.

Protagonista della giornata di ieri, soprattutto per la valanga di commenti sui social, è stato Umberto Eco, che nella prolusione in Ateneo ha detto la sua sul ruolo di Internet:

“Quel fenomeno che permette a certa gente di essere in contatto con gli altri – escludendola però da tanti contatti faccia a faccia – crea da un lato un fenomeno positivo: pensiamo alle cose che succedono in Cina o a Erdogan in Turchia. È stato anche un movimento di opinione. Qualcuno ha detto anche che, se ci fosse stato Internet ai tempi di Hitler, i campi di sterminio non sarebbero stati possibili, perché la notizia si sarebbe diffusa viralmente. Ma d’altro canto – ha proseguito il semiologo – fa sì che dà diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo tre bicchieri di rosso e quindi non danneggiavano la società. Certe volte basta vedere i tweet che scorrono in basso: sono persone che prima venivano messe a tacere dai compagni e che invece oggi hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel”. Secondo il professore, per la soluzione bisogna solo aspettare: “Credo che dopo un poco si crei una sindrome di scetticismo, la gente non crederà più a quello che le dice Twitter. All’inizio c’era un grande entusiasmo, poi si farà strada la domanda: ‘Chi l’ha detto?’. Twitter. Quindi tutte balle”.

Parole che non hanno lasciato indifferenti, come era prevedibile, proprio le “legioni di imbecilli”, ma che hanno anche scatenato un dibattito tra chi Internet lo usa per lavoro (senza per questo abusarne).

 

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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7 Responses to La rete secondo Umberto Eco

  1. Il succo del discorso di Eco e’ che i nuovissimi media permettono a piu’ persone di comunicare di piu’ rispetto ai media meno nuovi. E fin qui scopre l’acqua calda: l’avevamo capito gia’ da quando i papiri hanno sostituito le incisioni rupestri.

    Per il resto, a mio modesto avviso il ragionamento di Eco si spara ai piedi da solo, come dicono gli anglofoni. Lui scrive:

    si farà strada la domanda: ‘Chi l’ha detto?’. Twitter. Quindi tutte balle”.

    Dunque arrivo io, che ho letto questa dichiarazione di Eco da Twitter, e rispondo: Twitter. Quindi tutte balle.

    Invece non e’ cosi’. In realta’, non lo ha detto Twitter, come scrive Eco, ma lo ha detto Eco. Twitter non dice nulla, sono le persone che dicono.

    Sbaglia, o fa un discorso super-semplicistico, (spero semplificato da chi riporta le sue parole), a mio modesto avviso, anche all’inizio, quando scrive:

    “Quel fenomeno che permette a certa gente di essere in contatto con gli altri – escludendola però da tanti contatti faccia a faccia – crea da un lato un fenomeno positivo: pensiamo alle cose che succedono in Cina o a Erdogan in Turchia.”

    In realta’ l’umanita’ pensava alla Turchia e alla Cina anche prima di Twitter: Mamma li turchi, la Cina e’ vicina, ecc. E anche allora, era piu’ un informarsi (poco e male, con notizie di seconda e terza mano) che un discutere FACCIA A FACCIA con turchi o cinesi.

    Semplicistico anche dire che “sono persone che prima venivano messe a tacere dai compagni”. Tanto per rendere meno semplicistico il suo ragionamento, ricordo che Hitler, visto che Eco lo menziona, ha iniziato la sua carriera proprio al bar, e non e’ stato messo a tacere dai suoi compagni. Anzi.

    Chiedo anche, sempre per problematicizzare le banalita’ di Eco: ma in democrazia e’ opportuno “mettere a tacere” le persone? Oppure e’ giusto, per quanto non ci possa piacere, che il piu’ imbecille del pianeta abbia diritto di parola proprio come Umberto Eco?

    Detto questo, dire che la popolazione mondiale e’ formata da “legioni di imbecilli” non mi sembra una novita’ o una scoperta epocale. Credo che questo sia un fatto che persino gli imbecilli intuiscono piu’ o meno tra la pubertà e la maggiore età. Tra l’altro, questa constatazione e’ di centrale importanza nella storia dell’umanita’, se è vero, com’è vero, che e’ dall’inizio dei tempi che le classi colte cercano di difendere il loro potere e le loro ricchezze da “legioni di imbecilli”, schiavi, analfabeti, contadini, operai e morti di fame vari. Ed e’ dall’avvento del suffragio universale che, ogni volta che il risultato delle urne non piace, alcuni tra gli istruiti/intellettuali se ne escono con ragionamenti del genere: “ma ti pare giusto che il mio voto valga uno come il voto di un novantenne analfabeta di Canicatti’ o del profondo Veneto? Quella e’ gente che vota secondo le indicazioni del parroco oppure vende il voto per un paio di scarpe nuove.”

    Ovviamente queste sono constatazioni non totalmente campati in aria: e’ vero che in Italia e nel mondo qualcuno e’ meno istruito di qualcun altro, e qualcuno e’ piu’ imbecille di qualcun altro. Questo e’ vero tra chi usa i social media come era vero 50 anni fa ai tempi della radio e dei giornali, e come era vero 3.000 anni fa ai tempi dei papiri.

    Ma quello che un non-imbecille come Eco dovrebbe spiegarci, a mio avviso, e’ invece come trasformare queste “legioni di imbecilli”, che purtroppo, stando alle statistiche, in Italia sono piu’ ampie che in altre Paesi occidentali, in legioni di cittadini istruiti ed informati in grado di partecipare attivamente alla “sfera pubblica” habermasiana.

  2. Tiziano says:

    Acqua calda? Certo, di recente anche Bauman e Grass hanno espresso opinioni simili. Ma non credo che il problema sia quello del confronto tra incisioni rupestri e tweet ma sul danno potenziale che possono provocare (i tre bicchieri di vino al bar, per Eco, ne creavano meno).
    Certo i bar frequentati anche da Hitler … ma parliamo di palcoscenici, attori e registi completamente diversi.
    Non facciamo diventare anche i bar luoghi “pericolosi” (a parte che i bar, come li intendiamo io ed Eco – sono in via di estinzione).
    La proliferazione di notizie è un fattore “positivo”, non vedo cosa c’entri il faccia a faccia coi cinesi, anche Eco, come Bauman e Grass, lamenta la carenza di confronti “faccia a faccia” tra gli utenti internet.
    Oddio, la dichiarazione di Eco non “ci sta” in un tweet, quindi parti da un assunto errato per poter dimostrare che si spara sui piedi.
    Vero, piuttosto, che la dichiarazione completa – in allegato a un tweet – non è questa.
    Come Eco non è solo questa dichiarazione.
    Ha plasmato migliaia di “studenti” (molti tra i miei amici sono usciti dal “suo” DAMS), io l’ho sempre considerato una persona molto impegnata nella divulgazione …
    ma sai, l’infallibilità non risiede su questa terra, solo in cielo … il famoso Dio.

      • Tiziano says:

        :-D
        Ho visto e devo dire che alcuni aggiustamenti sono apprezzabili e altri un poco meno (ma non ne vorrei fare una questione).

        Sono dell’idea che Eco (ma anche Bauman e Grass) non rinfaccia nulla alla “rete” in quanto tale, ma ha qualcosa da dire contro gli imbecilli e, dal mio punto di vista, il maggior pregio della rete e’ proprio quello di mettere in maggior mostra i nostri “difetti”, una volta circoscritti al bar del paese, tutti in bella mostra … si, il difficile e’ correggere questi difetti.
        Voglio considerare il tutto un’invettiva, un lamento … sai da vecchi ci si lamenta sempre.
        :-D

  3. Giorgio says:

    Che Eco non abbia scoperto nulla di nuovo e’ cosa ovvia, e’ infatti di parecchi anni (1985) fa l’eloquente libro di Fruttero e Lucentini “La prevalenza del cretino” dove si legge:
    «È stato grazie al progresso che il contenibile “stolto” dell’antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch’egli si compiace di chiamare “molto complessa” gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumerevoli poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro. Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per “realizzarsi”.
    Sconfiggerlo è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d’inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni (per lui, il cretino è sempre “un altro”); e comunque il riso gli appare a priori sospetto, sconveniente, «inferiore», anche quando − agghiacciante fenomeno − vi si abbandona egli stesso.»

    Buttarla in politica tirando in ballo le “classi colte” ed i relativi antagonisti non ha senso …
    “Il cretino (e/o lo stupido) nella sua prevalenza risponde a criteri assolutamente ‘democratici’: non ha età; è equamente distribuito tra maschi e femmine; non risponde a determinati requisiti professionali; non è classista; non risente del livello di istruzione; non ha prerogative etniche o razziali…
    Definirne la percentuale a livello statistico è impossibile, poiché qualsiasi numero risulterà sempre troppo piccolo rispetto all’insieme della devastante moltitudine degli stupidi (e/o cretini).
    Inoltre, con la loro pervasività destabilizzante, sono impermeabili ai condizionamenti sociali. E, peggio ancora, nella loro ubiquità sono presenti ovunque. Si mimetizzano tra gli insospettabili (persone che reputiamo razionali ed intelligenti all’improvviso risultano essere stupide senza ombra di dubbio), manifestandosi nei tempi e nei luoghi meno opportuni.”

    E, sempre dagli stessi autori, in un’opera successiva troviamo una sagace sintesi:
    «Essenzialmente gli stupidi sono pericolosi e funesti perché le persone ragionevoli trovano difficile immaginare e capire un comportamento stupido. Una persona intelligente può capire la logica di un bandito. Le azioni del bandito seguono un modello di razionalità. Il bandito vuole un “più” sul suo conto. Dato che non è abbastanza intelligente per escogitare metodi con cui ottenere un “più” per sé procurando allo stesso tempo un “più” anche ad altri, egli otterrà il suo “più” causando un “meno” al suo prossimo. Tutto ciò non è giusto, ma è razionale, e se si è razionali lo si può prevedere. Si possono insomma prevedere le azioni di un bandito, le sue sporche manovre e le sue deplorevoli aspirazioni e spesso si possono approntare le difese opportune.
    Con una persona stupida tutto ciò è assolutamente impossibile. Una creatura stupida vi perseguiterà senza ragione, senza un piano preciso, nei tempi e nei luoghi più improbabili e impensabili.
    Non vi è alcun modo razionale per prevedere se, quando, come e perché, una creatura stupida porterà avanti il suo attacco.
    Di fronte ad un individuo stupido, si è completamente alla sua mercé. Poiché le azioni di una persona stupida non sono conformi alle regole della razionalità, ne consegue che:
    a) generalmente si viene colti di sorpresa dall’attacco;
    b) anche quando si acquista consapevolezza dell’attacco, non si riesce ad organizzare una difesa razionale, perché l’attacco, in se stesso, è sprovvisto di una qualsiasi struttura razionale.
    Il fatto che l’attività e di movimenti di una creatura stupida siano assolutamente erratici ed irrazionali, non solo rende la difesa problematica, ma rende anche estremamente difficile qualunque contrattacco – come cercare di sparare ad un oggetto capace dei più improbabili e inimmaginabili movimenti.
    Questo è ciò che Dickens e Schiller avevano in mente quando l’uno affermò che “con la stupidità e la buona digestione l’uomo può affrontare molte cose” e l’altro che “contro la stupidità gli stessi Dei combattono invano”.
    Occorre tener conto anche di un’altra circostanza. La persona intelligente sa di essere intelligente.
    Il bandito è cosciente di essere un bandito.
    Lo sprovveduto è penosamente pervaso dal senso della propria sprovvedutezza.
    Al contrario di tutti questi personaggi, lo stupido non sa di essere stupido. Ciò contribuisce potentemente a dare maggior forza, incidenza ed efficacia alla sua azione devastatrice.
    Lo stupido non è inibito da quel sentimento che gli anglosassoni chiamano self-consciousness. Col sorriso sulle labbra, come se compisse la cosa più naturale del mondo, lo stupido comparirà improvvisamente a scatafasciare i tuoi piani, distruggere la tua pace, complicarti la vita ed il lavoro, farti perdere denaro, tempo, buonumore, appetito, produttività – e tutto questo senza malizia, senza rimorso, e senza ragione. Stupidamente.»

  4. amleta says:

    È vero, il web sta perdendo credibilità. Il motivo è che le bufale sono così tante che ormai non si crede più a nessun sito o utente. Poi ci sono persone che hanno creato un business dalle bufale per attirare followers verso siti che primacerano deserti e questa cosa non è stata regolamentata e controllata. Dunque hanno fatto il peggio del peggio. Adesso si vuol mettere una misura a internet molto più restrittiva ma si passerà all’estremo opposto.

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