Quella linea di non fine che si chiama laddove
di Alessandro Bergonzoni (il Fatto Quotidiano 01/06/2015)
Come un novello Ante Alighieri credo di sapere, da ben prima anche di me, del paradiso: è il Laddove. Laddove la mela è la prima causa di sorte e si possono vedere sconfinate distese di calvizie, oche piumane, armi buone come un fucile senza uomo, prigioni per sbarre. Laddove nacquero contemporaneamente sia il seno che la collina, e anche la donna il paesaggio e la vista. Dove Invano saltava di gioia a prescindere dai motivi e i motivi non servivano solo a qualcosa, ma suonavano e basta; e i palombari dell’interiorità passavano senza dolore, loro o altrui, dall’intestino all’anima, tenuamente, sapendo poi cosa dire e a chi dirlo. Il Paradiso è quel Laddove ove sia a valle che a monte non ci sono salite ne discese ma pianure che si alzano o pianure che dormono. Là ho visto cicloni riordinare gli scempi, amache tra un uomo e un altro per cullare ogni civiltà, ho visto tonnellate e tonnellate ma di niente, ho visto milioni e milioni ma da soli: non di uomini, di morti, di soldi, di bambini, di giorni… Ho sentito scaturire (e nessuno che si stupisse o chiedesse cosa), ho sentito i versi dell’uccello Poeta. Ho avvertito la noia dei ponti ma anche la felicità delle sponde e ho capito perché non vedremo mai l’occhio del mare, i piedi del sole, la faccia della terra. Ho guardato ubriachi spegnere il bicchiere, dormire col vetro e trasparire, ho veduto muri alzarsi di soprassalto, morti prodigio davanti alla scultura della Vicissitudine; ho scoperto cosa studia la matematica dell’Innumerevole, sono riuscito a salire in disgrazia e vedere cosa si vede da lì e cosa si deve fare per l’amor del cielo. Ho saputo dove stanno le donne posate se hanno il ventre piatto, ho imparato ad usare la velocità di scrivere in un lampo e andare finalmente in fumo e poi tornare. Ho notato il tempo fermarsi per un secondo, un secondo che si sentiva solo e aveva bisogno di più tempo; ho visto il talco reale volare sulla propria pelle, e candele che si spegnevano ma non per sempre, e bambini che si spegnevano ma non per sempre. Ho assistito alla grande riverginizzazione dei cervelli a forma di cuore, scoperto presbiti dormire nelle Vicinanze, lucciole battiscopa accarezzare i pavimenti, fori quando erano ancora pieni, mignoli aratro, ragazze dai capelli, uomini dalle mani. Ho scoperto che la vita del chiodo non è la parte che resta fuori dal muro ma quella che rimane dentro (e intuito la paura della vite davanti al martello). Ora so cosa succede quando non succede niente e cosa non succede quando accade qualcosa: ho imparato il Non Nulla. Ho incontrato persone col cuore in gola, ma di un altro, ho scoperto la Rincrescita nel suo duplice significato. Nel Laddove parlavano al buio, proprio a lui soltanto, recitavano l’ Ave Rgogna, e io da questo ho constatato l’esistenza (in quanto tale), baciato le mie labbra, incontrato un gruppo di Gnorri, conosciuto i Nutili e controllato cosa c’è davvero nel Mentre. Ho visto Finalmente, e anche quali popoli confinano con l’Angheria e perché non ci saran più popoli ma solo Finalmente: lo dirò solo alla verità in persona, e a nessun altro. Mistero escluso.
Fonte immagine: La Repubblica
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