Quanto c’è di vero nella martellante propaganda xenofoba contro stranieri e rom?
Dal 2000 al 2013 più di 23 mila persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Molti di loro fuggono da povertà, guerra e terrore. Alcuni sono profughi, altri sono migranti che sognano di arrivare nel Vecchio Continente per trovare un lavoro, ricongiungersi a familiari o amici, farsi una nuova vita.
Le migrazioni sono un fenomeno atavico, complesso, impossibile da fermare, difficile da governare. Oggi, mentre il numero di migranti che fa rotta verso il nostro continente aumenta di numero per via dei conflitti in Medio Oriente, Africa settentrionale e diverse regioni dell’Africa subsahariana, crescono tra gli europei i sentimenti di insofferenza, intolleranza e odio nei confronti di migranti, stranieri e persino minoranze etniche presenti in Europa secoli.
Con l’aumento degli utenti internet, che in Italia si aggira ormai sui 40 milioni, sulla rete sono sempre più attive e seguite le pagine che dell’odio fanno una bandiera. Tra le più note, Piove Governo Ladro, che ha partorito la bufala della notizia del “sesso” tra le due italiane rapite in Siria e i loro rapitori; Resistenza Nazionale, sito e pagina Facebook di matrice fascista che si dichiara “contro l’oppressione multietnica” (sic); Imola Oggi, che arriva a mettere in bocca alle persone parole mai pronunciate; o, per molti versi la pagina Facebook di Matteo Salvini, oltre 800 mila “likes”, recentemente passato dall’antimeridionalismo alla xenofobia tout court.
Lo stile giornalistico di questi siti e pagine Facebook è caratterizzato dalla martellante propaganda xenofoba contro migranti, immigrati e minoranze interne – rom, slavi, arabi e persone di colore in primis. Nelle storie riportate, le bufale vere e proprie sono mescolate a notizie selezionate e volutamente manipolate in modo da portare acqua al mulino della perniciosa ideologia dell’intolleranza.
Sono queste approssimative pagine web, non il New York Times o Le Monde, che spopolano tra quegli odiatori seriali che sperano che due ragazze rapite da un gruppo di terroristi vengano stuprate, torturate, sgozzate e uccise barbaramente, che godono quando i diversi vengono maltrattati, che tifano per eruzioni vulcaniche che si inghiottano città intere, che attaccano gli stranieri con le spranghe, organizzano pogrom contro i campi rom, e che esultano quando dei poveri disgraziati, bambini compresi, muoiono affogati.
Per i siti dell’odio, gettare legna sul fuoco dei pregiudizi è un gioco da bambini. Solo a Roma si commettono circa 600 crimini al giorno, 200mila l’anno. Con una semplice ricerca in rete, tra questa montagna di reati è facile pescare ogni giorno uno, due o dozzine di reati commessi dal gruppo etnico che si desidera demonizzare. E’ semplice, per chi vuole giocare al pericoloso gioco del Noi-buoni-contro-Loro-cattivi, riportare quotidianamente la classica notizia del rom violento che picchia la moglie, del napoletano ladro che ruba un portafogli, o del rumeno ubriaco che investe e uccide.
E’ molto semplice, per chi scrive o riporta queste notizie, omettere alcune informazioni ed evidenziarne altre. E’ semplice, ad esempio, selezionare un fatto di cronaca e sottolineare la provenienza geografica o l’appartenenza etnica dei personaggi che emergono dalle storie in modo negativo. Ma sostenere o implicare che a spingere il ladro o l’assassino a commettere il crimine sia il fatto che egli sia nato o risieda a Casablanca o a Napoli piuttosto che a Palermo, Milano o New York è a dir poco discutibile. Allo stesso modo, è becero e ridicolo sostenere che le persone di etnia rom o albanese piuttosto che han, polacca o magrebina abbiano l’esclusiva su alcuni tipi di reato.
Come spiegato da Paolo Marozza della Rocca, professore ordinario di Diritto Privato presso l’Università di Urbino “Carlo Bo”, in “Verità e menzogne sugli stranieri criminali” (apparso su Limes, 13 luglio 2007), è vero che, in Italia come ovunque nel mondo, statisticamente gli stranieri siano più propensi alla criminalità rispetto agli altri cittadini. Ma va aggiunto che essi delinquono in maniera maggiore non perchè diversi o stranieri, ma perchè appartengono alla fascia più esposta alla devianza: gli stranieri residenti in Italia hanno una percentuale maggiore di uomini rispetto alle donne, sono più giovani, più poveri, meno istruiti e meno integrati. Sono questi i fattori che ne favoriscono la devianza sociale, in quanto le donne, le persone più ricche, anziane, istruite ed integrate delinquono meno. In qualunque Paese, società, gruppo etnico o religioso.
Difatti, la posizione come classe deviante degli stranieri è analoga alla loro posizione più complessiva come classe sociale. A riprova, gli stranieri compiono soprattutto reati tipicamente maschili, tipici dei più giovani, dei più poveri e dei meno istruiti, limitandosi nella maggioranza dei casi a sostituire gli italiani nei piccoli spacci di droga, nello sfruttamento della prostituzione, nei piccoli furti e negli altri reati contro il patrimonio.
Dunque non è la condizione di straniero a determinare da sola la maggior propensione alla devianza, né tantomeno l’essere stranieri, in quanto siamo tutti stranieri in ogni Paese al mondo eccetto che in quello scritto sulla nostra carta d’identità. Ma sono il genere, l’età e le concrete condizioni di vita e di inserimento delle persone nel corpo sociale a determinarne la propensione alla devianza.
Questo equivale a dire che la criminalità straniera è tale non perchè straniera ma perchè espressiva di collocazioni sociali marginali.
Secondariamente, ad incidere sul tasso di criminalità straniera, aggiunge Marozza della Rocca, ci sono i seguenti fattori:
- Maggiore propensione dei denuncianti italiani a sospettare e denunciare stranieri;
- Maggiore percentuale delle difese d’ufficio, ovvero delle non difese, degli stranieri rispetto agli italiani;
- Maggiore ricorso alla carcerazione cautelare o in attesa di giudizio per gli stranieri;
- Incidenza dei delitti contro stranieri che però non denunciano l’aggressore italiano perché temono conseguenze negative sul soggiorno o sulla semplice permanenza in Italia, o semplicemente perché non hanno fiducia in un giudizio imparziale.
Da questo quadro emerge quanto sia semplicistico, ed in definitiva sbagliato e fuorviante, sostenere che la provenienza geografica o l’appartenenza etnica abbia nel criminale un peso maggiore rispetto ad altri fattori come, ad esempio, istruzione, stato economico, professione, età, sesso, stato mentale e via dicendo. Eppure, state certi che leggerete più titoli di giornali che sottolineano l’etnia, la nazionalità o addirittura la confessione religiosa del criminale (romeno, albanese, rom, marocchino, musulmano e via dicendo) piuttosto che altre caratteristiche più correlate alla devianza (reddito, istruzione, età, sesso, e via dicendo).
Quando fanno della propaganda xenofoba un vanto — riscuotendo tra la gente un successo simile a quello goduto da altri odiatori di professione nelle epoche più buie della nostra storia — i profeti della paura, i siti dell’odio e i loro tanti followers che esultano quando una bambina muore folgorata ignorano tutto questo.
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Gli immigrati provengono da aree ,dove la vita è spesso un inferno e questo inferno è sedimentato nella loro anima.L’Italia è prevalentemente montuosa,le aree suscettibili di sviluppo sono poche e sono popolate.I nostri giovani non trovano lavoro.