Secondo i dispacci della KCNA, l’agenzia di stampa della Corea del Nord, il 19 aprile il “Brillante Compagno” Kim Jong-un avrebbe scalato il Monte Baitou (o Paektu), la montagna sacra nordcoreana nonché la vetta più alta della penisola coreana (2.744 m). Le foto diffuse dai media nordcoreani mostrano un Kim raggiante, il viso rivolto verso l’orizzonte, con indosso il tradizionale soprabito grigio e nessun attrezzo per l’arrampicata. Un vero gigante in un Olimpo gelido e ventoso.
L’importanza cruciale del Monte Baitou nella cultura coreana è paragonabile a quella del Monte Fuji in Giappone. Il Baitou è tradizionalmente venerato dalle popolazioni locali ed è considerato tra i simboli nazionali della Corea, tanto da apparire nello stemma della Repubblica Popolare Democratica di Corea ed essere menzionato nell’inno nazionale.
Il simbolismo tradizionalmente associato al Monte Baitou è stato abilmente sfruttato dal regime per modellare la mitologia della dinastia regnante dei Kim: secondo la propaganda di stato, Kim Jong-il, padre di Kim Jong-un e leader del paese dal 1994 al 2011, sarebbe nato in cima a questo monte sacro mentre in cielo apparivano un doppio arcobaleno ed una stella brillante. Come nel caso di altre leggende religiose o miti fondativi, la realtà è meno prosaica della fantasia: il Caro Leader nacque esule nel 1941 in un campo militare di Chabarovsk, nella Siberia sovietica, dove i guerriglieri comunisti coreani, tra cui suo padre Kim Il-sung, venivano addestrati dall’Armata Rossa.
Stando ai dispacci della KCNA, una volta raggiunta la vetta del monte sacro, all’alba del 19 aprile, Kim Jong-un avrebbe tenuto un discorso per sottolineare l’importanza del Baitou per la causa “rivoluzionaria” del suo Paese:
«Scalare il monte Baitou dona un nutrimento mentale più potente di qualsiasi tipo di arma nucleare ed è questo il modo giusto per mandare avanti la rivoluzione»