«Ci sono 22 milioni di famiglie in Thailandia. Supponiamo di ordinare tutte queste famiglie in base al loro reddito, dalla più povera alla più ricca, e raggrupparle in 10 villaggi di uguali dimensioni in modo che il villaggio-1 comprende il 10% più povero (2,2 milioni di famiglie povere) sino al villaggio-10 che comprende il 10% più ricco.
Cosa vogliono rappresentare questi villaggi?
Nel villaggio 1, il villaggio più povero, la famiglia media guadagna solo 4.300 baht al mese. Gli anziani sono il gruppo più grande (40% del villaggio). Il villaggio più povero in Thailandia assomiglia più ad una casa di riposo che ad una comunità agricola. E questa somiglianza diverrà ancora più evidente dato il rapido invecchiamento della popolazione thailandese.
Il villaggio 5 si presenta come una comunità nei pressi di aree urbane ed industriali, con la maggior parte dei capifamiglia che lavorano come impiegati, personale di vendita (20%), lavoratori autonomi e operai (16%). La gente qui guadagna vicino alla metà in termini di reddito, una media di circa 12.000-15.000 baht al mese.
Il villaggio 10, non a caso il villaggio più ricco, comprende per lo più professionisti (40%) e imprenditori (12%) che guadagnano una media di 90.000 baht al mese. (Naturalmente, come vedremo, le famiglie più ricche del villaggio più ricco guadagnano molto, molto più di questo media.)
Rammentandoci quanto sopra, si possono fare 8 osservazioni circa la disuguaglianza in Thailandia:
1 – La disuguaglianza in Thailandia è peggiorata nel corso degli ultimi 3 decenni. Mentre il PIL reale in Thailandia è quasi quadruplicato negli ultimi 3 decenni, la disuguaglianza è peggiorata. I redditi del villaggio più ricco sono cresciuti più rapidamente di quelli del villaggio più povero. Nel 1986 il reddito del villaggio più ricco era 20 volte quello del più povero. Nel 2011 il rapporto era aumentato a 21.
2 – I più poveri sono gli anziani, non gli agricoltori. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono gli agricoltori i più poveri. Il singolo gruppo più grande nel villaggio più povero sono gli anziani (40%), significativamente superiore agli agricoltori (25%). Ne tutti gli agricoltori sono poveri. Alcuni addirittura riescono a vivere nel villaggio-10 a fianco di professionisti e titolari di aziende. Circa il 9% di quelli nel villaggio-10 sono agricoltori, per lo più dal sud della Thailandia.
3 – Quasi la metà delle famiglie thailandesi guadagna ancora meno di 15.000 baht al mese. Quale è la “tipica” famiglia thailandese e quanto guadagna? Il reddito medio delle famiglie in Thailandia è di circa 23.000 baht al mese, ma questo può essere fuorviante, perché la distribuzione del reddito in Thailandia (come altrove) è molto asimmetrica: ci sono alcune famiglie che guadagnano un bel po’ e questo tende a far salire la media. La famiglia che guadagna 23.000 baht al mese vive nel villaggio-8, non nel villaggio-5. Solo un terzo dei 22 milioni di famiglie della Thailandia guadagna più di 23.000 baht. Quasi la metà guadagna meno di 15.000 baht (circa la mediana). La maggior parte delle famiglie continua a guadagnare solo tra 7.000 – 8.000 baht al mese.
4 – I dati ufficiali probabilmente sottostimano la disuguaglianza di almeno il 25%.
I dati ufficiali sono calcolati con un’indagine socioeconomica ufficiale (SES), che sottovaluta il reddito delle famiglie di quasi 1 trilione di baht, rispetto alle cifre equivalenti nei conti del PIL. Dove giace la maggior parte di questo reddito mancante o non dichiarato? Con ogni probabilità nel villaggio 10. Perché? La famiglia molto ricca, intervistata nel SES, aveva un patrimonio netto totale di soli 205 milioni di baht. Per contro, il patrimonio netto medio dei thailandesi, compresi sulla lista Forbes 50, era di 52 miliardi di baht. Incorporando il reddito mancante o non dichiarato il villaggio-10 aumenterebbe il proprio reddito rispetto agli altri villaggi ed aumenterebbe la misura di disuguaglianza.Un misuratore comune della disuguaglianza è quello di guardare il reddito del primo 20% (i villaggi 9 e 10) rispetto all’ultimo 20% (villaggi 1 e 2). In Thailandia, secondo i dati ufficiali, questo rapporto è 11. Ma integrando il reddito mancante questo rapporto aumenterebbe a 14, spingendo la nostra già critica posizione nella classifica della disuguaglianza (121˚ nel mondo) verso un ulteriore peggioramento (a 135˚).
5 – La Thailandia si colloca vicino al fondo nella classifica per la disuguaglianza economica. La disuguaglianza economica è addirittura superiore a quella del reddito. Di ogni 100 baht di reddito ottenuto a livello paese, 38 baht maturano nel villaggio 10, mentre solo 2 baht vanno al villaggio 1.
In termini di patrimonio netto totale, tuttavia, quelle del villaggio-10 possiedono quasi il 60%, mentre quelle del villaggio-1 hanno patrimonio netto negativo in quanto le loro passività (debiti) superano i loro beni. Nulla di sorprendente, la Thailandia si colloca 162ᵃ su 174 in termini di disuguaglianza economica secondo il Credit Suisse Global Wealth Databook.
6 – La ricchezza media di un membro del Parlamento (MP) è superiore a quello del 99,999% delle famiglie tailandesi.
I deputati sono rappresentanti del popolo. Ci si potrebbe quindi aspettare che escano da villaggi e circoscrizioni elettorali. Ma si scopre che sono tutti molto, molto più ricchi delle famiglie del villaggio 10. Infatti, il totale dei beni dei 500 deputati è pari al patrimonio netto complessivo di 2 milioni di famiglie povere tailandesi.7 – C’è anche la disuguaglianza nell’accesso alla salute e all’istruzione di qualità.
I bambini del villaggio 10 hanno accesso alle scuole migliori ed hanno il doppio delle probabilità di ottenere un punteggio sufficiente nel test matematico PISA rispetto ai bambini del villaggio 1. Non sorprende quindi abbiano anche il triplo di probabilità di andare all’università.8 – La disuguaglianza più importante da affrontare in Thailandia è la disparità di opportunità.
La disuguaglianza di reddito ci accompagna da lunga data ed è poco probabile che sparisca in tempi brevi. La maggior parte delle persone probabilmente può anche accettare che qualche disuguaglianza del reddito sia inevitabile. Molti thailandesi potrebbero attribuirlo a cattivo karma. Ma persistenti disuguaglianze di opportunità sono molto più difficili da accettare e possono provocare senso di ingiustizia, rancore e conflitti. Le persone possono accettare di perdere la gara, ma non che venga loro impedito di competere.Concentrare l’attenzione sul trasformare la disuguaglianza in un’opportunità richiede politiche per migliorare l’accesso e la qualità dei servizi pubblici, in particolare l’istruzione. Al contrario, focalizzarsi su come affrontare le disparità di reddito porterebbe verso (una somma zero) ridistribuzione fiscale e populista – con l’uso di politiche che nel clima politico attuale non farebbero che esacerbare il conflitto.»
(Fonte: Thailand Future Foundation)
I dati sopra riportati sono stati pubblicati circa un anno fa dalla Thailand Future Foundation ed ora si attende, se possibile, un nuovo report.
Le recenti affermazioni del Primo ministro thailandese mi fanno pensare a quella che gli specialisti del settore definiscono “Ipotesi Lee” (da Lee Kuan Yew, padre fondatore e architetto della Singapore moderna).
L’ipotesi Lee tende a dimostrare che i sistemi non democratici garantiscono uno sviluppo economico più efficiente. Ma in effetti non dimostrerebbe nulla in quanto ricavata da ricerche e dati limitati a Singapore.
Per ben interpretare il report della Thailand Future Foundation credo sia importante sapere che l’organismo fa riferimento a Economic Freedom of the World che utilizza per le sue rilevazioni l’indice EFW.
«Attraverso l’indice Efw diversi studiosi hanno cercato di determinare se e come la presenza di libertà politica fosse la causa della presenza di libertà anche in ambito economico. È il cosiddetto approccio “CoD” (Consequences of Democratisation). Il dibattito scientifico a questo riguardo ci pone di fronte due visioni contrapposte, sviluppate a inizio anni ’90 e ancora oggi oggetto di discussione. Secondo la teoria del democratic advantage solo un governo democratico sarà tenuto ad implementare riforme economiche efficaci (e sostenibili) per paura di essere punito alle successive elezioni. Altri invece considerano i governi democratici meno liberi di agire efficacemente a causa di lacci e lacciuoli, e per la presenza di numerosi veto players.
Con la crisi globale del 2007/2008, gli studiosi delle conseguenze economiche della democrazia si sono focalizzati anche sull’effetto interagito di democrazia e performance economica. L’effetto delle istituzioni democratiche sulla libertà economica varia a seconda del tasso di crescita registrato del paese? I pionieri di questo approccio hanno evidenziato come in caso di recessione economica solamente le democrazie rispondono con un aumento della libertà economica attraverso riforme strutturali.» (Filippo Gregorini – La Voce.info)
Parlare di disuguaglianza non è semplice, come dice Amartya Sen: «Eguaglianza di che cosa?»
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23.000 bath al mese il reddito medio? ma chi scrive queste cose c est mai stato in thailandia? in lungo e in largo…! Personalmente ho visto le abitazioni dei simpatici Thai e lasciamone perdere la descrizione a parte quelle che posseggono o risiedono solo in pochi. Su 100 ,2 o 3 avranno una abitazione buona. Io penso che il thai medio,ossia il 90 x cento non gli entrino in tasca piu di 100 euro al mese
https://tradingeconomics.com/thailand/wages
Copia/incolla dal testo (scritto in italiano) :”Quasi la metà delle famiglie thailandesi guadagna ancora meno di 15.000 baht al mese. Quale è la “tipica” famiglia thailandese e quanto guadagna? Il reddito medio delle famiglie in Thailandia è di circa 23.000 baht al mese, ma questo può essere fuorviante, perché la distribuzione del reddito in Thailandia (come altrove) è molto asimmetrica … La maggior parte delle famiglie continua a guadagnare solo tra 7.000 – 8.000 baht al mese.)”.
Marino, libero di pensare quel che ti pare, ma almeno prima leggi (pazientemente) tutto quel che viene scritto.
Sono 15 anni che vivo in Thailandia e ho vissuto sia a Bangkok,dove risiedo tuttora e in molte altre citta’ ricche e povere.
Il problema qui e’ la fascia vecchia della popolazione, in quanto non hanno una pensione (salvo per i lavoro statali o ditte estere).
Comunque parlare di euro invece che di baht non ha alcun senso,anche perche’ i 100 euro ormai al cambio valgono molto poco.
In citta’ grandi la paga base si aggira ormai tra i 12000/14000 a persona e una cosa che non manca in Thailandia e’ sicuramente il lavoro.
La bassa pressione fiscale crea molte opportunita’ di lavoro,forse quella che manca in molti thailandesi e’ la voglia di lavorare.
Le entrate di denaro in Thailandia continuano ad aumentare non anno per anno ma mese per mese,basti guardare come e’ cambiata Bangkok negli ultimi 10 anni con centinania di grattacieli e nuove strutture.
Maurizio, a parte che stiamo parlando di dati riferiti al 2014, per dire che sarebbe meglio osservare (e confrontare) dati aggiornati.
Ritengo che applicare un cambio baht/euro abbia lo scopo utile di favorire un immediato confronto con l’equivalente norma italiana.
Es. Se dico che, per legge, il salario minimo giornaliero è 300 baht mi pare giusto indicare il cambio in euro (del momento).
(a ben vedere all’epoca – 2015 – il cambio euro/baht era attorno a 1/40, un meno 12,5 %, se guardo 10 anni addietro siamo a un bel meno 30% … i prezzi sono cambiati ben poco, per i thai, ma per chi ha un reddito in euro, come me, sono aumentati assai)
Per il resto direi una visione neoliberista, la tua, del tipo: … sparisce un lavoro, ma si creano nuovi lavori … una visione, per molti una certezza, che ora inizia a incrinarsi …ovvero si guarda anche alle disuguglianze distributive e quindi economiche, la Thailandia è in testa in questa classifica regionale … ma lasciamo perdere.
Ma quella “poca voglia di lavorare” che descrivi proprio non riesco a digerirla.
Sembra un tratto somatico, un fattore cromosomico.
Non lo è.
Consiglierei di cercarne i motivi nella gestione politico/economica, nell’assistenza sociale, nella scuola pubblica o nell’istruzione in generale.
Gli uomini nascono per caso in un determinato ambiente sociale, se questo ambiente è favorevole o meno allo sviluppo del singolo non è altro che un caso.
La “poca voglia di lavorare” non nasce con noi ma in noi che cresciamo in un determinato ambiente sociale.