Ho sempre preferito il disagio di stare a sinistra al disagio di stare altrove, ma non capisco l’ossessione di mettere il progresso davanti a tutto. Io non amo il progresso. Amo la vita claudicante, la perplessità, la timidezza, l’affanno. Amo una politica dolce, quieta: praticamente non amo la politica fatta solo per gli umani. Non ci siamo solo noi al mondo e il fatto che ormai siamo tantissimi è già un problema molto grave. Credo a una politica docile, ingenua, incantata, praticamente credo alla poesia.
Per fare qualcosa di sinistra non c’è bisogno di affidarsi a un continuo rimpasto di sigle e progetti che alla fine portano più o meno sempre alla stessa conclusione: pure la sinistra vuole la crescita e si combatte il capitalismo con lo stesso ferro vecchio: l’homo oeconomicus .
L’ho capito bene in una giornata passata a Cavriglia, il paese toscano dove il Pci prendeva quasi l’80 per cento dei voti. Ora lì c’è il Pd. E sono buoni amministratori, solerti e poco propensi alla corruzione. Il problema è il passato. In questa zona ai tempi del Pci c’era una miniera di lignite.
Ho scoperto che alcune frazioni di Cavriglia sono state completamente distrutte per far posto alla miniera a cielo aperto. Un scavo forsennato, come quella di un cane che cerca tartufi. Uno scavo incurante di tutto e di tutti. All’inizio degli Anni Ottanta si arriva a demolire un piccolo borgo con un castello e una chiesa. Sembrano cose da Cina o da Nigeria e invece siamo a 30 chilometri da Firenze e a 30 chilometri da Siena.
Viene il sospetto che se il Partito comunista avesse vinto le elezioni nel ’48 e avesse governato per tutto il tempo che ha governato la Dc, forse avremmo avuto una distruzione del paesaggio anche maggiore di quella prodotta dalla Dc. Può darsi che i Sassi di Matera sarebbero stati rasi al suolo per fare dei parcheggi o delle palazzine. E magari avremmo perso anche i trulli e i nuraghi. Il partito degli operai non poteva anche essere il partito delle colline e degli uccelli.
Fino agli Anni Settanta la questione ecologica era davvero una questione di pochi illuminati e tutti erano rigorosamente fuori dal Partito comunista. In quel glorioso partito, i dirigenti erano onesti, sia a livello locale che nazionale, ma tra la fabbrica e la salute il primato era della fabbrica, vedi Taranto o Marghera.
A Cavriglia il partito non si è opposto all’avanzata della miniera. La frazione di Castelnuovo Sabbioni ora è un piccolo paese morto. Le persone hanno avuto la casa nuova e non hanno perso il lavoro. L’economia della valle era fiorente. La salute della terra non era un problema. La cosa che sorprende è che questa storia non è mai arrivata all’attenzione nazionale. Se fosse accaduta in Calabria o in Campania sarebbe stata raccontata come tipico esempio del malcostume meridionale. I toscani provano a schermare fin che possono i loro errori. Lo hanno fatto anche con la banca di Siena.
Ho il sospetto che nel passaggio di potere che dal Pci ha portato al Pd dopo numerose mutazioni, si è perso qualcosa di fondamentale: prima si combatteva il capitalismo, adesso si mira semplicemente all’esercizio del potere, il capitalismo non è un problema, anzi è l’unico modello che si riesce a concepire.
Tornerò a Cavriglia e in altri luoghi della Toscana. Voglio verificare la mia impressione che il benessere diffuso che questa terra ha raggiunto alla fine ha un po’ spento le persone. I servizi per i cittadini sono abbastanza efficienti, ma c’è poco lirismo in giro. Tra il sacro e l’efficienza, io penso che oggi si debba scegliere il sacro. La sinistra non può stare al mondo accentando questo mondo. Non si tratta solo di battersi per i deboli, non si tratta solo di eliminare le ingiustizie, principi comunque già ampiamente disattesi.
La questione è il futuro di tutte le creature della terra. La sinistra ha senso solo se incrocia democrazia locale e dimensione planetaria. Ma la meta non può essere la crescita, la meta è decentrarci, abitare il pianeta sapendo che si tratta di un piccolo condominio che dobbiamo spartire con gli alberi e gli animali.
La sinistra per vivere ha bisogno di capire la natura teologica di molti nostri problemi di oggi e deve insegnare agli uomini che il mondo non si cambia col potere. Il mondo si cambia standoci dentro con attenzione, ognuno nei suoi luoghi o nei luoghi che ha scelto di abitare. Una nuova alleanza tra gli esseri e le cose, un intreccio continuo di poesia e passione civile.
La mia idea è che in Italia, specialmente nell’Italia interna, si può impiantare un nuovo umanesimo. La sinistra non può che essere un nuovo umanesimo. Non si può fare quello che si è fatto nel passato a Cavriglia. Il lavoro non può essere un motivo per distruggere la natura. Dobbiamo fare altro: dobbiamo fermarci, diventare gentili, clementi, attenti.
Non si può uscire dal capitalismo col comunismo del Novecento, con tutte le sue nobiltà e le sue miserie, questo è l’amaro verdetto che abbiamo davanti.
Un mondo è morto e l’altro ci sta uccidendo. Però la storia non è finita. Oggi ci può essere una nuova, straordinaria militanza al servizio non solo dei nostri egoismi umani, ma di tutte le creature del pianeta.
Proviamo a tenere la poesia dentro ogni cosa. E con la poesia anche l’invisibile e l’assenza. Un pensiero ecologista veramente profondo non può non arruolare Dio, la morte e la poesia. Da questa base che tiene insieme il pianeta e ogni città e ogni paese, può nascere un nuovo progetto per un’altra vita e un’altra politica.
La mutazione genetica a sinistra – Franco Arminio –Il FattoQuotidiano 12/03/2015
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