Lo “Stato Islamico” perde i pezzi: liberata la città natale dell’ex rais iracheno. E Tehran guadagna terreno in Iraq
(Asiablog) – Dopo 10 giorni di intensi combattimenti, finalmente sui tetti di Tikritsventola la bandiera della Repubblica d’Iraq. L’operazione di riconquista, portata avanti dall’esercito iracheno, è la più vasta azione militare dai tempi della lotta ad Al-Qaida. La città natale di Saddam Hussein, situata circa 150 Km a nord di Baghdad, era stata occupata dagli uomini in nero dell’auto proclamato Stato Islamico dell’Iraq e al-Sham (o Isis) lo scorso giugno 2014.
L’offensiva lealista ha avuto inizio intorno al 2-3 marzo scorso impiegando la 5a Brigata, forte di ben 30.000 uomini, di cui 9.000 in prima linea utilizzati per le prime fasi dell’attacco. Nella serata del 3 si sono aperti i cancelli delle stazioni petrolifere di Alas e ‘Ajeel, di vitale importanza strategica per rifornire le truppe sul terreno. Nella stessa giornata, è arrivata poi una proposta di sostegno logistico da parte di Ankara, presso l’ambasciata turca in Iraq, al governo di Baghdad in cui si specificava la volontà di inviare munizioni e pezzi di ricambio all’esercito ma, allo stesso tempo, si negava un aiuto di tipo militare con uomini sul campo.
Alla fine della giornata del 4, il Ministero degli Interni iracheno ha affermato che «le forze armate nazionali hanno riconquistato 97 tra distretti e sotto-distretti a sud di Tikrit». Tutto questo è stato poi possibile, in sole 24 ore, grazie all’aiuto militare di alcune milizie sciite, presenti nei villaggi intorno agli obbiettivi principali, e a decine di bombardamenti aerei, portati avanti dalle forze della Coalizione internazionale a guida statunitense. Date le difficoltà nell’opporre resistenza all’avanzata lealista, i soldati del Califfato si sono trovati costretti ad incendiare alcuni pozzi petroliferi per rallentare le truppe irachene e disorientare i piloti alleati.
Il 5 marzo l’Iran degli Ayatollah invia mezzi corazzati e consiglieri militari a supporto dell’esercito iracheno. Questa scelta, che per l’Iran potrebbe rivelarsi una pietra miliare in termini di strategia a lungo termine, ha scosso fortemente gli Stati Uniti e particolarmente l’Arabia Saudita, il cui Ministero degli Esteri ha affermato poche ore dopo che «l’Iran sta prendendo tutto il paese». In risposta a questa scelta politica e militare, gli Stati Uniti decidono di sospendere temporaneamente i bombardamenti della Coalizione sulla “Terra dei due fiumi”, per lasciare libertà d’azione alle forze armate irachene.
Gli scontri proseguono aspri fino all’11 per accerchiare la città di Saddam, giornata in cui le forze dell’Isis, ormai allo stremo, iniziano a ripiegare, lasciando dietro di se distruzione e numerosi cecchini appostati sui tetti. Se da un lato però la bandiera del Califfato retrocede, dall’altro prova a guadagnare terreno altrove. Infatti, in risposta all’offensiva governativa irachena, gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi, sempre nella giornata dell’11, lanciano una serie di attacchi nel nord-est della Siria, nei pressi di Ras Al-Ayn al confine turco, contro le forze curde. Le poche truppe di stanza in questo settore avviano perciò una campagna di reclutamento anche tra arabi e cristiani, con lo scopo, secondo un portavoce militare curdo, di «difendere la popolazione civile per dovere morale».
Giovedì 12, gli iracheni riescono a strappare buona parte di Tikrit alle milizie nere, con un bilancio di 237 morti tra le file dell’Isis e circa 16 tra quelle lealiste. A questo punto le Guardie Rivoluzionarie iraniane propongono di avanzare ancora verso Mosul, quartier generale delle forze del Califfato per le aree occupate in Iraq, con lo scopo di mantenere la pressione psicologica sui propri avversari e per cercare di far spostare truppe da Fallujah, altra importante città in mano allo Stato Islamico, alla roccaforte nel nord del paese. Gli alti comandi iracheni optano però per una pausa dei combattimenti, in modo da riorganizzarsi e rifornirsi in vista di una eventuale offensiva verso Mosul datata metà primaverà.
Le milizie dell’ISIS continuano ad occupare alcune aree di Tikrit, ma il grosso della città è nelle mani delle truppe governative e degli alleati iraniani. L’ISIS perde i pezzi e Tehran guadagna terreno in Iraq, anche se si temono violenze dei gruppi armati sciiti nei confronti della popolazione locale di professione sunnita.
Christopher Rateo [ Articoli ]
Fonte immagine: Daily News