In Thailandia il 22 maggio 2014 l’ennesimo colpo di stato militare ha nuovamente fermato la lenta, ma io voglio credere inesorabile, presa di coscienza democratica del popolo thailandese.
Non abito in una grande città e da quest’osservatorio particolare, lontano anni luce dalle protesta di piazza e dai flussi culturali che pur esistono in molti luoghi di questa nazione, assisto ad un normale quieto vivere, come se nulla fosse accaduto, o meglio, come se quel che sta accadendo fosse nell’ordine delle cose che non si possono mettere in discussione. Il colpo di stato e le sue conseguenze sulle libertà individuali non sono un problema ma un dato di fatto, qualcosa come la morte. Certo, forse un sentimento più indotto che spontaneo. Rispetto formale ed obbedienza nei confronti dei superiori di rango sociale o ruolo famigliare e lavorativo, sono alla base del comportamento thailandese e questa educazione si riflette passivamente sul comportamento sociale ed incide in modo determinante nel discutere le scelte di come gestire la cosa pubblica ma anche privata.
Ma, solo a volersi guardare attorno, scopri che quelli che dissentono esistono e fanno sentire la propria voce. Non certo nelle reti tv e neppure sui maggiori quotidiani, la legge marziale impone un’attenta autodisciplina nel praticare la critica e, d’altra parte, l’autocensura è uno dei maggiori limiti imputati alla società thailandese da ben prima dell’ultimo golpe.
Già in precedenza ho presentato voci che esprimevano criticamente la propria opinione nei confronti della giunta militare ed ora, profittando della pubblicazione da parte di Prachatai english di un reportage su molti dei gruppi studenteschi oggi attivi in Thailandia, colgo l’occasione per far conoscere altre voci che si, e ci chiedono: “Cos’è dunque la libertà?”
Questa la presentazione del reportage giornalistico di Emma Arnold e Apisra Srivanich-Raper, fatta della redazione di Prachatai:
Dopo che carri armati e stivali militari si erano schierati per le strade di Bangkok il 22 maggio per mettere in scena l’ennesimo colpo di stato, neanche un decennio dopo quello del 2006, molti dissidenti politici anti-colpo di stato sono accorsi in piazza per protestare contro il nuovo regime militare. Ma, con la subitanea imposizione della legge marziale, queste voci di dissenso politico sono spirate dopo mesi di arresti arbitrari e detenzioni. Nonostante questo scenario, quando è diventato chiaro che delle politiche di riforma e delle proposte di legge del nuovo regime militare, su vari temi come l’istruzione, l’energia, le risorse naturali, la riforma agraria e forestale, l’immigrazione, l’istruzione ed il fisco, beneficieranno solo alcuni gruppi di persone, mentre influiranno negativamente su tutti gli altri, ONG ed attivisti politici hanno cominciato a sfidare ancora una volta la giunta militare, nonostante l’imposizione della legge marziale, che dà un potere senza precedenti al regime per effettuare arresti su qualsiasi esternazione anti-colpo di stato. Nel mese di novembre, cinque studenti attivisti del gruppo Dao Din della Khon Kaen University, nel Nord-Est, hanno esibito il saluto a tre dita al Gen. Prayut Chan-o-cha, il leader della giunta. Gli studenti sono stati immediatamente arrestati e poi interrogati dai militari. L’esercito ha coinvolto anche i loro famigliari ed ha minacciato di aprire il fuoco nella zona universitaria se non avessero accettato le condizioni della giunta. Forse la giunta sperava che un trattamento deciso ed intimidatorio sugli studenti di Khon Kaen potesse servire da deterrente per tenere a bada altri giovani attivisti, il risultato è stato l’opposto. Uno dopo l’altro, nonostante la presunzione che l’era del movimento studentesco thailandese si fosse conclusa col sanguinoso massacro di studenti dell’ottobre 1976, studenti attivisti di vari orientamenti politici hanno ricominciato, per l’ennesima volta, ad esprimere opposizione alla repressione dalla giunta. Gli odierni movimenti studenteschi non sono movimenti giovanili di massa collegati ad ideologie politiche, come era nel 1970, non sono neppure affiliati ad alcun “colore” dell’attuale scenario politico thailandese (i due maggiori partiti politici thailandesi esibiscono, come colore simbolico, il rosso ed il giallo, ndr). Questi giovani attivisti si sono inizialmente impegnati in problematiche regionali e nazionali, nonostante l’ostacolo della legge marziale. Per esaminare la storia, i sogni e le aspirazioni di questi studenti attivisti, che ora sono in prima linea nella mobilitazione politica della Thailandia, Prachatai presenta il reportage:
“The modern Thai student movement ”
di Emma Arnold e Apisra Srivanich-Raper
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Questi i link delle parti tradotte in italiano e pubblicate da Asia blog:
Parte I , Parte II, Parte III, Parte IV
Tutti i testi di questo post (a parte il preambolo inziale) e le immagini provengono da Prachatai
- Fotografia come esclamazione di vitalità - 19/08/2016
- La Thailandia, la zucca e… il peperoncino - 11/08/2016
- Hiroshima, la bomba di Dio - 06/08/2016