Nella grande parte della Thailandia lontana dal mare l’offerta ed il consumo di pesce d’acqua dolce è abbondante. Si passa dal normale pesce fresco esposto in attesa di compratori, al pesce ancora vivo ed ucciso al momento di essere messo nella sporta della spesa per arrivare al pesce seccato al sole ed a quello cotto pronto per essere mangiato.
In verità si trovano anche gamberi, gamberoni e gamberetti povere spoglie insapori, inodori e forse a volte anche scongelate, prodotti che provengono da allevamenti nazionali che esportano in tutto il mondo e tristemente noti per la produzione a basso costo ed i danni ambientali.
Nei supermercati, invece, si trovano sgombri, palamite ed altri pesci di mare che, dal reparto pescheria, in tutto simile a quelli che si trovano in Italia, ti fissano con occhi talmente acquosi da ispirare solo empatia per la loro triste sorte.
Del mio ottimo, anche se non facile, rapporto con i prodotti del mare e col mangiare in generale, ho già accennato in un precedente post.
Oggi vivo lontano dal mare, quindi: meglio un fresco prodotto di acqua dolce che uno stantio prodotto del mare.
La Tilapia, nota in lingua thailandese come ปลานิล (pla nin), nome scientifico tilapia nilotica o oreochromis niloticus, è pesce d’acqua dolce e salmastra, originario dell’Africa.
Si tratta di una specie molto diffusa nei fiumi thailandesi ed ampiamente utilizzata negli allevamenti ittici.
Talmente utilizzata che nel 1979, dalle ricerche congiunte di due centri statali per lo sviluppo dell’allevamento ittico di Ubon Ratchathani e Khon Kaen, venne creata una nuova specie a cui Sua Maestà Rama IX diede il nome di ปลานิลแดง (pla nin deng – tilapia rossa). La ricerca ha anche sviluppato la specie Tilapia Super Maschio (ปลานิลซูเปอร์เมล – pla nin super men), specie di pesce che, attraverso le modifiche del genoma, ha una resa riproduttiva e quindi commerciale superiore alle altre specie allevate.
Ed è giunta l’ora di mangiare un pla nin deng.
Molti dei rivenditori che arrostiscono pesce di solito usano fuoco alto (i prodotti ittici richiedono fuoco ben moderato) e, a cottura ultimata, lasciano il pesce sulla griglia in prossimità della brace in attesa di venderlo. Questo provoca danni irreparabile al povero arrosto che si asciuga a livelli prossimi alla carbonizzazione. Il metodo di cottura utilizzato nella rivendita della foto sopra permette quantomeno una cottura più idonea, ed a cottura ultimata il pesce viene allontanato dal fuoco.
Descrizione della foto a sinistra.
Escludendo il piatto in basso a destra, un ส้มตำ (som tam – conosciuto in inglese col nome di papaya salad) acquistato altrove, ecco quel che ci si porta a casa:
– pesce arrosto,
– verdure crude,
– spaghetti di riso (ขนมจีน – kanom jin),
– salse piccanti.
Come si deve mangiare il tutto ?
Fase uno: pulito il pesce si prende una foglia di verdura. Nella foto a destra ho utilizzato foglie di cha plu (ช้าพลู), Piper sarmentosum.
Fase due: si aggiungono spaghetti di riso, salsa e a piacere menta e/o basilico e/o coriandolo.
N.B. Il coriandolo viene venduto come “prezzemolo“, il basilico è “basilico thailandese“, e quel che chiamo menta è melissa, nome scientifico melissa officinalis, conosciuta in Thailandia come pag saranæ – ผัก สะระแหน่.
Fase tre: non ci resta che assaggiare.
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