Il campo arato nella foto è all’interno dei confini del Ramkhamhaeng National Park in provincia di Sukhothai, la foresta alla fine del campo e la collina sullo sfondo, sono i primi contrafforti ovest del parco. Il confine del parco è contrassegnato da una strada provinciale, alle spalle della foto, ma nonostante questo la terra è da tempo disboscata, coltivata e viene anche ceduta ad altri, un passaggio di possesso informale ma “garantito”, per la conferma dell’avvenuto pagamento, dal capo villaggio.
“Lo scorso luglio il Comando delle operazioni di sicurezza interna e il Ministero delle risorse naturali Thailandia hanno reso noto il nuovo piano forestale (’Forestry Master Plan’ – FMP). Formalmente il piano sarebbe finalizzato a fermare la deforestazione, e ad espandere entro 10 anni la copertura forestale del paese dall’attuale 33 per cento (17,1 milioni di ettari), al 40 per cento (20,5 milioni di ettari), ma gratta gratta, dietro alle belle parole si nascondono le pratiche di sempre: allargare le piantagioni monocolturali di Eucalipto, scacciando le comunità indigene dalle loro terre.” (Salva le foreste)
«Avrei dovuto uccidere uno studente che stava facendo la sola cosa che avrei dovuto fare io stesso, se solo avessi saputo come. … Lui, uno studente, doveva conoscere il danno incalcolabile che l’inquinamento aveva causato ai fiumi e alle risaie più di noi, contadini dell’lsaan. Mi recai da lui e gli dissi del complotto per ucciderlo e poi scomparvi. Attraversai il fiume Mekong per vivere in pace nel Laos, cambiai la mia identità e divenni monaco, in un tempio di Luang Prabang. Non tornerò nell’lsaan. Rimarrò qui nel Laos dove parliamo la stessa lingua; la gente dell’lsaan e i laotiani sono fratelli, molto legati, non solo dalla lingua comune lao, ma anche dalla stessa cultura. Avrei potuto desiderare di tornare nell’Isaan se mia moglie, mio figlio e mio padre fossero ancora vivi, se avessi avuto un pezzo di terra dove vivere, nonostante la paura che un giorno il Grande Capo dei sicari a pagamento potesse assoldare un sicario per uccidermi perché non avevo portato a termine il lavoro.
Poiché in quei giorni ero un povero e stupido contadino dell’Isaan che sapeva appena leggere e scrivere, mi ci vollero anni per capire che in quanto fittavoli di gente potente che reclamava le riserve forestali come proprie, eravamo i loro strumenti per tagliare e bruciare la foresta, cosicché alcuni anni dopo i boschi potessero essere classificati come “degradati”. A causa della corruzione dilagante le cosiddette foreste “degradate” e parti dei Parchi nazionali, venivano date in concessione a uomini influenti che contribuivano allo “sviluppo” della regione con attrezzature turistiche, campi di golf o, sotto il camuffamento della riforestazione, piantavano alberi di eucalipto a rapido accrescimento per rifornire le fabbriche della carta. Mi ci vollero anni per comprendere perché dovessero morire le brave persone come il defunto insegnante che cercava d’impedire la concessione di una riserva forestale a una ricca e potente famiglia e lo studente di Khon Kaen, che cercava di protestare contro l’inquinamento dei fiumi dell’Isaan. Io ero il mostruoso strumento che portava la morte a così tanti uomini di buone intenzioni che lottavano contro il Male.
Qui nel Laos, vedo quello che sta accadendo alle foreste tropicali che gli speculatori del legno guardano con bramosia. Presto il ponte sul fiume Mekong sarà finito, rendendo i trasporti tra Thailandia e Laos più veloci e più facili. Non ci vorrà molto a loro per derubare il Laos dei suoi alberi, lasciandosi dietro uno strascico di colline denudate e terre erose.»
(Un sicario a pagamento, Racconti thailandesi – Pira Sudham – Ed.Besa)
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