Era capitato altre volte nella mia vita di lettore di trovare per caso e non per voluta ricerca, un libro che mi regalava qualche certezza in più ed anche qualche buon suggerimento circa le mie scelte di pensiero e di vita, questo libro è uno di questi casi fortuiti.
Che cosa è Espatriati: Psicologia E Formazione Oltre l’Occidente, gli autori, Gian Piero Taricco e Marco Castella, ce lo dicono nelle prime righe:
«Questo lavoro è una raccolta sistematizzata di riflessioni e analisi sulle principali dinamiche psicologiche che un espatriato potrebbe sperimentare in un contesto non occidentale qualora permanesse per un certo periodo di tempo, per motivi di lavoro o di rilocazione.»
Gli autori mettono in evidenza le differenze tra due modelli culturali, si legge nella premessa:
«il modello occidentale (quello a cui siamo abituati e che caratterizza principalmente l’Europa, gli Stati Uniti, parte dell’America Latina e l’Australia) ed il “modello altro”, cioè non occidentale (che caratterizza l’Africa, l’Asia e zone dell’America Latina). Si tratta ovviamente di “modelli ideali”, non direttamente sovrapponibili alle rispettive realtà geografiche. Per ciascun modello si possono individuare delle “dimensioni”, cioè degli ambiti in cui si manifestano maggiormente delle differenze in grado di condizionate l’espatriato.»
D’altronde, come scrive Edward Sapir,
«… la cultura di un gruppo nel suo insieme non è una vera realtà. Ciò che è dato, e dal quale dobbiamo partire, è l’individuo e il suo comportamento. Dal punto di vista analitico, l’individuo è il portatore della cultura». (The Psychology of Culture – Edward Sapir)
Espatriati è un libro che, guardando prevalentemente ma non solo all’Asia, elenca i luoghi comuni (nel libro giustamente definiti: preconcetti) che pervadono noi e gli “altri”. Tutti gli aspetti del vivere – identità, religione, modo di ragionare e pensare, tempi e ritmi di lavoro – vengono analizzati con l’intenzione di offrire strumenti idonei a guardare dentro di noi per favorire l’incontro tra noi e gli “altri”.
«Il rapporto tra una mente e la cultura è un incontro tra individui, vale a dire tra cervelli. Ognuno dei quali è unico. I rapporti tra le singolarità danno luogo alla storia, alle competizioni, alle guerre, alle violenze, agli atti d’amore e di altruismo, ai modi individuali e collettivi di vivere e di pensare, ai criteri estetici e quelli morali, alle loro trasformazioni, al gusto, alle tradizioni. … Il clima, la famiglia, l’ambiente, la scolarità, le condizioni sociopolitiche, le lingue che si imparano, le amicizie, gli affetti, le riflessioni, e tutto quanto fa parte della vita, modificano la struttura del cervello. Dal momento che la cultura e l’ambiente modificano la struttura del cervello, il senso comune non è uguale ovunque.» (Cosa sono io: Il cervello alla ricerca di sé stesso – Arnaldo Benini)
Un libro che consiglierei di leggere a tutti gli espatriati ed a coloro che intendono espatriare, ma anche a tutti i “curiosi” non espatriati e senza intenzione di espatriare; in fondo in Italia ospitiamo tanti espatriati.
Sono solo una settantina di pagine che, a parte la premessa iniziale e le conclusioni finali, propone 12 capitoli che iniziano con un “In breve” che mantiene la sua promessa ed è proprio la sua sintesi schematica che me lo fa consigliare anche a coloro che non amano o non sanno leggere, assicurando, coloro che potrebbero storcere il naso al sottotitolo: Psicologia e formazione oltre l’occidente, che le parti strettamente tecniche sono pressoché inesistenti e forse vale la pena leggere del perché “certe cose” possono accadere.
«Dopo una prima fase di euforia derivante dall’incontro con persone appartenenti a una società e una cultura diversa, i rapporti con i locali sembrano peggiorare. Il collega che sembrava così amichevole, e a cui l’espatriato aveva accordato piena fiducia, pare ora ritrarsi e comportarsi freddamente. L’amico, con cui sembrava aprirsi un dialogo, appare più superficiale se non irritante. Con altre persone, pure simpatiche ed ancora disponibili allo scambio, sembra che, di fatto, non ci sia nulla da dire e nulla su cui discutere. Infine, più persone “gettano la maschera”, manifestando apertamente che la loro amicizia aveva un carattere prettamente utilitaristico. L’espatriato sperimenta un senso di delusione, tanto più vivo se rapportato al sincero slancio ideale con cui aveva inizialmente impostato le relazioni» (Espatriati — di Gian Piero Taricco e Marco Castella)
Già. Perché può accadere tutto questo?
Buona lettura a tutti.
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