Non sono venuto a vivere in Thailandia credendo o sperando di trovare un paradiso, cercavo solo un posto a mio giudizio più accogliente, un inferno diverso, nulla di più. L’altro giorno un amico che vive in Italia, preso da un attimo di stanchezza nella sua lotta per la sopravvivenza della democrazia nel nostro paese, mi ha scritto: «Non conosco la “dittatura” thailandese, ma, visto l’andazzo italiano, farei un cambio ad occhi chiusi e pari pari con la nostra “democrazia”.»
Ho cercato di spiegargli che non conviene gettarsi nella brace ancor prima di finire in padella (anche se devo ammettere che, forse, gli italiani in padella ci son già).
In Italia stiamo assistendo ad un netto peggioramento del sistema democratico, forse iniziato in quegli anni di piombo (gli anni ’70 del secolo scorso) che hanno visto disgregare, a colpi di attentati e quant’altro, non solo il boom economico ma anche la forte crescita di una coscienza civica e le speranze nel miglioramento democratico degli anni ’60. Un peggioramento di certo accelerato negli anni ’90. Ma in Italia, per ora, tutto è permesso ad esclusione di quel che la legge vieta. Sì, ci sarebbe da ridire su certe leggi, come la legge elettorale, ma qui anche la sospesa Costituzione era scritta “ad personas”.
Qui ora tutto è vietato ad esclusione di quel che è permesso (dalla giunta militare). Unico vantaggio, non esistendo un grande spazio di peggioramento, al massimo un brutale mantenimento dello status quo, lo spazio di miglioramento è enorme.
Qui le “cose” non possono che migliorare (ma non domani o dopodomani). E, grande differenza rispetto alla situazione italiana, qui nella lotta per la democrazia oltre a pazienza ed ostinazione, serve anche tanto coraggio in più. Non è facile trovare il coraggio di bruciarsi volontariamente nella brace.
“è bello starsene in giro a guardare cosa è successo a tutti gli altri …” (tieni duro, c’è solo da ridere – Charles Bukowski)
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