Spesso, la sera, si ode un breve scampanellio provenire dalla strada, lei distoglie l’attenzione da quel che sta facendo e mi chiede: « เอา โรตี ไม่ ».
Che suona così: «Au lotì mai» e si può tradurre con un famigliare: «Lo vuoi un lotì?».
Se la mia risposta è affermativa si precipita in strada per fermare il venditore che sta passando.
Il lotì non è altro che un sottile impasto di un giusto amalgama di farina, acqua e/o latte, fritto su piastra con burro indiano, con l’aggiunta di uova sbattute (per i cultori della cucina: una crêpe/s o crespella).
Di solito poi viene condito con latte condensato e zucchero, le versioni più elaborate sono farcite con frutta o marmellata (1).
Nell’alfabeto thailandese la consonante R esiste, nonostante quel che alcuni viaggiatori superficiali affermano. La erre è un suono palatale la cui corretta articolazione richiede la vibrazione della punta della lingua vicino agli incisivi superiori. Ogni altro tipo di articolazione genera suoni che sono un compromesso con la elle sino ad arrivare ad una elisione.
Tutto questo per dire che sino ad ora ho trascritto โรตี con lotì (ovvero come generalmente si percepisce ad orecchio) ma la trascrizione e pronuncia corretta sarebbe rotì.
Ma questo l’ho scoperto, con mia grande sorpresa, solo dopo essermi mangiato parecchi lotì ed aver imparato a leggere un poco di thailandese.
Come ha scritto un amico: «La r non la mette quasi nessuno, tranne quando vogliono parlare thailandese in modo corretto. In tv direbbero rotì»
1) il roti, di origine indiana, trova un utilizzo simile al pane. Il rotì venduto per le strade thailandesi è una variante malese/indonesiana (non per nulla la maggioranza dei venditori, se non tutti, sono thailandesi di etnia malay e religione musulmana) ed il suo nome completo sarebbe rotì chanai —โรตีจาไน .
P.S. Un grazie a Claudio Santini, ottimo conoscitore di lingua thailandese, che con il suo commento, che ho modificato solo nel termine finale, mi ha dato lo spunto per questo post.
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