Nuovo appuntamento con Italiani in Asia, la sezione di Asiablog.it dedicata a interviste e opinioni di giovani italiani in Oriente.
In questo spazio abbiamo ospitato una chiacchierata tra Alessio e Fausto e poi uno scambio di idee tra Alessio e Barbara sui concetti di viaggio e multicultura. Abbiamo poi presentato Marco Ferrarese, rocker, scrittore e perenne viaggiatore residente in Malesia; Alessandra Colarizi, giovane sinologa romana a Pechino; Furio, simpatico ragazzo sardo che vive in Cina dal 2010; Mauro Proni, lodigiano che ha abbandonato una carriera nel settore legale per trasferirisi in Laos; e Tatiana Camerota, umbra innamorata della Cina.
Oggi è la volta di un’altra ragazza, Mariantonietta Fornabaio, che è volata in Cina per imparare il cinese.
Come sempre, ci auguriamo che questa sezione possa aiutare a chiarire dubbi, confermare opinioni e aiutare chi dall’Italia sta pensando di trasferirsi in Oriente per affari, lavoro, viaggi, studio, amori, o quant’altro… buona lettura!
Ciao Mariantonietta, presentati per favore.
Ciao Alessio e ciao lettori di Asia Blog! Il mio nome è Mariantonietta, ho 26 anni e sono nata in un piccolo paese della provincia di Matera, Stigliano. Mi trovo a Pechino da circa un anno e mezzo e, dopo tre semestri di studio alla Beijing Language and Culture University, ho iniziato da poco un tirocinio in Web Marketing presso la LTL (Live the Language Mandarin School) per la quale curo la versione italiana del sito www.ltl-cinese.it ed il relativo blog.
Mi descrivo un po’: adoro le mille sfaccettature della cultura cinese, le canzoni di De Andrè, il vino rosso, i film di Tarantino, le linguine allo scoglio, la fotografia, il rock dei Led Zeppelin ed i viaggi nei grandi centri culturali. Detesto la chiusura mentale della gente che critica ciò che non conosce, la complessità della burocrazia (italiana e cinese), il chòu dòufu (tofu puzzolente), la maleducazione, le bollette e la gente logorroica.
Da dove viene la tua passione per la Cina?
Mi piacerebbe risponderti di essere stata una grande appassionata della Cina fin da piccola, ma devo confessare, con non un po’ di vergogna, che tutto è iniziato nel 2008 grazie alla TV. Mi trovavo a casa con mia madre a parlare delle lingue che avrei potuto scegliere di studiare all’università, quando, ad un certo punto, ho visto scorrere sullo schermo meravigliose immagini celebranti la cultura e la civiltà cinese. In quello stesso istante, tutto è apparso chiaro: avrei studiato il mandarino. Posso affermare che l’enorme rotolo della Cerimonia d’apertura dei Giochi olimpici di “Beijing 2008” mi ha letteralmente cambiato la vita.
Dopo la laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere Moderne a Bologna, ho deciso di partire per Pechino e, da quel momento in poi, non sono più stata in grado di separarmene realmente.
Il popolo cinese, le sue tradizioni e la sua cultura mi hanno completamente rapita, ed il mio viaggio, in principio concepito come di studio della lingua, è presto diventato un percorso alla scoperta graduale di un mondo ricco, affascinante e complesso.
Con quali aspirazioni e con quali desideri sei partita? Quanti di quei desideri si sono realizzati?
Ricordo che poco prima di partire avevo pubblicato sul web una mia riflessione che citava: «Mio padre latineggia in cucina ed io “cineseggio” in camera. Mi chiedo chi dei due abbia più probabilità di riuscire a sostenere una conversazione con un madrelingua».
Al momento della partenza, infatti, sebbene sapessi come scrivere e leggere i caratteri cinesi utili a garantirmi la sopravvivenza in Cina, non ero assolutamente in grado di sostenere una reale conversazione in lingua. Nel corso di questi mesi però ho studiato e imparato molto, e, sebbene abbia ancora tanto da studiare, mi rendo conto da sola degli enormi progressi fatti. Il secondo desiderio, strettamente legato al primo, era quello di riuscire a cavarmela, senza altri studenti di mandarino a seguito, anche al di fuori dei confini pechinesi. Lo scorso luglio posso dire di essere riuscita a renderlo vero grazie al viaggio Pechino-Shanghai-Hangzhou-Xi’An. In quest’occasione, infatti, ho fatto da guida e interprete a mio cugino Andrea, appena arrivato dall’Italia per turismo e, ovviamente, non in grado di parlare il cinese.
Secondo Marco la Cina è materialista, nazionalista e razzista. Secondo Alessandra è mastodontica, polverosa e in continuo mutamento. Secondo Tatiana è contraddittoria, frenetica e infinita. Tu ce la faresti a riassumere la Cina di oggi in 3 aggettivi?
Intensa, caotica e imponente.
Intensa nei colori, negli odori e nei sapori: spesso troppo forti e troppo contrastanti con i canoni di noi occidentali, cultori dell’equilibrio tra le parti. Mi piace pensare che qui sia tutto in bilico tra un leggero inebriamento ed un totale stordimento.
Caotica, perché caotico è il popolo che la abita. Basta fare un giro in metro per rendersene conto: un momento prima trovi la gente che aspetta pazientemente all’esterno delle linee gialle che delimitano gli spazi per l’uscita dei passeggeri, ed un attimo dopo vedi le stesse persone assaltare le entrate impedendo ai passeggeri di scendere dai vagoni.
Imponente: nelle dimensioni, nella densità della popolazione, nelle infrastrutture e, ahimé, anche nel modo far sentire la presenza o, meglio, il controllo del Governo sulle masse. E’ sufficiente andare a Tiananmen per realizzarlo. I massicci edifici fanno da cornice ad un luogo che, sebbene sia una tappa obbligata per il turista in Cina, a me ha messo sempre tanta tristezza. Le guardie che marciano con aria impassibile, i poliziotti che fermano cinesi a caso e chiedono loro di esibire i documenti, gli occasionali controlli delle borse per passare da un lato all’altro della piazza, a mio avviso, ognuna di queste attività ha la sola finalità di far sentire “la massa” sotto pressione.
Mi diresti un mito da sfatare sulla Cina?
Un mito da sfatare? L’idea che gli italiani hanno dei cinesi è che siano un popolo molto chiuso. In Italia, infatti, sebbene ce ne siano tanti, nella maggior parte dei casi, gli emigrati del “Paese di Mezzo” tendono a solidarizzare molto tra loro e a non mostrare alcun interesse verso la popolazione ospitante. Qui è completamente diverso. Sono tanti gli adulti, i bambini, gli anziani ed i ragazzi che mi fermano per strada incuriositi dal mio essere “straniera” o che si offrono di darmi una mano, quando mi vedono in difficoltà, senza che io nemmeno chieda aiuto.
Certo, per quanto che riguarda i ragazzi, ci sarebbe da fare un discorso a parte: c’è da considerare il fatto di essere una “straniera occidentale”, definizione che, come mi ha timidamente svelato la mia amica cinese Dai Dan Qi, per la maggior parte dei ragazzi cinesi, è sinonimo di “molto disponibile”. Ciò spinge i ragazzi a mettere da parte la loro proverbiale timidezza e paura di “perdere la faccia” e a diventare più spudorati di quanto lo siano con le ragazze cinesi.
I cinesi come vedono gli italiani?
Come gli esportatori di Pizza, Pasta, Moda e … Marcello Lippi! Siamo molto stimati per questi prodotti. Scherzi a parte, mi sento di poter affermare che i cinesi hanno un’ammirazione particolare nei nostri confronti, derivante principalmente dalle bellezze storiche e paesaggistiche del nostro paese. Personalmente mi piacerebbe che la mia generazione trovasse il modo di ricevere dei complimenti dagli estimatori stranieri, non solo per le meraviglie realizzate in passato, ma anche per qualcosa che sia creato nella nostra contemporaneità.
Una risposta alternativa, e certamente più superficiale, a questa domanda potrebbe essere: Belli! Per i cinesi, l’italiano medio è un adone. Ci trovano meravigliosi soprattutto grazie ai nostri “occhi grandi”. Ma anche il naso, ovviamente, vuole la sua parte! Dichiarano di adorare il naso “alto”, ma, contrariamente a quanto potremmo pensare, ciò che rende il naso “alto”, non è la punta, ma setto. Non di rado ho sentito fare dei commenti estasiati anche a nasi non proprio graziosi. Ovviamente, la nostra “presunta avvenenza” si completa poi con lo stile. Per loro il “Made in Italy” è un’icona.
Hai nostalgia dell’Italia? Cosa ti manca?
In tre parole: le mozzarelle, la mamma e l’aperitivo! In realtà, se si esclude la prima settimana, in cui si ordinava a caso e si tornava a casa digiuni, non ci ho messo molto ad abituarmi al cibo cinese: adoro i chuànr (spiedini di carne), il kung pao ji ding (dadini di pollo con zenzero, peperoni e arachidi), ma, più di tutto, i gaimian (noodles, vermicelli) di Guilin. Certo è che, di tanto in tanto, un morso ad un panino al prosciutto e mozzarella, lo darei proprio. La mamma: per quanto vivessi già lontano da casa prima, la mamma, o meglio, la famiglia, manca. Forse è anche una questione psicologica, è come se anche la mente avvertisse che la distanza fisica tra me ed essa sia aumentata. L’aperitivo: Prosecco e spritz a parte, mi manca il rituale dell’aperitivo con rustici, noccioline e chiacchiere al bar con gli amici.
Capisco, ma sotto quali aspetti pensi che vivere in Cina sia meglio che stare in Italia? E sotto quali aspetti è peggio?
Credo sia meglio vivere in Cina perché la gente, in generale, sorride di più, anche quando la stanchezza traspare dai volti; perché il rapporto con le religioni non prevede un dentro o fuori, ma piuttosto una libera condivisione di concetti perlopiù filosofici; infine perché sarebbe un peccato perdersi lo spettacolo degli anziani cinesi che all’alba danzano e praticano arti marziali nei parchi. Credo sia meglio vivere in Italia perché essa gode di un sistema democratico, sebbene un po’ provato; perché l’aria è più pulita (io la mascherina proprio non la sopporto); perché sicuramente le nostre norme di sicurezza sul lavoro e quelle igienico-sanitarie, nonostante presentino dei problemi, sono da considerare comunque ad un livello di sviluppo superiore rispetto a quelle cinesi. E poi… Cos’altro? Del prosciutto ho già parlato, no?!
Grazie per averci raccontato la tua esperienza in Cina e per aver condiviso le tue impressioni su questo paese. Chiudiamo guardando al futuro. Tu dove sarai tra 10 anni?
Tra dieci anni? Da buona “figlia della crisi” non ne ho la piu’ pallida idea! Incertezze sul futuro a parte, lavorare in qualche grande compagnia o organizzazione internazionale mi renderebbe molto felice. L’ideale per me sarebbe poterlo far in una Cina meno inquinata e piu’ democratica oppure in un’Italia piu’ meritocratica e meno xenofoba.
Grazie mille, Mariantonietta. E’ stato un piacere conoscere la tua esperienza!
Grazie a te, Alessio. A presto!