E’ ribellione nella periferia dell’impero cinese. 100mila cittadini in piazza. Sfidano Pechino. Chiedono democrazia. Polizia usa gas lacrimogeni, spray al pepe e manganelli
(Asiablog.it) – Il 31 agosto scorso, in vista delle elezioni in programma ad Hong Kong per il 2017, il governo cinese ha imposto un provvedimento che mira a limitare chi può presentarsi come candidato attraverso un sistema di filtri che consentirà solo ai candidati “patriottici”, vale a dire filo-Pechino ed anti-democratici, di concorrere. La decisione del regime di Pechino e’ stata interpretata da molti dei 7 milioni di cittadini di Hong Kong come un palese ed autoritario tentativo di falsare le elezioni per impedire un genuino processo democratico nella città che fu colonia britannica fino al 1997. Dopo settimane di discussioni, la rabbia e’ esplosa lo scorso fine settimana, quando gli studenti, presto raggiunti da tanti altri cittadini, hanno inondato le strade dando vita a una delle piu’ grandi proteste di massa della storia locale.
OCCUPARE CON PACE E AMORE – La maggioranza dei manifestanti si riconoscono nel movimento Occupy Central With Love and Peace, o semplicemente Occupy Central, nato con lo scopo di democratizzare Hong Kong attraverso una lotta nonviolenta caratterizzata da manifestazioni pacifiche ed azioni di disobbedienza civile, come ad esempio l’occupazione del quartiere centrale di Hong Kong, che rappresenta il cuore politico ed affaristico dell’ex colonia britannica. I principali organizzatori di Occupy Central sono Benny Tai, un professore di diritto, Chan Kin-man, professore di sociologia, e Chu Yiu-ming, pastore battista. In precedenza, Occupy Central aveva annunciato che una campagna non violenta di disobbedienza di massa avrebbe avuto inizio il primo ottobre in risposta alla decisione di Pechino di impedire libere elezioni nel 2017. Ma gli studenti non hanno aspettato, ed il 22 settembre hanno fatto partire una loro protesta a favore della democrazia prima nelle universita’ e poi, durante il weekend, fuori della sede del governo di Hong Kong. A quel punto gli attivisti di Occupy Central hanno deciso di anticipare la mobilitazione ed unirsi alle manifestazioni studentesche. La polizia e’ intervenuta con gas lacrimogeni, spray al pepe e manganelli per cercare di disperdere i manifestanti. Nulla da fare: le piazza rimangono occupate, la protesta e’ ad oltranza. “Occupy Central e’ diventata Occupy Hong Kong”, ha detto un manifestante.
LA CINA DENUNCIA LA PROTESTA – Nella Cina continentale le manifestazioni sono state prontamente denunciate dai media di regime. La stampa cinese, facendo ricorso ai classici discorsi di “sicurezza nazionale”, ha denunciato “forze esterne” che starebbero tentando di influenzare gli affari interni di Hong Kong per incoraggiare “i sentimenti separatisti”. Il China Daily descrive le proteste come “illegali” e “non autorizzate”. Un articolo del Global Times dà risalto alla denuncia delle proteste da parte del governo di Hong Kong insieme al comportamento “misurato” delle forze dell’ordine, mentre un editoriale della stessa testate critica il movimento che “rovina l’immagine di Hong Kong”. Gli attivisti rifutano queste rappresentazioni e continuano a chiedere riforme politiche ed elezioni democratiche che soddisfino gli standard internazionali. “Abbiamo una superiorità morale che ci viene proprio dalla non violenza,” sostengono i manifestanti.
HONG KONG CHIEDE DEMOCRAZIA – Manifestazioni e proteste pubbliche svolgono un ruolo importante nel particolare contesto socio-politico di Hong Kong. Gli abitanti del posto, a differenza dei cinesi della Cina continentale, hanno libertà di parola ed hanno diritto di protestare. Nonostante ciò, essi non possono ancora eleggere direttamente il loro governo. Al momento il governatore è eletto da una commissione di 1200 persone, metà delle quali sono di fatto nominate dalle corporation (attraverso un sistema di comitati sul territorio). Molti dei cittadini scesi in piazza vogliono semplicemente ottenere pieni diritti civili, compreso quello di eleggere il governo, e credono che manifestazioni nonviolente e disobbedienza civile siano l’unico modo per conquistare questi diritti. D’altronde, alcune delle precedenti manifestazioni tenutesi ad Hong Kong sono riuscite a raggiungere i loro obiettivi. Una controversa legge di sicurezza nazionale proposta nel 2012, conosciuta come articolo 23, che intendeva istituire delle classi di “educazione patriottica” nelle scuole dell’ex colonia britannica, è stata accolta da manifestazioni di vasta portata che hanno spinto il governo a fare marcia indietro riguardo quello che i locali consideravano un meschino tentativo di introdurre propaganda di regime cinese nei curriculum scolastici di Hong Kong.
PECHINO TEME LA DEMOCRAZIA – Le manifestazioni di oggi sono ancora più grandi e più sentite di quelle viste negli anni passati. Anche le richieste dei manifestanti sono maggiori, e riguardano un tema particolarmente spinoso per il regime cinese: la democrazia. Esigere piena democrazia significa voler cambiare radicalmente il modo in cui Hong Kong è governata, cosa che Pechino non puo’ non considerare come una sfida diretta alla propria autorità, nonche’ un pericoloso precedente che rischia di essere seguito da altre citta’ e regioni della “Repubblica Popolare”, un impero che di fatto continua ad essere retto da un anacronistico Politburo di sette persone.
PERICOLO VIOLENZE – Per ora le autorita’ hanno risposto alle proteste utilizzando principalmente gas lacrimogeni allo scopo di disperdere la folla dei manifestanti, che appare in maggioranza pacifica e ben organizzata, nonostante alcuni manifestanti abbiano tentato di prendere d’assalto gli edifici governativi. Ma la situazione potrebbe cambiare velocemente, anche considerando il fatto che nel corso degli ultimi anni ad Hong Kong, insieme alla crescente polarizzazione politica, le proteste sono diventate più conflittuali e si sono registrati scontri tra manifestanti pro-democrazia e gruppi anti-democrazia (cioe’ pro-Pechino).
Mentre gli organizzatori insistono che Occupy Central è un movimento democratico, non-violento, di disobbedienza civile, alcuni analisti temono la situazione possa sfuggire di mano. In particolare, si teme che le autorita’ possano decidere di utilizzare agenti provocatori per creare quei disordini che fornirebbero la scusa per lanciare una repressione anche violenta.