A Prayuth il 100% dei voti: ora guida esercito, giunta e governo
BANGKOK (Asiablog) – Il generale Prayuth Chan-ocha, dittatore della Thailandia grazie al colpo di stato del maggio 2014, è stato nominato oggi “Primo Ministro”. La nomina, volta a dare alla dittatura una parvenza di legalità, è arrivata con un voto dell’Assemblea Legislativa Nazionale, il parlamento che a sua volta era stato nominato dal regime stesso. I membri del parlamento hanno votato Prayuth all’unanimità, 191 voti favorevoli contro zero voti contrari. Ma la nomina del dittatore a “primo ministro” è stata una mera formalità: era l’unico candidato, il voto non è stato preceduto da alcun dibattito, e la maggioranza semplice era sufficiente.
Il parlamento è composto da 200 fedelissimi del regime, selezionati con cura da parte del dittatore e della giunta militare. Più della metà dei nominati sono militari attivi o in pensione, una percentuale doppia rispetto alla Birmania, dove gli uomini in divisa (attivi ed ex) sono circa un terzo. Il resto del parlamento thailandese e’ composto da ufficiali della polizia, burocrati, ex senatori, ed altri membri dell’establishment.
Con la nomina di oggi Prayuth ricopre contemporaneamente i ruoli di capo dell’Esercito Reale della Thailandia, capo della giunta golpista (denominata National Council for Peace and Order, o NCPO) e capo del governo. Prayuth fa parte della fazione dell esercito denominata Burapha Phayak (Tigri Orientali), che ha tra i suoi membri anche i “generali anziani” Prawit Wongsuwan e Anupong Paochinda, due dei principali sponsor del movimento falangista delle Camicie Gialle che ha favorito i colpi di stato militari del 2006 e 2014.
Il dittatore dovrà ora nominare un Governo, entro la fine del mese o ai primi di settembre, e formare un comitato per redigere una nuova Costituzione: la 19esima in 82 anni.
Il generale ha promesso nuove elezioni immediatamente dopo aver varato una serie di riforme. Le riforme mireranno a ridurre ulteriormente il ruolo ed i poteri dei partiti politici e della società civile, preservando l’apparenza delle istituzioni “democratiche” – elezioni, parlamento, governo, ecc. – ed al contempo rendendole incapaci di intaccare il potere delle istituzioni extrademocratiche, in primis l’esercito ed i circoli aristocratici, che costituiscono lo ‘Stato nello Stato’ del paese asiatico.
Esaurito questo ennesimo ciclo di (contro)riforme, i cittadini dovrebbero di nuovo essere chiamati alle urne verso la fine del 2015. Ad ogni modo molti analisti restano scettici, facendo notare che il regime potrebbe ritardare la data delle elezioni al 2016 o addirittura al 2017 per ragioni di “sicurezza nazionale”.
Con la costituzione provvisoria redatta il mese scorso, la giunta militare si è anche ragalata immunità e impunità per l’illegale colpo di stato di maggio ed ogni misura successiva. La giunta si è anche riservata il potere di supervisione sul parlamento ed il comitato costituzionale.
Mentre continua la repressione ed iniziano a trapelare le prime denunce di torture e maltrattamenti contro gli attivisti democratici, il regime ha ribadito che la legge marziale e’ ancora “necessaria” e che non sarà tollerata nessuna opposizione.
Un altro possibile grattacapo per i golpisti, ha spiegato Wassana Nanuam sul Bangkok Post, e’ il timore di un contro-colpo di stato da parte delle fazioni dell’esercito nemiche delle “Tigri Orientali” di Prayuth.