La donna fugge all’estero e denuncia i militari. Il regime nega le accuse. Human Rights Watch chiede apertura inchiesta
BANGKOK (Asiablog) – In seguito al colpo di stato militare del maggio 2014 e alla successiva ondata di repressione, l’attivista democratica Kritsuda Khunasen, 27 anni, è stata arrestata senza alcuna accusa e detenuta illegalmente e segretamente in un campo militare dal 27 maggio al 24 giugno.
Kritsuda in una video intervista rilasciata il 2 agosto ha dichiarato di essere stata torturata e minacciata di morte durante gli interrogatori avvenuti nel periodo di detenzione. La donna sarebbe stata picchiata e soffocata con un sacchetto di plastica in testa fino a farle perdere conoscenza.
CATTURA E DETENZIONE – Kritsuda venne catturata la sera del 27 maggio durante un raid delle forze dell’ordine contro gli attivisti anti-colpo di stato del Fronte Unito per la Democrazia contro la Dittatura (UDD), meglio noti come Camicie Rosse, nel distretto di Muang, provincia di Chonburi, non lontano dalla capitale Bangkok. Kritsuda è stata bendata e trasportata in una base militare non identificata dove è rimasta prigioniera per circa 27 giorni, un periodo ben maggiore dei 7 giorni di detenzione permessi dalla legge marziale imposta dai golpisti. Si è trattato dunque di una detenzione illegale persino nel contesto della presente dittatura militare.
Per settimane il regime ha continuato a smentire che Kritsuda si trovasse sotto custodia militare, con la famiglia della detenuta tenuta all’oscuro riguardo al luogo o al motivo della detenzione. Questo fino a quando, dopo quasi quattro settimane, le sempre più intense voci di una sua possibile morte o “scomparsa” hanno convinto i militari ad ammettere di aver catturato la donna.
“COME MORTA” – Nell’intervista Kritsuda ha descritto in dettaglio la sua esperienza. La donna sarebbe stata tenuta bendata e con le mani legate per l’intero periodo di detenzione. Alle sue richieste di ricevere un trattamento più umano, i militari avrebbero risposto con minacce di morte: “se vedi le nostre facce non esci viva di qui,” le avrebbe detto un soldato.
Kritsuda ha anche dichiarato di essere stata schiaffeggiata, presa a pugni, e soffocata durante i lunghi interrogatori:
“Quando non riuscivo a dare loro le informazioni che volevano, mi schiaffeggiavano e prendevano a pugni. Ma la cosa più brutale che mi hanno fatto è stata mettermi una busta di plastica in testa e avvolgermi un pezzo di stoffa intorno al collo per soffocarmi. Quando mi sentivo come morta mi lasciavano respirare di nuovo. Mi hanno fatto questo molte volte fino a quando sono svenuta.”
Kritsuda ha raccontato che quando andava in bagno c’era una soldatessa a toglierle i pantaloni, visto che le sue mani sono rimaste legate durante tutto il periodo di detenzione. La donna ha anche raccontanto un episodio degradante avvenuto sotto la doccia:
“Mi è stato permesso di fare la doccia un paio di volte. Mentre una donna soldato mi spogliava nuda e mi faceva la doccia, ho sentito voci maschili vicino a me. Mi sono sentita molestata sessualmente. Ho detto a quei soldati che potevo prendermi cura di me. Ma hanno risposto che non avevano ricevuto l’ordine di sciogliermi.”
FELICITA’ INESPRIMIBILE – Dopo sette giorni, il limite massimo di detenzione senza accuse sotto la legge marziale, le autorità le avrebbero ordinato di scrivere una lettera dal sapore orwelliano nella quale lei stessa, la prigioniera, si offriva volontariamente di rimanere in custodia militare per via dell’ottimo trattamento ricevuto.
Infine, il 23 giugno diversi alti ufficiali militari si sarebbero recati nel luogo di detenzione per incontrarla. Il Generale Sansern Kaewkamnerd, uno dei portavoce della giunta militare denominata Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine (NCPO), le avrebbe comunicato che per lei c’era in programma un’intervistata su Channel 5, un canale televisivo nazionale di proprietà dell’esercito, ma che avrebbe dovuto “utilizzare le parole giuste per dare un’immagine positiva dei militari”.
Nel filmato, trasmesso la sera stessa, la detenuta afferma di essersi offerta volontariamente di rimanere in custodia militare e di essere “più felice di quanto si possa esprimere a parole.” Nella sua dichiarazione del 3 agosto in risposta alle successive accuse di Kritsuda, il Colonnello Winthai Suvaree, principale portavoce del NCPO, ha affermato che in quell’intervista Kritsuda non stava mentendo per paura ma “era genuinamente felice” di essere detenuta.
Kritsuda è stata liberata senza accuse il 24 giugno, quando il suo caso aveva raggiunto un notevole clamore nazionale ed internazionale. Da allora la donna ha fatto sapere di aver vissuto la detenzione come un’esperienza terrorizzante, ma di non poterne parlare prima di lasciare la Thailandia. Una volta fuggita dal suo Paese e raggiunta l’Europa, dove ha immediamente chiesto asilo politico, è arrivata l’intervista rivelatrice.
HRW: THAILANDIA APRA UN’INCHIESTA – “Le autorità thailandesi devono aprire immediatamente un’inchiesta imparziale sul presunto caso di tortura di un’attivista dell’opposizione [mentre si trovava] in custodia militare,” ha detto la Ong Human Rights Watch (HRW) in un comunicato del 5 agosto.
Il presunto caso di tortura fa temere che “la protezione dei diritti non sia all’ordine del giorno per la giunta militare”, ha dichiarato Brad Adams, direttore HRW per l’Asia. La giunta dovrebbe indagare prontamente riguardo le gravi accuse di Kritsuda e perseguire i responsabili, ha aggiunto Adams.
IL REGIME: “ACCUSE INFONDATE” – La risposta della giunta militare alle accuse di Kritsuda è stata sprezzante, sollevando preoccupazioni più ampie riguardo al trattamento di tutti i prigionieri politici thailandesi. Il 3 agosto il Colonnello Winthai ha detto che non c’è bisogno di alcuna inchiesta perchè “Kritsuda non ha subito alcun maltrattamento durante la detenzione militare” e che le sue accuse sono “infondate, senza alcun elemento di prova a sostegno.” Il vice capo della polizia nazionale, Somyot Phumpanmuang, ha aggiunto che la polizia indagherà per accertare se la video intervista di Kritsuda abbia violato le leggi imposte dai golpisti.
IL DITTATORE: “NESSUNA GRAVE VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI” – Il NCPO ha sostenuto che la detenzione in isolamento è necessaria per consentire ai detenuti di “rinfrescarsi le idee ed aggiustare il loro atteggiamento” senza essere disturbati da estranei. Su un quotidiano di regime, un giornalista thailandese ha sminuito la cattura e detenzione di cittadini innocenti da parte dei militari paragonando la prigionia ad un “bel periodo di ritiro spirituale e meditazione – tutto gratuito.”
Il generale Prayuth Chan-ocha, capo apparente dei generali golpisti ed attuale leader della giunta militare, ha assicurato ripetutamente che i cittadini in custodia militare sarebbero al sicuro. Il 25 luglio in un discorso televisivo il dittatore ha detto:
“Il NCPO chiede alla comunità internazionale di capire che non abbiamo mai commesso gravi violazioni dei diritti umani. Non abbiamo alcuna politica volta ad aggredire, uccidere, torturare, stuprare o fare del male a nessuno.”
REPRESSIONE – Dal colpo di stato del 22 maggio, il NCPO ha arrestato e detenuto più di 300 persone: politici, attivisti, giornalisti, professori universitari, intellettuali, sindacalisti ed altre persone accusate di sostenere il precedente governo, di mancare di rispetto nei confronti della monarchia, di “incitare divisioni” o essere coinvolte in proteste ed altre attività contrarie al colpo di stato ed al regime da esso creato. Circa 80 persone, invitate dalle autorità a presentarsi per ‘colloqui’ o interrogatori, hanno preferito scappare all’estero o far perdere le proprie tracce.
“Sono ancora impregnati di una mentalità da Guerra Fredda,” ha riferito ad Asia blog un professore universitario convocato dai golpisti in una base militare per un colloquio volto, secondo gli uomini armati, ad ‘aggiustare il suo atteggiamento’. “Credono che le differenze di opinione siano un pericolo per la sopravvivenza della nazione. Credono esista una cospirazione volta a rovesciare la massima istituzione. Credono, a mio avviso sinceramente, che il conflitto sociale non abbia ragioni strutturali ma sia solo il risultato dell’azione di un piccolo gruppo di istigatori. In 40 anni il Paese e la società sono cambiati profondamente; la loro ideologia no.”
Come nel caso di Kritsuda, le autorità militari in genere costringono i detenuti a firmare un accordo dove essi si impegnano, una volta liberati, a non fare commenti politici in pubblico, a non partecipare ad attività politiche di alcun tipo e a non lasciare il Paese senza il permesso del NCPO. L’inosservanza è punibile con un nuovo ciclo di detenzione, una condanna fino a due anni di carcere e una multa in denaro.
AMENSTIA E IMPUNITA’ – Il presunto caso di tortura di Kritsuda Khunasen, che si va a sommare ad altre denunce di maltrattamenti nei confronti di cittadini innocenti da parte dei militari, evidenzia le preoccupazioni sollevate riguardo alla promulgazione da parte della giunta di una Costituzione provvisoria che include un’amnistia per i golpisti ed il loro regime, esentando il NCPO e chiunque agisca in suo nome da ogni responsabilità per ogni tipo di azione, compresi gli abusi e le violazioni dei diritti umani. Questo nonostante il diritto internazionale e i principi fondanti delle Nazioni Unite stabiliscano che i governi hanno il dovere di indagare sulle accuse di violazioni dei diritti umani ed eventualmente perseguire i responsabili.
“La presunta tortura di Kritsuda è un banco di prova per l’impegno della giunta thailandese di rispettare i diritti umani ed assicurare la giustizia per le vittime di abusi”, ha detto Adams di HRW Asia. “La giunta risponderà con una seria indagine oppure ci saranno ostruzionismi e insabbiamenti?”
In realtà la speranza di ottenere giustizia è minima. Dal rovesciamento della monarchia assoluta nel 1932 la Thailandia è stata retta non tanto da una “monarchia costituzionale” quanto da una “oligarchia extra-costituzionale” che ha impedito armi in pugno ogni serio processo di democratizzazione. Il Paese ha avuto almeno 12 colpi di stato, 17 Costituzioni, ed una decina di seri episodi di violenza di stato in 8 decenni. In seguito ad ognuno di questi eventi, i militari si sono regalati una legge di amnistia che, insieme al controllo della magistratura e dell’apparato burocratico, ha assicurato ed assicura la totale impunità ai responsabili – uomini in divisa, collaboratori e mandanti.