«Noi siamo il 99 %» è forse lo slogan più noto di Occupy Wall Street, il movimento di protesta nato a New York a metà del 2011. Lo slogan, la cui paternità viene attribuita a David Graeber, si riferisce alla disparità con cui la crisi economica degli ultimi anni ha colpito la maggioranza non solo degli americani ma di gran parte del globo. I grandi privilegiati sono pochissimi e si spartiscono più di un terzo della ricchezza complessiva, il senso dello slogan quindi è: noi siamo il 99 % e stiamo male a causa dell’1%.
Quell’indicazione percentuale mi frullava per la testa, dove avevo già letto della sua vera o presunta esistenza? Chi aveva già scritto di quell’uno per cento? E così, quando sono tornato davanti alla mia biblioteca, ho smeso di frugare nei cassetti della memoria ed ho frugato tra i miei vecchi libri.
“Non potete negare che il possesso della ricchezza forma attualmente l’essenza del potere negli Stati Uniti. In quale proporzione, però, questa ricchezza è divisa tra le tre classi? Ecco le cifre: la plutocrazia dispone di 67 miliardi. Sul numero totale delle persone che esercitano una professione negli Stati Uniti, soltanto lo 0,9% appartiene alla plutocrazia; eppure la plutocrazia possiede il 70% della ricchezza totale.”⁽¹⁾
Zero virgola nove, uno. Non ricordavo male, non ero riuscito subito a farlo emergere con precisione dai ricordi per il semplice motivo che era solo un piccolo frammento tra una moltitudine di “eventi” che, anticipati dal romanzo, sono poi accaduti nella realtà in modo talmente simile da lasciare stupiti. Ma proseguiamo a leggere quel che dice Ernest Everhard, il protagonista de Il tallone di ferro, scritto nel 1907, da Jack London. Everhard sta parlando ad un consesso di borghesi e piccoli industriali californiani a cui ha appena profetizzato che loro saranno le prossime vittime, se non del proletariato che lotta per un socialismo dal volto umano, di cui lui è rappresentante, saranno vittime della plutocrazia, dei grandi trust. Propone loro di unire le forze per combattere la plutocrazia, se il 99,1% si compatta, può sicuramente vincere. Detto per inciso: il potere della Standard Oil e del suo creatore, John Davison Rockefeller, citati da London, verrà ridimensionato, non certo smantellato, da una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti nel 1911.
“La borghesia dispone di 24 miliardi, il 29% di persone che esercitano una professione appartengono alla borghesia e godono del 25% della ricchezza totale. Resta il proletariato. Esso dispone di 4 miliardi. Di tutte le persone che svolgono un lavoro, il 70% appartiene al proletariato, che possiede solo il 4% della ricchezza totale. Da quale parte è il potere, signori?”
“Cara compagna,
provo una certa confusione a confessarvi che soltanto in questi ultimi giorni, cioè con un ritardo di trent’anni, ho letto per la prima volta Il Tallone di Ferro di Jack London. Questo libro ha prodotto in me, e non esagero, una vivida impressione. … Il libro mi ha colpito per l’arditezza e l’indipendenza delle sue previsioni nel campo della storia…”.
(Lettera di Lev Trotzkij a Joan London, 16 ottobre 1937)
Ho letto “Il tallone di ferro”, incolpevolmente, 65 anni dopo la sua pubblicazione ed all’epoca non lo considerai solo fantapolitica ma anche un passato storico-politico contro il quale ci si batteva ancora (non per nulla leggenda vuole che Ernesto “Che” Guevara dovesse il suo nome al protagonista del romanzo). A mia giustificazione posso solo dire che allora consideravo ancora vivo lo spirito di “lotta di classe”.
Nelle discussioni tra amici consideravo più fantapolitico 1984 di George Orwell (pubblicato nel 1949) che, a differenza di London, proponeva il dominio della “comunicazione controllata” con un Grande Fratello che vince. Sapevo che l’isolamento “cultural nazionalistico” favorisce le dittature (bastava guardarsi alle spalle per rendersene conto: l’Italia usciva dal ventennio fascista e le stigmate ancor si vedevano), credevo, e credo, che l’espandersi dei sistemi di comunicazione o, se vogliamo, il diluirsi dell’isolamento culturale, non potesse che aiutare la crescita della consapevolezza civile e quindi della capacità di reagire a coloro che intendono opprimerti. Preferivo London perchè non portava ad una sconfitta definitiva, i germogli della libertà e della consapevolezza non muoiono mai; serve solo più tempo di quello concesso ad una generazione, ad un singolo essere umano.
Probabilmente la sintesi “fantapolitica” dei miei sentimenti di allora derivava anche dal Ray Bradbury di Fahrenheit 451 (publicato nel 1951), vuoi mettere un protagonista, Montag, che di professione brucia libri col lanciafiamme ma inizia ad imparare a memoria i libri che deve distruggere come unico antidoto all’alienazione. Ma forse il mio era solo romanticismo giovanile che si aggrappava ciecamente alla speranza di una possibile salvezza dall’involuzione etica a cui tendeva la società e che portava alla lenta distruzione della sua umanità.
A quei tempi, un’amica mi regalò una copia della sua tesi di laurea – che nulla aveva a che vedere con l’argomento che avevamo discusso -, solo un supporto cartaceo su cui scrivere: “la tua dedica è sotto al vulcano: pag.185”.
Sfogliai il libro di Lowry e lessi: “A che servono zanne e artigli ad una tigre in agonia?”. Alla mia amica, oggi, posso solo dire:“Forse hai visto più avanti di me. Ma solo forse, l’ultima parola non è mai detta “.
Dopo aver riletto il libro di London, posso solo dire: leggetelo; perchè oggi, ancor più di ieri, “leggendo queste righe non si crede ai propri occhi … qualunque siano «gli errori» di dettaglio del romanzo – e ve ne sono – non possiamo non inchinarci dinnanzi all’intuizione potente dell’artista” (Lev Trotzkij).
⁽¹⁾ Questa divisione della società fatta da Everhard è conforme a quella di Lucien Sanial, una delle autorità del tempo in fatto di statistica. Secondo i suoi calcoli, basati sul censimento del 1900, negli Stati Uniti il numero degli appartenenti alle tre classi, secondo la professione, era il seguente: Plutocrazia: 250.251, Borghesia: 2.429.845, Proletariato: 20.393157 (nota a piè di pagina dello stesso London).
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