Alcune guide turistiche thailandesi raccontano che durante visite guidate in zone rurali capita che alcuni turisti stranieri abbandonino con circospezione il gruppo ed ancor più circospetti raccolgano a man bassa foglie di manioca nei campi limitrofi. Come dargli torto, hanno una somiglianza notevole con le foglie di marijuana.
มัน สำปะหลัง (man sampalang), comunemente chiamata มัน (man)
La Manihot esculenta, conosciuta come manioca, cassava e tapioca (che è anche il nome della fecola che si produce con la manioca), è una pianta della famiglia delle Euphorbiaceae originaria del Sudamerica e dell’Africa subsahariana. Molteplici le varietà oggi coltivate e classificate in “dolci” o “amare” a seconda del sapore della polpa della radice che determina anche il suo utilizzo. Tutte le varietà moderne di Manihot esculenta sono prodotte dalla selezione artificiale da parte dell’uomo, partendo da varietà naturali. La radice di manioca è la terza più importante fonte di carboidrati nell’alimentazione umana ed è una delle principali fonti di cibo per molte popolazioni. Le radici di manioca sono ricche di amido, calcio, fosforo e vitamina C ma contengono scarse quantità di proteine. Nella medicina tradizionale le radici amare sono usate per trattare la diarrea e la malaria.
La radice viene preparata e cucinata in moltissimi modi, le foglie sono utilizzate come analgesico e per ridurre l’ipertensione.
In alcune zone della Thailandia, particolarmente in aree povere d’acqua, i campi di manioca superano in estensione i campi di riso e spesso, questa pianta perenne, è la prima coltura che viene fatta in aree scarsamente irrigate e suoli poveri.
L’impianto avviene per talea. Gli agricoltori, dopo aver estirpato il tubero, defogliano il fusto della manioca che viene conservato in attesa dell’aratura, per essere poi tagliato a pezzetti (talee) ed utilizzato per l’impianto successivo.
L’impianto viene fatto all’inizio della stagione delle piogge mentre il raccolto può essere fatto in qualsiasi periodo dell’anno ed anche solo parzialmente. Per molti agricoltori, trascorsi i primi 10/12 mesi, è come un salvadanaio, una riserva pronta a soddisfare impreviste esigenze economiche. Se non ci sono esigenze il salvadanaio non viene aperto ed il tubero continua a svilupparsi.
Chiudo con un consiglio di lettura indirizzato ai turisti meno informati, per evitar loro figure barbine, esiste un libriccino essenziale oltre che tascabile: Storia della canapa indiana – Breve ma veridica di Daniele Piomelli, Ed. Nuovi Equilibri.
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